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2018-07-12
«La rivolta dei migranti è un’esagerazione»
ansa
«La situazione è stata pesantemente ingigantita. Non ci sono state insurrezioni né pestaggi». A dirlo è Cristiano Vattuone, responsabile tecnico della Vroon Offshore services Srl di Genova, cioè la società proprietaria della nave Vos Thalassa. Fa capo a un grande gruppo olandese che si occupa di navigazione e gestisce, fra l'altro, le navi Vos Hestia e Vos Prudence. La prima è stata utilizzata dalla Ong Save The Children, la seconda da Medici senza frontiere. Ora la collaborazione con le associazioni umanitarie è finita, ma resta che la Vroon ha parecchia esperienza anche nelle operazioni Sar, cioè quelle di ricerca e soccorso dei migranti.
La Vos Thalassa - che presta servizio presso una piattaforma petrolifera della francese Total - nei giorni scorsi ha recuperato 67 migranti che si trovavano a bordo di un barchino non lontano dalle coste libiche. «Li abbiamo visti fisicamente», spiega Vattuone, che non si trovava a bordo ma seguiva direttamente le operazioni. «Abbiamo informato l'Imrcc di Roma (il centro di coordinamento dei salvataggi, ndr), il quale ci ha detto che avrebbe contatto la Guardia costiera libica».
Dopodiché è accaduto ciò che abbiamo raccontato ieri. I responsabili della Vroon hanno inviato diverse mail alle autorità italiane denunciando una grave situazione di rischio a bordo della nave.
Il contenuto di queste email, in effetti, suona abbastanza allarmante. Già domenica sera, i responsabili della nave scrivono che «i migranti a bordo hanno mostrato segni di rivolta!». E chiedono «che il caso sia trattato con estrema urgenza anche al fine di non compromettere l'equipaggio della nave nonché l'assetto».
Lunedì emerge un quadro più completo della situazione: «Alle 22.00», dicono dalla Vos Thalassa, «la nave è partita per il punto d'incontro con la motovedetta libica. Alle 23.00 circa qualcuno dei migranti in possesso di telefoni e Gps ha accertato che la nave dirigeva verso Sud. È iniziato così uno stato di agitazione. I migranti in gran numero dirigevano verso il marinaio di guardia chiedendo spiegazioni in modo molto agitato e chiedendo di poter parlare con qualche ufficiale o comandante».
La situazione appare abbastanza chiara: i migranti, all'idea di finire su una motovedetta libica che li avrebbe riportati al punto di partenza, si sarebbero infuriati. Così, la situazione a bordo sarebbe diventata esplosiva.
Nelle email inviate dalla Vos Thalassa si legge che il primo ufficiale della nave sarebbe corso in coperta, e i migranti lo avrebbero «accerchiato [...] chiedendo spiegazioni e manifestando un forte disappunto, spintonando lo stesso e minacciandolo. [...] Per tranquillizzare la situazione abbiamo dovuto affermare che verrà una motovedetta italiana». «Ad un possibile intervento libico ci sarebbe stata una reazione non certo pacifica», scrivono ancora dalla Vos Thalassa.
Più il tempo passa, più le email sono gravide di angoscia. «Vi informiamo che la situazione sta degenerando a bordo», comunicano lunedì dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento di Roma. «Le persone danno segni di agitazione, chiedendo insistentemente quando verranno recuperati. Da parte nostra richiediamo una tempestiva soluzione a questa situazione che potrebbe degenerare ancora». Poco dopo, un'altra mail: «Siamo seriamente preoccupati per l'incolumità del nostro equipaggio e della nostra nave battente bandiera italiana. [...] Pochi minuti fa è arrivata [...] una motovedetta libica incaricata di prendere i 67 migranti e riportarli probabilmente in Libia. È evidente che, non appena i migranti se ne renderanno conto, reagiranno in malo modo e faranno di tutto per evitare di essere trasbordati. [...] Non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la vita del nostro equipaggio, che ha il diritto sacrosanto di tornare a casa dalle proprie famiglie».
Insomma, considerati i toni di queste missive, era un po' difficile per le autorità italiane rifiutare un intervento. Tra l'altro, le mail facevano esplicitamente riferimento a una rivolta. «Sì, nelle mail che abbiamo mandato a Roma lo abbiamo scritto, assolutamente», conferma Vattuone. E ripete: «A me interessa che noi siamo tutelati».
A bordo «ci sono stati momenti di tensione, di confusione», spiega il responsabile tecnico. «Io sono sempre stato in contatto con il comandante, ovviamente la tensione saliva, anche perché siamo stati due giorni e mezzo in attesa». La tensione è cresciuta perché «i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici che poi non si sa che cosa ne facciano». Ma, specifica di nuovo Vattuone, non ci sono state «rivolte».
Ecco, questo è il punto poco chiaro. Vattuone, parlando con La Verità, ripete più volte che a bordo «non è stato picchiato nessuno, non ci sono stati pestaggi» e che «non c'è stata una rivolta». Sostiene che sui giornali siano finite informazioni parziali e che la situazione sia stata «pesantemente ingigantita». Solo che, a creare allarme, e a finire sui giornali, sono state soprattutto le mail inviate all'Imrcc di Roma proprio dalla Vos Thalassa e dalla Vroon, in cui si parla chiaramente di rivolte, minacce, spintoni e rischi per l'incolumità del personale.
Risulta evidente che la prima preoccupazione di chi gestiva la nave fosse quella di sollecitare un intervento italiano. Forse i libici tardavano troppo ad arrivare, forse il personale della Vos Thalassa temeva che, all'arrivo della motovedetta nordafricana, potesse davvero scoppiare un putiferio. In ogni caso, i migranti dovevano scendere dalla nave il prima possibile.
«Se vedo un gommone che affonda», dice Vattuone, «sono tenuto al soccorso. Ma pretendo poi che ci siano sviluppi immediati. Non possiamo stare una settimana con 60-70 persone a bordo in attesa di indicazioni. Non possiamo stare una settimana a cercare i porti che decidono loro. Abbiamo sollecitato Roma, certo», continua, «dobbiamo sollecitare perché vengano trovate soluzioni rapide». E la soluzione più rapida, a quanto pare, era la nave Diciotti della Guardia costiera. Nei prossimi giorni, forse, capiremo che cosa è successo davvero a bordo della Vos Thalassa. L'equipaggio è stato sentito dalla Guardia costiera, e vedremo che cosa emergerà.
Nel frattempo, però, resta la sensazione che al largo della Libia sia avvenuto l'ennesimo, brutto pasticcio.
Francesco Borgonovo
Mossa a tenaglia su tedeschi e Nato per sigillare davvero i confini a Sud
«È stato un incontro molto positivo, con la Germania abbiamo obiettivi comuni: meno sbarchi, meno morti, meno immigrati clandestini e più espulsioni». Sono le 19.30 di ieri, quando Matteo Salvini commenta con poche ma incisive parole l'incontro con il collega ministro dell'Interno tedesco, Horst Seehofer. Il bilaterale è il primo appuntamento in agenda della intensa quanto delicata due giorni di Salvini a Innsbruck, dove il vicepremier si trova da ieri per partecipare alla riunione informale dei ministri della Giustizia e degli Interni dell'Unione europea. «Abbiamo fatto tre passi avanti», aggiunge Salvini, «l'obiettivo sia dell'Italia che della Germania è avere meno clandestini. Abbiamo chiesto e ottenuto supporto per intervenire sulle frontiere esterne, supporto e soldi per l'Africa. Interverremo per suddividere i migranti che sbarcano in Italia».
Il tema più complesso da affrontare, come previsto, è stato quello dei «movimenti secondari» degli immigrati, ovvero gli spostamenti degli stessi tra i diversi Paesi europei. Il «falco» bavarese Seehofer vuole che gli immigrati arrivati in Germania dopo essere stati registrati nel Paese di «primo approdo», che nella stragrande maggioranza dei casi è l'Italia, vengano rispediti indietro. «Prima di ricollocare qualcuno in Italia», commenta Salvini al termine del bilaterale con Seehofer, «voglio dislocare qualcuno dall'Italia. A me interessa il saldo positivo: avere un immigrato in meno da mantenere. Siamo disponibili ad aumentare i controlli alle frontiere, ma occorre maggiore collaborazione tra gli Stati europei. Penso che sia iniziata una positiva collaborazione per entrambi i governi e per entrambi i popoli con l'obiettivo di avere maggior sicurezza e minore immigrazione in entrambi i Paesi».
«La Germania», sottolinea Salvini, «appoggia la nostra richiesta di ottenere dall'Europa maggiori fondi per gestire i confini esterni. Siamo i due Paesi più colpiti dal l'immigrazione. Ovviamente i soldi non li vogliamo per noi, ma per gestire i confini esterni e per l'Africa. L'obiettivo è stipulare accordi con i Paesi africani solo se accettano la riammissione dei loro cittadini emigrati illegalmente. Con Seehofer abbiamo affrontato anche il tema delle missioni navali europee», prosegue Salvini, «ora tutti quelli che arrivano in Italia, restano qui. Non sarà più così. L'Europa deve indicare la Libia come porto sicuro. La modifica di Dublino è lunga. Noi già la settimana prossima inizieremo a chiedere il cambio della missione europea Sophia che ha portato 45.000 immigrati in Italia. Se invece che arrivare 45.000 in Italia, fossero suddivisi tra tutti i paesi dell'Unione, avremmo numeri e problemi diversi. Abbiamo finalmente avuto un bilaterale italo-tedesco, invece del solito franco-tedesco. Sono d'accordo con la proposta della presidenza austriaca di realizzare dei centri per migranti fuori dall'Europa. Ho visto il collega tedesco, lo rivedrò con l'austriaco, e vedrò anche il mio omologo francese, che sono curioso di incontrare, e quello svizzero. E questo», conclude Salvini, «lo dedico a quelli che dicono che l'Italia è isolata». Seehofer, da parte sua, ha definito «positivo» il vertice con Salvini e ne ha annunciato un altro «a luglio».
Oggi infatti Salvini si ritroverà di nuovo insieme a Seehofer: alle 7.30 è in programma il trilaterale il ministro tedesco ed il ministro austriaco Herbert Kickl. Dalle 9 alle 12 è prevista la sessione di lavoro di tutti i ministri dell'Unione; al termine, Salvini ha in programma un bilaterale con la consigliera federale Svizzera, Simonetta Sommaruga; alle 13 di oggi l'ultimo appuntamento, l'incontro con il ministro dell'Interno francese Gérard Collomb.
Ieri mattina, il premier Giuseppe Conte e Salvini si sono incontrati per perfezionare la strategia che avrebbero portato avanti rispettivamente al vertice Nato di Bruxelles e a quello dei ministri di Innsbruck.
Il governo procede in perfetta armonia. La prova, se ne ve fosse bisogno, è quanto scritto ieri su Facebook dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che i media progressisti dipingono in dissenso con Conte e Salvini. «Al summit Nato di Bruxelles», ha scritto la Trenta, «insieme al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e al ministro (degli Esteri, ndr) Enzo Moavero Milanesi, l'Italia ha fatto sentire la sua voce. In particolare, abbiamo chiesto una Nato più versatile e flessibile, che oltre ad Est sappia guardare anche a Sud, dunque nel Mediterraneo, una regione complessa quanto strategicamente importante per il nostro Paese. Vogliamo», ha aggiunto la Trenta, «una Nato che dia maggiore sostegno anche all'Ue sulle principali sfide che ci troviamo di fronte: lotta al terrorismo e lotta al traffico di esseri umani». Un maggiore coinvolgimento dell'Alleanza atlantica nella lotta all'invasione di immigrati è necessario, indispensabile, tanto più che, come ieri ha ammonito anche il premier Giuseppe Conte, «anche dalla stessa immigrazione potrebbero venire rischi e pericoli di foreign fighters. In questo quadro destabilizzato sia sul fronte mediorientale che in alcune aree nordafricane», ha aggiunto Conte, «potrebbero arrivare queste minacce, questi pericoli, per cui siamo qui per ribadire queste posizioni e rafforzare questi nostri interessi. E, con i nostri interessi, quelli di tutti gli alleati». Contrastare l'invasione di immigrati, vuol dire contrastare il terrorismo islamico internazionale.
Carlo Tarallo
La polizia cerca prove sulla Diciotti
I 67 migranti trasbordati lunedì sulla nave Diciotti della Guardia costiera italiana sono in viaggio verso Trapani, dove con molta probabilità attraccheranno all'alba di oggi.
Nel frattempo, sull'imbarcazione solo saliti funzionari della Questura di Trapani, dello Sco della polizia e della Guardia costiera, con l'obiettivo di identificare i migranti e raccogliere i documenti sul presunto tentativo di dirottamento del rimorchiatore d'altura battente bandiera italiana Vos Thalassa, che fa servizio alla piattaforma petrolifera della francese Total, il cui equipaggio, dopo aver soccorso i migranti, li voleva consegnare alla Guardia costiera libica.
Alcuni di loro, forse un paio, quando hanno capito che rischiavano di tornare a Tripoli, hanno minacciato di morte gli uomini dell'equipaggio. La Procura competente sarà quella di Trapani, la stessa che si è occupata dell'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nei confronti della Ong tedesca Jugend Retten, che lo scorso anno ha sequestrato la nave Iuventa e che qualche giorno fa ha messo sotto indagine il capitano più 20 uomini dell'equipaggio. Ora tocca ai salvati dalla Vos Thalassa e poi finiti sulla Diciotti.
La soluzione, per il ministro Matteo Salvini, è questa: «Se c'è gente che ha minacciato e aggredito, non finirà in un albergo ma in galera». Manette. E poi espulsioni. «Io non darò autorizzazione a nessun tipo di sbarco, finché non ci sarà garanzia per la sicurezza degli italiani che delinquenti, non profughi, che hanno dirottato con la violenza una nave, finiscano in cella e poi vengano riportati il prima possibile nei propri Paesi», aveva intimato Salvini. Il ministro pentastellato Danilo Toninelli, però, ha deciso di far attraccare la nave a Trapani. E il pattugliatore della Guardia costiera ha preso a navigare a cinque miglia all'ora in direzione della Sicilia. Il tutto è accaduto mentre erano attese le decisioni del tavolo operativo con i vertici della Marina, della Guardia costiera e delle forze dell'ordine, presieduto da Salvini al Viminale, per stabilire una volta per tutte le modalità operative in caso di soccorsi in acque di zona Sar libica che, ripete da tempo il ministro, è di esclusiva competenza delle motovedette libiche.
«Salvini anche oggi fa un'invasione di campo per avere visibilità; questa volta a essere totalmente bypassata è la magistratura», ha sparato a zero Roberto Saviano, scrivendo un post su Facebook. «Salvini», secondo Saviano, «preso da delirio di onnipotenza e credendo di disporre personalmente di tutti i poteri dello Stato, dice che «il governo agisce con una sola voce e una sola testa», la sua». La risposta di Salvini è stata immediata: «Altri insulti, altra querela». È stata immediata anche la risposta della polizia di Stato che, appena ricevuta la segnalazione della Guardia costiera ha avviato le indagini. Il ministro Toninelli ha parlato di «minacce di morte» e di «condotte che hanno messo a repentaglio la vita» di 12 marinai del rimorchiatore italiano. A quel punto la Guardia costiera ha deciso di mandare la nave Diciotti oltre a un elicottero della Marina militare.
Al momento quella della polizia non è una attività investigativa delegata da una Procura, ma si tratta di accertamenti svolti d'iniziativa. Le notizie raccolte a bordo della nave, però, verranno riferite immediatamente all'autorità giudiziaria competente.
Fabio Amendolara
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Parla Cristiano Vattuone, responsabile tecnico della società che controlla la Vos Thalassa: «Situazione ingigantita, non c'è stato nessun ammutinamento». Le mail di allarme alle autorità italiane? «Volevamo che le persone fossero trasbordate al più presto». Matteo Salvini a Innsbruck trova un'intesa con Horst Seehofer: «Meno sbarchi, più espulsioni e più soldi ai Paesi africani che apriranno ai rimpatri». E Giuseppe Conte, a Bruxelles, chiede attenzione: «Tutelare le frontiere sul Mediterraneo». La polizia cerca prove sulla Diciotti. Agenti sulla nave che stamattina sbarcherà a Trapani i 67 salvati al largo della Libia. Tracce di comunicazioni e testimonianze raccolte saranno consegnate alla Procura . Lo speciale contiene tre articoli «La situazione è stata pesantemente ingigantita. Non ci sono state insurrezioni né pestaggi». A dirlo è Cristiano Vattuone, responsabile tecnico della Vroon Offshore services Srl di Genova, cioè la società proprietaria della nave Vos Thalassa. Fa capo a un grande gruppo olandese che si occupa di navigazione e gestisce, fra l'altro, le navi Vos Hestia e Vos Prudence. La prima è stata utilizzata dalla Ong Save The Children, la seconda da Medici senza frontiere. Ora la collaborazione con le associazioni umanitarie è finita, ma resta che la Vroon ha parecchia esperienza anche nelle operazioni Sar, cioè quelle di ricerca e soccorso dei migranti. La Vos Thalassa - che presta servizio presso una piattaforma petrolifera della francese Total - nei giorni scorsi ha recuperato 67 migranti che si trovavano a bordo di un barchino non lontano dalle coste libiche. «Li abbiamo visti fisicamente», spiega Vattuone, che non si trovava a bordo ma seguiva direttamente le operazioni. «Abbiamo informato l'Imrcc di Roma (il centro di coordinamento dei salvataggi, ndr), il quale ci ha detto che avrebbe contatto la Guardia costiera libica». Dopodiché è accaduto ciò che abbiamo raccontato ieri. I responsabili della Vroon hanno inviato diverse mail alle autorità italiane denunciando una grave situazione di rischio a bordo della nave. Il contenuto di queste email, in effetti, suona abbastanza allarmante. Già domenica sera, i responsabili della nave scrivono che «i migranti a bordo hanno mostrato segni di rivolta!». E chiedono «che il caso sia trattato con estrema urgenza anche al fine di non compromettere l'equipaggio della nave nonché l'assetto». Lunedì emerge un quadro più completo della situazione: «Alle 22.00», dicono dalla Vos Thalassa, «la nave è partita per il punto d'incontro con la motovedetta libica. Alle 23.00 circa qualcuno dei migranti in possesso di telefoni e Gps ha accertato che la nave dirigeva verso Sud. È iniziato così uno stato di agitazione. I migranti in gran numero dirigevano verso il marinaio di guardia chiedendo spiegazioni in modo molto agitato e chiedendo di poter parlare con qualche ufficiale o comandante». La situazione appare abbastanza chiara: i migranti, all'idea di finire su una motovedetta libica che li avrebbe riportati al punto di partenza, si sarebbero infuriati. Così, la situazione a bordo sarebbe diventata esplosiva. Nelle email inviate dalla Vos Thalassa si legge che il primo ufficiale della nave sarebbe corso in coperta, e i migranti lo avrebbero «accerchiato [...] chiedendo spiegazioni e manifestando un forte disappunto, spintonando lo stesso e minacciandolo. [...] Per tranquillizzare la situazione abbiamo dovuto affermare che verrà una motovedetta italiana». «Ad un possibile intervento libico ci sarebbe stata una reazione non certo pacifica», scrivono ancora dalla Vos Thalassa. Più il tempo passa, più le email sono gravide di angoscia. «Vi informiamo che la situazione sta degenerando a bordo», comunicano lunedì dalla Vos Thalassa al Centro di coordinamento di Roma. «Le persone danno segni di agitazione, chiedendo insistentemente quando verranno recuperati. Da parte nostra richiediamo una tempestiva soluzione a questa situazione che potrebbe degenerare ancora». Poco dopo, un'altra mail: «Siamo seriamente preoccupati per l'incolumità del nostro equipaggio e della nostra nave battente bandiera italiana. [...] Pochi minuti fa è arrivata [...] una motovedetta libica incaricata di prendere i 67 migranti e riportarli probabilmente in Libia. È evidente che, non appena i migranti se ne renderanno conto, reagiranno in malo modo e faranno di tutto per evitare di essere trasbordati. [...] Non possiamo permetterci di mettere a repentaglio la vita del nostro equipaggio, che ha il diritto sacrosanto di tornare a casa dalle proprie famiglie». Insomma, considerati i toni di queste missive, era un po' difficile per le autorità italiane rifiutare un intervento. Tra l'altro, le mail facevano esplicitamente riferimento a una rivolta. «Sì, nelle mail che abbiamo mandato a Roma lo abbiamo scritto, assolutamente», conferma Vattuone. E ripete: «A me interessa che noi siamo tutelati». A bordo «ci sono stati momenti di tensione, di confusione», spiega il responsabile tecnico. «Io sono sempre stato in contatto con il comandante, ovviamente la tensione saliva, anche perché siamo stati due giorni e mezzo in attesa». La tensione è cresciuta perché «i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici che poi non si sa che cosa ne facciano». Ma, specifica di nuovo Vattuone, non ci sono state «rivolte». Ecco, questo è il punto poco chiaro. Vattuone, parlando con La Verità, ripete più volte che a bordo «non è stato picchiato nessuno, non ci sono stati pestaggi» e che «non c'è stata una rivolta». Sostiene che sui giornali siano finite informazioni parziali e che la situazione sia stata «pesantemente ingigantita». Solo che, a creare allarme, e a finire sui giornali, sono state soprattutto le mail inviate all'Imrcc di Roma proprio dalla Vos Thalassa e dalla Vroon, in cui si parla chiaramente di rivolte, minacce, spintoni e rischi per l'incolumità del personale. Risulta evidente che la prima preoccupazione di chi gestiva la nave fosse quella di sollecitare un intervento italiano. Forse i libici tardavano troppo ad arrivare, forse il personale della Vos Thalassa temeva che, all'arrivo della motovedetta nordafricana, potesse davvero scoppiare un putiferio. In ogni caso, i migranti dovevano scendere dalla nave il prima possibile. «Se vedo un gommone che affonda», dice Vattuone, «sono tenuto al soccorso. Ma pretendo poi che ci siano sviluppi immediati. Non possiamo stare una settimana con 60-70 persone a bordo in attesa di indicazioni. Non possiamo stare una settimana a cercare i porti che decidono loro. Abbiamo sollecitato Roma, certo», continua, «dobbiamo sollecitare perché vengano trovate soluzioni rapide». E la soluzione più rapida, a quanto pare, era la nave Diciotti della Guardia costiera. Nei prossimi giorni, forse, capiremo che cosa è successo davvero a bordo della Vos Thalassa. L'equipaggio è stato sentito dalla Guardia costiera, e vedremo che cosa emergerà. Nel frattempo, però, resta la sensazione che al largo della Libia sia avvenuto l'ennesimo, brutto pasticcio. 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Il bilaterale è il primo appuntamento in agenda della intensa quanto delicata due giorni di Salvini a Innsbruck, dove il vicepremier si trova da ieri per partecipare alla riunione informale dei ministri della Giustizia e degli Interni dell'Unione europea. «Abbiamo fatto tre passi avanti», aggiunge Salvini, «l'obiettivo sia dell'Italia che della Germania è avere meno clandestini. Abbiamo chiesto e ottenuto supporto per intervenire sulle frontiere esterne, supporto e soldi per l'Africa. Interverremo per suddividere i migranti che sbarcano in Italia». Il tema più complesso da affrontare, come previsto, è stato quello dei «movimenti secondari» degli immigrati, ovvero gli spostamenti degli stessi tra i diversi Paesi europei. Il «falco» bavarese Seehofer vuole che gli immigrati arrivati in Germania dopo essere stati registrati nel Paese di «primo approdo», che nella stragrande maggioranza dei casi è l'Italia, vengano rispediti indietro. «Prima di ricollocare qualcuno in Italia», commenta Salvini al termine del bilaterale con Seehofer, «voglio dislocare qualcuno dall'Italia. A me interessa il saldo positivo: avere un immigrato in meno da mantenere. Siamo disponibili ad aumentare i controlli alle frontiere, ma occorre maggiore collaborazione tra gli Stati europei. Penso che sia iniziata una positiva collaborazione per entrambi i governi e per entrambi i popoli con l'obiettivo di avere maggior sicurezza e minore immigrazione in entrambi i Paesi». «La Germania», sottolinea Salvini, «appoggia la nostra richiesta di ottenere dall'Europa maggiori fondi per gestire i confini esterni. Siamo i due Paesi più colpiti dal l'immigrazione. Ovviamente i soldi non li vogliamo per noi, ma per gestire i confini esterni e per l'Africa. L'obiettivo è stipulare accordi con i Paesi africani solo se accettano la riammissione dei loro cittadini emigrati illegalmente. Con Seehofer abbiamo affrontato anche il tema delle missioni navali europee», prosegue Salvini, «ora tutti quelli che arrivano in Italia, restano qui. Non sarà più così. L'Europa deve indicare la Libia come porto sicuro. La modifica di Dublino è lunga. Noi già la settimana prossima inizieremo a chiedere il cambio della missione europea Sophia che ha portato 45.000 immigrati in Italia. Se invece che arrivare 45.000 in Italia, fossero suddivisi tra tutti i paesi dell'Unione, avremmo numeri e problemi diversi. Abbiamo finalmente avuto un bilaterale italo-tedesco, invece del solito franco-tedesco. Sono d'accordo con la proposta della presidenza austriaca di realizzare dei centri per migranti fuori dall'Europa. Ho visto il collega tedesco, lo rivedrò con l'austriaco, e vedrò anche il mio omologo francese, che sono curioso di incontrare, e quello svizzero. E questo», conclude Salvini, «lo dedico a quelli che dicono che l'Italia è isolata». Seehofer, da parte sua, ha definito «positivo» il vertice con Salvini e ne ha annunciato un altro «a luglio». Oggi infatti Salvini si ritroverà di nuovo insieme a Seehofer: alle 7.30 è in programma il trilaterale il ministro tedesco ed il ministro austriaco Herbert Kickl. Dalle 9 alle 12 è prevista la sessione di lavoro di tutti i ministri dell'Unione; al termine, Salvini ha in programma un bilaterale con la consigliera federale Svizzera, Simonetta Sommaruga; alle 13 di oggi l'ultimo appuntamento, l'incontro con il ministro dell'Interno francese Gérard Collomb. Ieri mattina, il premier Giuseppe Conte e Salvini si sono incontrati per perfezionare la strategia che avrebbero portato avanti rispettivamente al vertice Nato di Bruxelles e a quello dei ministri di Innsbruck. Il governo procede in perfetta armonia. La prova, se ne ve fosse bisogno, è quanto scritto ieri su Facebook dal ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, che i media progressisti dipingono in dissenso con Conte e Salvini. «Al summit Nato di Bruxelles», ha scritto la Trenta, «insieme al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e al ministro (degli Esteri, ndr) Enzo Moavero Milanesi, l'Italia ha fatto sentire la sua voce. In particolare, abbiamo chiesto una Nato più versatile e flessibile, che oltre ad Est sappia guardare anche a Sud, dunque nel Mediterraneo, una regione complessa quanto strategicamente importante per il nostro Paese. Vogliamo», ha aggiunto la Trenta, «una Nato che dia maggiore sostegno anche all'Ue sulle principali sfide che ci troviamo di fronte: lotta al terrorismo e lotta al traffico di esseri umani». Un maggiore coinvolgimento dell'Alleanza atlantica nella lotta all'invasione di immigrati è necessario, indispensabile, tanto più che, come ieri ha ammonito anche il premier Giuseppe Conte, «anche dalla stessa immigrazione potrebbero venire rischi e pericoli di foreign fighters. In questo quadro destabilizzato sia sul fronte mediorientale che in alcune aree nordafricane», ha aggiunto Conte, «potrebbero arrivare queste minacce, questi pericoli, per cui siamo qui per ribadire queste posizioni e rafforzare questi nostri interessi. E, con i nostri interessi, quelli di tutti gli alleati». Contrastare l'invasione di immigrati, vuol dire contrastare il terrorismo islamico internazionale. 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Nel frattempo, sull'imbarcazione solo saliti funzionari della Questura di Trapani, dello Sco della polizia e della Guardia costiera, con l'obiettivo di identificare i migranti e raccogliere i documenti sul presunto tentativo di dirottamento del rimorchiatore d'altura battente bandiera italiana Vos Thalassa, che fa servizio alla piattaforma petrolifera della francese Total, il cui equipaggio, dopo aver soccorso i migranti, li voleva consegnare alla Guardia costiera libica. Alcuni di loro, forse un paio, quando hanno capito che rischiavano di tornare a Tripoli, hanno minacciato di morte gli uomini dell'equipaggio. La Procura competente sarà quella di Trapani, la stessa che si è occupata dell'inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina nei confronti della Ong tedesca Jugend Retten, che lo scorso anno ha sequestrato la nave Iuventa e che qualche giorno fa ha messo sotto indagine il capitano più 20 uomini dell'equipaggio. Ora tocca ai salvati dalla Vos Thalassa e poi finiti sulla Diciotti. La soluzione, per il ministro Matteo Salvini, è questa: «Se c'è gente che ha minacciato e aggredito, non finirà in un albergo ma in galera». Manette. E poi espulsioni. «Io non darò autorizzazione a nessun tipo di sbarco, finché non ci sarà garanzia per la sicurezza degli italiani che delinquenti, non profughi, che hanno dirottato con la violenza una nave, finiscano in cella e poi vengano riportati il prima possibile nei propri Paesi», aveva intimato Salvini. Il ministro pentastellato Danilo Toninelli, però, ha deciso di far attraccare la nave a Trapani. E il pattugliatore della Guardia costiera ha preso a navigare a cinque miglia all'ora in direzione della Sicilia. Il tutto è accaduto mentre erano attese le decisioni del tavolo operativo con i vertici della Marina, della Guardia costiera e delle forze dell'ordine, presieduto da Salvini al Viminale, per stabilire una volta per tutte le modalità operative in caso di soccorsi in acque di zona Sar libica che, ripete da tempo il ministro, è di esclusiva competenza delle motovedette libiche. «Salvini anche oggi fa un'invasione di campo per avere visibilità; questa volta a essere totalmente bypassata è la magistratura», ha sparato a zero Roberto Saviano, scrivendo un post su Facebook. «Salvini», secondo Saviano, «preso da delirio di onnipotenza e credendo di disporre personalmente di tutti i poteri dello Stato, dice che «il governo agisce con una sola voce e una sola testa», la sua». La risposta di Salvini è stata immediata: «Altri insulti, altra querela». È stata immediata anche la risposta della polizia di Stato che, appena ricevuta la segnalazione della Guardia costiera ha avviato le indagini. Il ministro Toninelli ha parlato di «minacce di morte» e di «condotte che hanno messo a repentaglio la vita» di 12 marinai del rimorchiatore italiano. A quel punto la Guardia costiera ha deciso di mandare la nave Diciotti oltre a un elicottero della Marina militare. Al momento quella della polizia non è una attività investigativa delegata da una Procura, ma si tratta di accertamenti svolti d'iniziativa. Le notizie raccolte a bordo della nave, però, verranno riferite immediatamente all'autorità giudiziaria competente. Fabio Amendolara
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La reazione di tanti è però ambigua, come è nella natura degli italiani, scaltri e navigati, e di chi ha uso di mondo. Bello in via di principio ma in pratica come si fa? Tecnicamente si può davvero lasciare loro lo smartphone ma col «parental control» che inibisce alcuni social, o ci saranno sotterfugi, scappatoie, nasceranno simil-social selvatici e dunque ancora più pericolosi, e saremo punto e daccapo? Giusto il provvedimento, bravi gli australiani ma come li tieni poi i ragazzi e le loro reazioni? E se poi scappa il suicidio, l’atto disperato, o il parricidio, il matricidio, del ragazzo imbestialito e privato del suo super-Io in display; se i ragazzi che sono fragili vengono traumatizzati dal divieto, i governi, le autorità non cominceranno a fare retromarcia, a inventarsi improbabili soluzioni graduali, a cominciare coi primi distinguo che poi vanificano il provvedimento? E poi, botta finale: è facile concepire queste norme restrittive quando non si hanno ragazzini in casa, o pretendere di educare gli educatori quando si è ben lontani da quelle gabbie feroci che sono le aule scolastiche! Provate a mettervi nei nostri panni prima di fare i Catoni da remoto!
Avete ragione su tutto, ma alla fine se volete tentare di guidare un po’ il futuro, se volete aiutare davvero i ragazzi, se volete dare e non solo subire la direzione del mondo, dovete provare a non assecondarli, a non rifugiarvi dietro il comodo fatalismo dei processi irreversibili, e dunque il fatalismo dei sì, perché sono assai più facili dei no. Ma qualcosa bisogna fare per impedire l’istupidimento in tenera età e in via di formazione degli uomini di domani. Abbiamo una responsabilità civile e sociale, morale e culturale, abbiamo dei doveri, non possiamo rassegnarci al feticcio del fatto compiuto. Abbiamo criticato per anni il pigro conformismo delle società arcaiche che ripetevano i luoghi comuni e le pratiche di vita semplicemente perché «si è fatto sempre così». E ora dovremmo adottare il conformismo altrettanto pigro, e spesso nocivo, delle società moderne e postmoderne con la scusa che «lo fanno tutti oggi, e non si può tornare indietro». Di questa decisione australiana io condivido lo spirito e la legge; ho solo un’inevitabile allergia per i divieti, ma in questi casi va superata, e un’altrettanto comprensibile diffidenza sull’efficacia e la durata del provvedimento, perché anche in Australia, perfino in Australia, si troveranno alla fine i modi per aggirare il divieto o per sostituire gli accessi con altri. Figuratevi da noi, a Furbilandia. Ma sono due perplessità ineliminabili che non rendono vano il provvedimento che resta invece necessario; semmai andrebbe solo perfezionato.
Il problema è la dipendenza dai social, e la trasformazione degli accessi in eccessi: troppe ore sui social, e questo vale anche per gli adulti e per i vecchi, un po’ come già succedeva con la televisione sempre accesa ma con un grado virale di attenzione e di interattività che rende lo smartphone più nocivo del già noto istupidimento da overdose televisiva.
Si perde la realtà, la vita vera, le relazioni e le amicizie, le esperienze della vita, l’esercizio dell’intelligenza applicata ai fatti e ai rapporti umani, si sterilizzano i sentimenti, si favorisce l’allergia alle letture e alle altre forme socio-culturali. È un mondo piccolo, assai più piccolo di quello descritto così vivacemente da Giovannino Guareschi, che era però pieno di umanità, di natura, di forti passioni e di un rapporto duro e verace con la vita, senza mediazioni e fughe; ma anche con il Padreterno e con i misteri della fede. Quel mondo iscatolato in una teca di vetro di nove per sedici centimetri è davvero piccolo anche se ha l’apparenza di portarti in giro per il mondo, e in tutti i tempi. Sono ipnotizzati dallo Strumento, che diventa il tabernacolo e la fonte di ogni luce e di ogni sapere, di ogni relazione e di ogni rivelazione; bisogna spezzare l’incantesimo, bisogna riprendere a vivere e bisogna saper farne a meno, per alcune ore del giorno.
La stupida Europa che bandisce culti, culture e coltivazioni per imporre norme, algoritmi ed espianti, dovrebbe per una volta esercitarsi in una direttiva veramente educativa: impegnarsi a far passare la legge australiana anche da noi, magari più circostanziata e contestualizzata. L’Europa può farlo, perché non risponde a nessun demos sovrano, a nessuna elezione; i governi nazionali temono troppo l’impopolarità, le opposizioni e la ritorsione dei ragazzi e dei loro famigliari in loro soccorso o perché li preferiscono ipnotizzati sul video così non richiedono attenzioni e premure e non fanno danni. Invece bisogna pur giocare la partita con la tecnologia, favorendo ciò che giova e scoraggiando ciò che nuoce, con occhio limpido e mente lucida, senza terrore e senza euforia.
Mi auguro anzi che qualcuno in grado di mutare i destini dei popoli, possa concepire una visione strategica complessiva in cui saper dosare in via preliminare libertà e limiti, benefici e sacrifici, piaceri e doveri, che poi ciascuno strada facendo gestirà per conto suo. E se qualcuno dirà che questo è un compito da Stato etico, risponderemo che l’assenza di limiti e di interesse per il bene comune, rende gli Stati inutili o dannosi, perché al servizio dei guastatori e dei peggiori o vigliaccamente neutri rispetto a ciò che fa bene e ciò che fa male. È difficile trovare un punto di equilibrio tra diritti e doveri, tra libertà e responsabilità, ma se gli Stati si arrendono a priori, si rivelano solo inutili e ingombranti carcasse. Per evitare lo Stato etico fondano lo Stato ebete, facile preda dei peggiori.
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Ecco #DimmiLaVerità dell'11 dicembre 2025. Con il nostro Fabio Amendolara commentiamo gli ultimi sviluppi del caso Garlasco.
L'amministratore delegato di SIMEST Regina Corradini D’Arienzo (Imagoeconomica)
SIMEST e la Indian Chamber of Commerce hanno firmato un Memorandum of Understanding per favorire progetti congiunti, scambio di informazioni e nuovi investimenti tra imprese italiane e indiane. L'ad di Simest Regina Corradini D’Arienzo: «Mercato chiave per il Made in Italy, rafforziamo il supporto alle aziende».
Nel quadro del Business Forum Italia-India, in corso a Mumbai, SIMEST e Indian Chamber of Commerce (ICC) hanno firmato un Memorandum of Understanding per consolidare la cooperazione economica tra i due Paesi e facilitare nuove opportunità di investimento bilaterale. La firma è avvenuta alla presenza del ministro degli Esteri Antonio Tajani e del ministro indiano del Commercio e dell’Industria Piyush Goyal.
A sottoscrivere l’accordo sono stati l’amministratore delegato di SIMEST, Regina Corradini D’Arienzo, e il direttore generale della ICC, Rajeev Singh. L’intesa punta a mettere in rete le imprese italiane e indiane, sviluppare iniziative comuni e favorire l’accesso ai rispettivi mercati. Tra gli obiettivi: promuovere progetti congiunti, sostenere gli investimenti delle aziende di entrambi i Paesi anche grazie agli strumenti finanziari messi a disposizione da SIMEST, facilitare lo scambio di informazioni e creare un network stabile tra le comunità imprenditoriali.
«L’accordo conferma la volontà di SIMEST di supportare gli investimenti delle imprese italiane in un mercato chiave come quello indiano, sostenendole con strumenti finanziari e know-how dedicato», ha dichiarato Corradini D’Arienzo. L’ad ha ricordato che l’India è tra i Paesi prioritari del Piano d’Azione per l’export della Farnesina e che nel 2025 SIMEST ha aperto un ufficio a Delhi e attivato una misura dedicata per favorire gli investimenti italiani nel Paese. Un tassello, ha aggiunto, che rientra nell’azione coordinata del «Sistema Italia» guidato dalla Farnesina insieme a CDP, ICE e SACE.
SIMEST, società del Gruppo CDP, sostiene la crescita internazionale delle imprese italiane – in particolare le PMI – lungo tutto il ciclo di espansione all’estero, attraverso export credit, finanziamenti agevolati, partecipazioni al capitale e investimenti in equity.
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