2022-09-21
La Rai «elettorale» sbraca con Damilano. E Fuortes pensa già a come salvare la pelle
Il centrodestra contro l’invettiva di Bernard-Henri Lévy senza filtri L’ad è pronto a concedere il «Tg1», spostando Monica Maggioni.A proposito di pupazzi e pluralismo. La Rai è di nuovo nella bufera per l’intervento di Bernard-Henri Lévy, ospite in video del programma di Marco Damilano e lasciato libero per 11 minuti di insultare i leader di centrodestra senza contraddittorio (pure in regime di par condicio) a meno di una settimana dalle elezioni. Un fragoroso scivolone che conferma il ruolo molto resistenziale e poco informativo del Cavallo e la Torre, spazio quotidiano appaltato all’ex direttore dell’Espresso da una Rai 3 tornata orgogliosamente TeleKabul, in trincea per aiutare la sinistra a recuperare qualche consenso a ridosso delle urne.«Si sta preparando qualcosa di molto triste», «L’Italia merita di meglio di Salvini, Meloni e Berlusconi, traditori della patria», «Salvini è patetico e ridicolo», le frasi più livorose. Per concludere con la delirante convinzione che «non bisogna sempre rispettare l’elettorato, quando gli elettori portano al potere Mussolini, Hitler, Putin, la loro scelta non è responsabile». Lo show del consunto filosofo marxista-macroniano (ormai vale tutto), da tempo noto solo per le camicie con il collo coreano, sta mettendo in imbarazzo l’amministratore delegato Carlo Fuortes alle prese con una reazione indignata generale. Lévy ha dato dei burattini agli italiani e ha ipotizzato una deriva antidemocratica mentre il conduttore taceva genuflesso. Solo alla fine, intuendo lo tsunami, ha sussurrato: «Mi permetta di dissentire». Si sono ribellati tutti. Giorgia Meloni: «Il servizio pubblico ospita uno scrittore francese che già difese il terrorista comunista Cesare Battisti per spiegarci l’idea di democrazia della sinistra e paragonare un’Italia a guida centrodestra ai peggiori regimi». Matteo Salvini: «Damilano è pagato 1.000 euro a puntata per attaccare la Lega». Alberto Barachini (Forza Italia), presidente della Commissione di Vigilanza: «Disattesi i basilari principi di pluralismo, imparzialità ed equilibrio che devono orientare il servizio pubblico. Il conduttore, un giornalista esterno all’azienda, non solo è stato incapace di arginare la violenza verbale del suo ospite in piena par condicio e di riequilibrare l’evidente faziosità dello stesso, ma ha contribuito alla distorsione del dibattito con la sua premessa e con domande tendenziose». Perfino l’Usigrai, custode in Rai dell’ortodossia di sinistra, ha dovuto alzare la voce. «Una puntata a senso unico. Riteniamo che il pluralismo nel servizio pubblico debba applicarsi anche alle trasmissioni di rete come Il Cavallo e la Torre. Damilano - scelto all’esterno nonostante la presenza di quasi 2.000 profili interni - era stato presentato da Fuortes come “il giornalista più adeguato per informare, intrattenere, fornire strumenti conoscitivi, restando fedeli al sistema di valori aperto e pluralista che il nostro Paese e l’Europa hanno saputo sviluppare in questi decenni”. Ci chiediamo dove fosse il valore del pluralismo nella puntata di ieri». Il livello di scontro si sta alzando, la Lega ha chiesto le dimissioni dell’ad e la faccenda porta a osservare un orizzonte molto più largo di quello del Cavallo e la Torre, striscia voluta da Mario Orfeo e sponsorizzata dai vertici, che richiama gli scacchi ma usa le regole del poker. Lo sguardo travalica le elezioni e si posa sulle grandi manovre in atto che lo stesso Fuortes starebbe orchestrando per evitare un assedio politico propedeutico alla cacciata una volta cambiato governo. Pur di non perdere la poltrona, l’ad è pronto a concedere al centrodestra, eventualmente vincente, il telegiornale di Rai 1, la rete ammiraglia. La draghiana Monica Maggioni avrebbe un programma di approfondimento di esteri e al suo posto arriverebbe dal Tg2 Gennaro Sangiuliano, a sua volta sostituito da Nicola Rao, oggi vice di Maggioni ed ex vicedirettore dei Tg regionali. Intoccabile Orfeo al Tg3 (il Pd è pronto a fare le barricate se solo venisse sfiorato), si verrebbe a creare un problema di genere con l’azzeramento delle quote rosa. La soluzione più politicamente corretta sarebbe la nomina di Angela Mariella (numero uno di Isoradio, vicina alla Lega) al giornale radio, granitico feudo della sinistra guidato allegramente da Andrea Vianello. Ma i bene informati dicono che lei non sarebbe così felice di sbarcare a Cuba con l’elmetto. Alcune nomine potrebbero slittare ad inizio 2023 quando il direttore dell’Approfondimento Rai, Antonio Di Bella, andrà in pensione. Alla sua scrivania aspirano il vice Paolo Corsini e l’attuale direttore di Rainews, Paolo Petrecca, entrambi ritenuti moderati. Ma il candidato numero uno è Antonio Preziosi, oggi direttore di Rai Parlamento, ben visto dai vertici di Forza Italia. Dal domino che Fuortes sarà costretto a inventarsi per provare a riequilibrare la Rai con l’eskimo non è escluso il daytime, vale a dire l’intrattenimento per famiglie farcito di approfondimenti (quindi di politica). Oggi è guidato da Simona Sala, ex RadioRai, chiamata a intervistare alle feste dell’Unità - senza scandalo alcuno - Romano Prodi ed Enrico Letta. Al suo posto potrebbe arrivare il vice Angelo Mellone, vicino a Fratelli d’Italia. Mentre Salvini auspica che venga abolito il canone, per molti l’unica soluzione salvifica sarebbe privatizzare la Rai dei partiti. Con il rischio di trovarsi davanti a tre La7, libere di aderire spontaneamente al pensiero unico.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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