
Il canale tematico della tv di Stato fa propaganda spalleggiando la battaglia di chi è stato incapace di gestire la globalizzazione. Talvolta si ha l'impressione che si voglia strumentalizzare la storia e la cultura per combattere lotte ideologiche di oggi.Da qualche tempo il canale Rai Storia si sforza di educare il pubblico alla conoscenza storica strizzando l'occhio alla nostra epoca. Talvolta però si ha l'impressione di forme di propaganda subliminale, che strumentalizza la storia e la cultura per combattere battaglie ideologiche di oggi. È il caso di un programma dedicato all'Archivio di Stato di Napoli, nel quale viene intervistato un docente dell'Università della Calabria, Marco Rovinello, che si è occupato delle richieste di cittadinanza napoletana fatte da francesi che dopo la caduta di Napoleone correvano il rischio di venire espulsi dal Regno di Napoli. Commenta Rovinello: qui si vede come l'identità nazionale è un concetto costruito a tavolino, «come gli storici sanno bene», sicché sarebbe opportuno che lo capisse anche l'opinione pubblica più vasta. Traduzione: se credi che esistano le identità nazionali e magari voti Matteo Salvini perché hai paura dell'immigrazione, sei un ignorante. Ma è proprio vero che gli storici diano per scontato che le identità nazionali sono costruite a tavolino? E che si dice fuori d'Italia?Nel 2015 il giornalista greco di sinistra Dimitri Deliolanes scrive: «Alcuni greci di oggi possono sembrare piuttosto indifferenti verso le questioni religiose, ma è un'apparenza. La stragrande maggioranza dei greci tiene tantissimo a quella che ritiene una sua preziosa eredità culturale, tanto più che l'identità nazionale moderna si è definita stabilmente in contrasto con l'Islam. L'ateismo militante, come anche un certo anticlericalismo, tradizionalmente estraneo alla cultura greca, sono fenomeni molto recenti e rientrano nella cultura della globalizzazione. La leadership politica del Paese, in particolare le correnti liberiste, si sono mostrate del tutto incapaci di gestire la globalizzazione in maniera adeguata. Per scarsa conoscenza del Paese o per cinica indifferenza, hanno ritenuto che l'opzione europeista, ben consolidata ormai nell'opinione pubblica, si dovesse tradurre in cosmopolitismo, in rigetto dell'identità nazionale. Questa offensiva culturale, fortemente sostenuta dai media, ha travolto le istituzioni del Paese (la scuola, l'università) e ha fatto breccia perfino a sinistra: nel giornale di Syriza non è raro imbattersi, per esempio, in articoli che sostengono che non c'è alcun terrorismo islamico, ma è un'invenzione della Cia per mettere i popoli cristiani contro i popoli musulmani. È un fenomeno relativamente recente, perché storicamente la sinistra greca era fortemente patriottica e collegata con i sentimenti e le aspirazioni popolari, accusando i conservatori (spesso non a torto) di essere venduti agli stranieri».Sentiamo lo storico italiano Giampietro Berti: «Fra le tante illusioni che hanno attraversato il Novecento, quella del cosmopolitismo è stata tra le più forti. Vale a dire l'idea secondo cui gli individui, prima ancora di essere italiani, russi, francesi, tedeschi, inglesi sono esseri umani accomunati da una radice antropologica universale in grado di lanciare ponti fraterni oltre le frontiere. Anche dopo la Prima guerra mondiale, che pur aveva dato una tragica smentita a questa convinzione di matrice illuministica, essa è continuata soprattutto sotto la veste mistificata del comunismo internazionalista. Quando l'Unione Sovietica è crollata, e con essa tutto il blocco comunista dell'Europa orientale, tale credenza ha dimostrato tutta la propria fragilità». Berti è di estrazione anarchica, dunque «di sinistra», e la sua ammissione rende onore alla sua onestà intellettuale.Ma andiamo a leggere le parole della storica americana Geltrude Himmelfarb, la quale, essendo di origine ebraica, conosceva bene le conseguenze del virulento nazionalismo del XX secolo. Tuttavia il cosmopolitismo illuminista le sembrava inconsistente. Le sue giovanili illusioni cosmopolite di sinistra si dissiparono quando in una riunione di laburisti britannici sentì prima approvare entusiasticamente una mozione a favore dell'unità europea, e subito dopo un'altra a favore dell'indipendenza della Scozia. Nessuno dei partecipanti sembrò rendersi conto della contraddizione.La Himmelfarb cita una vittima del nazismo, lo storico francese ebreo Marc Bloch, il quale scrisse di essersi abbeverato alla cultura di Francia, di averne fatto proprio il suo passato, di sentirsi libero solo nel suo ambiente e di aver cercato di fare del proprio meglio per difenderne gli interessi. Himmelfarb confuta l'esaltazione del cosmopolitismo e la denigrazione del patriottismo espresse dalla pensatrice americana Martha Nussbaum, secondo cui gli unici valori che contano sono la giustizia, l'uguaglianza, i diritti, la ragione, valori che sarebbero propri di tutta l'umanità. Peccato però che sia facilmente dimostrabile come buona parte dell'umanità ignori o rifiuti questi valori, che sono tipicamente occidentali.Non solo. Anche democrazia e libertà sono valori tipicamente occidentali. E se poi guardiamo alle politiche di welfare, istruzione pubblica, tolleranza e non discriminazione razziale o religiosa, cooperazione internazionale, vediamo facilmente come possano essere portate avanti solo in presenza di Stati nazionali e di un ordine legale e amministrativo che deriva da essi, non certo grazie a un nebuloso ordine cosmopolita.Ma soprattutto - conclude la Himmelfarb - il cosmopolitismo considera accidentali le cose da cui effettivamente deriva la nostra vita: genitori, parenti, antenati, famiglia, razza, religione, storia, eredità, tradizione, cultura, comunità. E la nazionalità. Gli attributi essenziali di un individuo. Noi non giungiamo nel mondo come atomi fluttuanti e isolati. Noi veniamo al mondo con tutte quelle caratteristiche ereditate che ci conferiscono una identità, la quale non è né un caso né una scelta: ci è data. Crescendo possiamo rinnegarne qualche aspetto, ma al costo di mutilare una parte di sé stessi. Chi crede di potersi creare una identità dal nulla, è un individuo senza identità, così come una persona che ripudi la propria nazionalità è una persona senza nazione.Molto più utile sarebbe lasciare da parte le illusioni cosmopolite e chiarire la distinzione tra la nazionalità, un elemento naturale di ogni essere umano, e gli eccessi commessi in nome del nazionalismo: vale a dire, la distinzione tra un patriottismo degno e uno che non lo è. Il patriottismo, ci ricorda la Himmelfarb, è la pietà filiale (o nazionale) al servizio di valori eterni (e non cosmopoliti) - come la giustizia, la libertà, il diritto - che giustificano e nobilitano quella pietà.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.