2022-03-12
La ricetta Versailles: socialismo energetico e unione bancaria
Il programma uscito dal vertice dei leader Ue prevede un tetto al prezzo del gas, più tasse, nazionalizzazioni e statalismo.La due giorni parigina si è conclusa. Il meeting informale dei capi di Stato europei ha prodotto quella che passerà alla storia come «dichiarazione di Versailles». Nella speranza che stavolta non getti le basi per una guerra mondiale. Si tratta di dieci pagine nelle quali si riepilogano le motivazioni per le quali Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina e si sintetizzano le mosse future. Costruire e investire denaro per la Difesa comune. Ridurre la dipendenza energetica dall’esterno e quindi spingere ulteriormente sulle rinnovabili e l’idrogeno. Costruire un’economia unica in grado di gestire semiconduttori, intelligenza artificiale e la completa digitalizzazione della società. Tutto ciò sotto la spinta della guerra. Cercando di sfruttarla - utilizziamo consapevolmente questo termine - come prosecuzione del Covid nell’obiettivo di trasformare la società nella quale vivono gli italiani e altri milioni di europei. Sono in pratica dieci pagine che contengono lo scioglimento dei confini nazionali, attraverso la spinta dell’unione bancaria e dei servizi. E attraverso un nuovo accesso all’energia che è il motore di tutto. L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha creato una frattura che non potrà più essere sanata. Noi siamo adesso da questa parte del muro e ancor più vicini agli americani. Dobbiamo però porci alcuni interrogativi su quale tipo di Europa desideriamo. Interrogativi più che mai delicati visto che prendere decisioni radicali sotto la pressione di una guerra non è indice di grande ponderazione. Senza contare che ogni volta che in Europa c’è un problema e una crisi, chi sta a Bruxelles o al governo spiega che le regole vanno cambiate. Certo, l’Ue nasce a tavolino e in vitro e non sa gestire alcuna crisi. Anche stavolta il rischio è quello di vedere riavvolgere la pellicola. Con il Covid, con la crisi della Grecia, con Lehman Brothers. Non a caso, se torniamo alle dieci pagine, notiamo che i pilastri della dichiarazione anche se fossero messi a terra richiederebbero come minimo anni. Mentre la crisi economica è adesso. Il gas è alle stelle adesso e la strozzatura della distribuzione delle materie prime può solo che peggiorare. E allora dietro la retorica comincia a spuntare la disperazione di chi sa ma non può dichiarare che ci aspettano mesi di difficoltà, sofferenze e povertà. Possiamo affermarlo due volte. Non solo perché lo dicono i numeri. A gennaio i costi della produzione erano schizzati del 32% e non era ancora scoppiata la guerra. Figuriamoci che succederà adesso a marzo. Stesso discorso per l’inflazione. Ma anche perché lo lasciano capire le dichiarazioni dei capi di Stato. In primis Mario Draghi. «Il vertice è stato un successo, l’Ue non è mai stata così compatta», ha sottolineato il presidente del Consiglio prima di tornare a Roma e cercare di dare un altro nome alle cose. «Ho visto allarmi esagerati. Dobbiamo prepararci, ma non siamo assolutamente in un’economia di guerra. Prepararsi non vuol dire che ciò debba avvenire, sennò saremmo già in una fase di razionamento», ha detto poco dopo che il sindaco di Roma ha imposto di tagliare il riscaldamento anche ai privati. Una lunga premessa che è servita per cucinare la ricetta finale. L’Ue ha accolto l’idea di requisire gli extra profitti delle società energetiche e di mettere un tetto ai prezzi del gas. Sul primo tema la Francia ci ha preceduto. L’Eliseo ha imposto una extra tassazione al colosso Edf, salvo poi dovere sottoscrivere un aumento di capitale e adesso ragionare sulla nazionalizzazione. Un discorso simile vale per l’idea pericolosa di calmierare i prezzi. Prima bisogna capire come sarà possibile. Innanzitutto a vendere il gas sono le aziende e non gli Stati. Quando si chiuderanno i rubinetti russi, i prezzi saliranno ulteriormente perché almeno per quest’anno scenderà l’offerta e salirà la domanda. Le compagnie americane dirotteranno le forniture del gas liquido dall’Asia all’Ue ma questo avrà un bel sovrapprezzo. Calmierare i prezzi significa che o la Casa Bianca verserà dei contributi alle compagnie al posto nostro in modo da dimezzare il nostro costo. Oppure lo farà Bruxelles. Ma non sarà altro che fare debito per aiutare le aziende nel breve e poi alzare le tasse. Un disastro. In ogni caso appare chiaro che i pilastri della dichiarazione sono intrisi di socialdemocrazia. Ahinoi i tempi del mercato e del sano capitalismo sono finiti. Il rischio che tutti gli asset energetici vengano nazionalizzati è alto. Ma è una prospettiva che non ci piace. Perché porta porta povertà e razionamento. Ecco, sembra che l’Ue e il nostro governo vogliano imbracciare lo statalismo sinistro per riformare l’Ue e rendere una entità federale. Finché si parla di Difesa e di armi è ovvio che spetta allo Stato decidere e imporre, ma sull’economia questa strada non ha mai portato bene. Gli americani fanno le guerre per accaparrarsi risorse, ma poi lasciano fare. Se non bastasse ad alzare le antenne è bene leggere con attenzione le dichiarazioni del ministro Enrico Giovannini. «Questo dramma che stiamo vivendo può accelerare la transizione ecologica se decidiamo di accelerare. Il governo è impegnato in questa direzione ma serve il contributo di tutti, anche delle imprese e dei cittadini». Il titolare dei Trasporti è sempre un punto di riferimento per capire quando spunterà una fregatura. E qui è ormai palese. La transizione ecologica come impostata dall’Ue non sarà in grado di sostituire il gas e il nucleare. Sono i due motori dell’economia. A meno di immaginare che, come è successo con il Covid e il green pass, si limitino le libertà individuali. E quella economica è la somma libertà individuale. Sappiamo tutti infatti che quando un governo parla di bene comune e ricchezza comune intende affamare i cittadini.
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