2018-10-31
La rivoluzione in Rai è rimandata, meglio l’usato sicuro e i riciclati
Accordo per i Tg, il Carroccio punta sui direttori di rete per non cedere troppo al M5s. I nomi circolavano da qualche giorno e rappresentano l'usato sicuro. Giuseppe Carboni per il Tg1, Gennaro Sangiuliano per il Tg2 e Giuseppina Paterniti per il Tg3 sono la sintesi di un lavoro dietro le quinte che ha visto prevalere l'anima grillina su quella leghista.Anche per oggi la rivoluzione è rimandata. È la forza del monoscopio Rai, è il peso del bronzo del cavallo morente di Francesco Messina, statici e immobili come macigni sulle spalle dei contribuenti italiani in età da canone. Ci si attendeva l'Apocalisse mediatica, invece non c'è nessuno scossone dentro le nomine dei direttori dei Tg proposte dall'amministratore delegato Fabrizio Salinii.I nomi circolavano da qualche giorno e rappresentano l'usato sicuro. Giuseppe Carboni per il Tg1, Gennaro Sangiuliano per il Tg2 e Giuseppina Paterniti per il Tg3 sono la sintesi di un lavoro dietro le quinte che ha visto prevalere l'anima grillina su quella leghista. Niente a che vedere con le feroci e silenziose lottizzazioni renziane, ma Carboni è il giornalista che negli ultimi anni ha seguito più spesso Luigi Di Maio e la Paterniti - ex corrispondente da Bruxelles - è stata fortemente voluta dal M5s. Al centrodestra rimane Sangiuliano (56 anni, napoletano), ufficiale di lungo corso della Rai, ex vicedirettore del Tg1, scrittore e saggista, visto bene non solo dalla Lega, ma anche da Forza Italia, che sul suo nome aveva posto le basi per votare Marcello Foa al secondo giro. Completano le nomine Alessandro Casarin, vicino alla Lega, al Tgr, vero valore sul territorio, e il renziano di ferro Luca Mazzà (già direttore del Tg3) per i giornali radio Rai. Nell'ideale foto ricordo, l'unico elemento di discontinuità con il menù della casa è proprio il «presidente marziano».I nomi proposti vengono sottoposti questa mattina al voto del Consiglio d'amministrazione ed è possibile che ottengano l'unanimità perché rappresentano tutte le anime della Rai, soprattutto quella gauchiste. La conservazione deriva dal fatto che i 5 stelle non avevano candidati di bandiera o solidi pretendenti, quindi si sono appoggiati su professionisti di vicinato, conoscitori del movimento, che partendo da posizioni progressiste hanno saputo ben comprendere il carattere e le armonie della sinistra grillina arcobaleno, da Roberto Fico ad Alessandro Di Battista. Carboni (57 anni, romano) da tempo è uno dei pochi reporter con le porte aperte dentro il movimento. La Paterniti (62 anni, di Capo d'Orlando) ha incontrato l'abbraccio a 5 stelle dopo una lunga consonanza, anzi «vicinanza culturale» (come la definisce il Corriere della Sera) con Rosi Bindi. È europeista convinta, conferma che nei fatti la terza rete rimane in carico all'opposizione. A Raisport prosegue l'interim di Bruno Gentili mentre a Rainews resta saldo in sella Antonio Di Bella.Chiusa la partita per i direttori dei Tg si aprirà quella per i direttori di rete, ruolo strategico per veicolare il consenso. Anche qui la Lega è sotto assedio e da Palazzo Chigi trapelano spifferi che danno Giancarlo Giorgetti impegnatissimo a conquistare almeno la roccaforte di Raiuno. «Anche con tutti i Tg a disposizione, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni hanno perso il 20% in due anni. Il consenso si fabbrica nelle altre trasmissioni dove si produce la vera informazione», spiega un colonnello leghista molto addentro a questioni televisive. Il candidato del Carroccio è Marcello Ciannamea, 53 anni, già direttore Marketing e direttore Palinsesti dell'azienda, molto apprezzato da Matteo Salvini. È l'unica sfida veramente aperta perché le altre due sono già state vinte dal progressismo poco radical e molto chic. Raidue sembra aspettare il guru Carlo Freccero, in quota 5 stelle, uomo con le antenne e con una marcia in più, mentre Rai 3 rimane nelle mani di Stefano Coletta, che 15 mesi fa sostituì Daria Bignardi con la benedizione del Pd.Oltre alle nomine ci sono le linee guida. Le ha ribadite Salvini a Non è l'Arena (La7): «Sono sicuro che il servizio pubblico, visto che è pagato dagli italiani, tornerà ad essere servizio pubblico obiettivo». Poi ha consolato Massimo Giletti: «Il servizio pubblico che ho in testa io non si sarebbe mai fatto sfuggire Giletti, me lo sarei tenuto stretto. Ne riparleremo tra qualche mese». Non è un mistero che il governo sia molto deluso da Fabio Fazio e dalla trasformazione di Che tempo che fa in un pittoresco ridotto renziano. Si accettano scommesse sulla pazienza dell'azionista, che i più danno al lumicino entro fine anno.
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)