2020-09-13
La Regione Toscana pagò il progetto della cognata dell’assessora renziana
Stefania Saccardi, capolista di Iv, al centro delle polemiche. Un programma coordinato dalla sua parente ha ricevuto 193.874 euro. Non solo: la donna ha poi ottenuto la promozione anche grazie a quel lavoro.Nella campagna elettorale per la presidenza della Regione Toscana entrano gli affari familiari della capolista di Italia viva in tutti i collegi, la renzianissima assessora alla Sanità Stefania Saccardi. Il candidato leghista al consiglio regionale Leonardo Batistini spulciando tra le delibere della Sanità ha tirato fuori una questione che in piena campagna elettorale è destinata a suscitare polemiche e che aggiunge un nuovo capitolo all'epopea familiare della Saccardi. Il progetto finito nel mirino di Batistini è del 2016 ed è costato alla Regione la bellezza di 193.874 euro, in cui una delle voci era proprio il compenso della cognata Alessandra Meucci. Il titolo era «Misure afferenti alla prevenzione, alla diagnosi, alla cura e all'assistenza della sindrome depressiva post partum». La fortunata coordinatrice di un progetto così ben finanziato? La parente dell'assessora, poi diventata responsabile dell'assistenza ostetrica dell'Azienda ospedaliera universitaria senese. Il progetto è dell'Unità di coordinamento della Regione Toscana. E si è svolto all'ospedale Careggi di Firenze. La finalità: offrire alle mamme e ai familiari materiale informativo sul disagio psichico post partum e sull'opportunità di un intervento precoce. E, così, il 22 aprile 2016 è arrivata la disposizione con la quale l'ostetrica Meucci veniva distaccata (gli oneri «del comando della signora Meucci», viene precisato nel documento, «verranno corrisposti direttamente dal Careggi, ma interamente rimborsati dalla Regione Toscana») alla direzione regionale responsabile del progetto, quella per i diritti di cittadinanza e coesione sociale. Un trasferimento di un anno, visto che si è svolto dal 9 maggio 2016 all'8 maggio 2017. Il budget era suddiviso tra le spese per l'analisi epidemiologica (13.000 euro), per l'aggiornamento della piattaforma web regionale Happy mamma (40.000 euro), per la stampa di materiale (40.000), per il monitoraggio della formazione del personale (35.000), per le spese generali (19.387). E 46.000 euro «per un professionista medico ostetrica».E ora Batistini sbotta: «L'assessora deve spiegare se era a conoscenza dell'incarico dato alla cognata. Conosciamo bene i metodi della sinistra. La Toscana deve ripartire da giovani e merito e non da parenti e amici». La signora Meucci, laureata in scienze infermieristiche e ostetriche, era già stato oggetto di un'interrogazione regionale per un concorso vinto. Un bando in cui indirettamente risultò decisiva proprio l'esperienza con la piattaforma Happy mamma finanziata, come abbiamo già scritto, con i soldi del progetto da 193.000 euro. Il leghista Jacopo Alberti aveva chiesto delucidazioni: «Nel luglio 2018 viene indetta una mobilità interregionale per un posto di ostetrica a tempo indeterminato di livello D, categoria stipendio super […]. Nonostante il posto sia molto appetibile si presenta una sola partecipante, Alessandra Meucci, moglie di Simone Saccardi. La dottoressa sino a poco tempo prima aveva collaborato con l'assessorato della cognata, ma ha deciso di tornare in corsia. Un mese dopo si chiude la procedura di concorso con l'assunzione dell'unica partecipante, che entra in servizio poco dopo al Policlinico di Siena. A novembre viene indetto un bando interno per sostituire la caporeparto che è andata in pensione ad agosto. Al reparto manca una figura organizzativa manageriale. A dicembre esce il bando interno e a quel bando, questa volta, partecipano in due (e una delle due è la cognata, ndr)». L'assessora tirò fuori gli artigli: «Un'operazione su una poveretta che ha il grande difetto di aver sposato il mio fratello che è dipendente dell'azienda universitaria di Careggi da 20 anni […] che si è spostata in direzione rimettendoci credo circa 6.000 euro l'anno […]». E aveva annunciato querele.L'11 febbraio, alla prova orale ci sono tre buste, come in ogni quiz che si rispetti. In una c'è la domanda clou. Ed è sul progetto Happy mamma, che ora, si scopre, la Meucci aveva seguito di persona durante il distaccamento per il bando da 193.874 euro.Il colloquio, durato otto minuti, della Meucci sulla «professione ostetrica nel nuovo libretto di gravidanza» e dello «screening neonatale» viene giudicato «ottimo» (24,236 su 25) dalla commissione giudicatrice che apprezza «padronanza di linguaggio e conoscenza approfondita della materia». L'altra candidata, sentita su Happy mamma (su cui non si è ancora formata) e sul «percorso gravidanza in base al rischio ostetrico», passa con «più che distinto» (18,543 punti), a causa di «qualche imprecisione» e «alcune inesattezze». A marzo si chiude la procedura con la vittoria del bando da parte della cognata. La seconda interrogazione l'assessora se l'era beccata quando è saltato fuori che suo fratello Simone, marito dell'ostetrica Meucci, ricopriva il ruolo di delegato diocesano responsabile del patrimonio immobiliare dell'Istituto per il sostentamento del clero che aveva concesso all'assessora un appartamento, nonostante le sue ben 14 proprietà (nove appartamenti e cinque garage ereditati) per 1.264 metri quadrati. A chiedere conto fu l'allora consigliere regionale di Fratelli d'Italia (ora deputato) Giovanni Donzelli. L'istituto era tra gli enti che partecipavano al fondo regionale per l'housing sociale che elargiva 5 milioni annui. E fino al 2015 la Saccardi era vicepresidente della Regione con deleghe proprio alle politiche per la casa. Donzelli chiedeva di «chiarire» il rapporto tra Regione ed ente religioso e di «sapere qual era l'affitto in base al contratto registrato all'Agenzia delle entrate». «Abito in quella casa da molti anni», replicò la Saccardi, «e quando stipulai il contratto non avevo incarichi pubblici. È un rapporto fra privati regolato da un regolare contratto. Questo non ha nulla anche fare con il Fondo per l'housing sociale, progetto che peraltro non ho mai seguito in Regione e che è precedente al mio mandato in qualità di assessore regionale». E annunciò una querela per Donzelli. Che, però, non è mai arrivata.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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