2022-04-24
La quercia ultracentenaria di Milano piantata in onore degli alpini caduti
L’albero in piazza XXIV maggio è il più grande in città. Nato 125 anni fa, fu spostato davanti Porta Ticinese in memoria dei soldati morti nella Prima guerra mondiale. Purtroppo, gli restano ancora pochi anni di vita.Olga porta il nome di un popolo. In città molti la conoscono grazie alla popolarità del suo viso, magie della televisione. Non che abbia fatto nulla di straordinario, semplici comparsate in un programma, per una rete privata, molto seguito, dove consiglia quale look adottare, come minimizzare le conseguenze delle proprie imperfezioni. Ma con simpatia, Olga è una ragazzona che risulta anzitutto simpatica. Alta un metro e ottanta, la struttura dei corpi della sua discendenza matrilineare porta ad irrobustire le spalle e a indossare fianchi molto ampi, generosi. Anche i visi hanno qualcosa di asiatico, ovali tondeggianti, occhioni chiari, glaciali, teste gonfie di ricci, e nel mezzo tutto tende ad assumere proporzioni adeguate. Mani, ginocchia, cosce, braccia, seni, glutei, caviglie, polsi. Un uomo che sa apprezzare la quantità di certo, posando i suoi occhi smarriti, sulle figure di queste donne, potrebbe inaugurare una sfilza di sorrisi compiaciuti.Olga ama la musica, di cui si considera una curiosa avventuriera, ne ascolta molta, di tanti generi, e almeno una volta la settimana va a gustarsi un concerto, spesso da sola, talora con la sua amica del cuore, Giò, una spavalda rossa con la fissa dei piercing che ha conosciuto anni addietro ad un concerto dei Depeche Mode. Nonostante a scuola non sia mai stata una cima, è riuscita a rendersi indipendente dai suoi appena terminato il liceo. Prima lavorando in un negozio da parrucchiere ed estetista, un lavoro che cercava di fare al suo meglio nonostante il principale fosse quello che i milanesi chiamano un barlafus, ovvero uno che parla troppo, e si vanta di cose di cui sarebbe opportuno tacere. Oltremodo aveva la mania di allungare le mani, ci prova sempre con le dipendenti, guarda caso tutte giovani e ai primi impieghi. Quelle che durano più di sei mesi sono scese a miti compromessi. Proprio allo scadere di questo tempo maximo, Olga ha conosciuto quella famosa conduttrice della televisione, la conoscono tutti, che le ha chiesto di partecipare ad una puntata e da lì è nata una collaborazione continuativa. Qualcuno mormora che ci sia stato del tenere, tra le due, ma è un pettegolezzo che non ha mai trovato conferme. Olga non vede molto spesso i suoi genitori, separati. La madre ha un carattere troppo aggressivo per i suoi gusti, e suo padre lavora come giornalista e redattore al Corriere. Lui si fa la sua vita, quando la rivede è contento ma è tutto preso da quel che fa, la sua vita non è mai stata la famiglia, la sua vita è da sempre la redazione del giornale. Ora poi è tutto assorbito dalle tristi vicende che arrivano dall’Ucraina, ovviamente, la pazzia di Putin, il generale macellaio, la ritirata da Kiev, le fosse comuni, la devastazione di Mariupol, Bucha e Kharkov. Come per tanti intellettuali la televisione è vista come una specie di lunapark, così lui si limita a chiederle se continua ma non ha la minima idea di che cosa lei faccia, e viceversa, a Olga non interessano le notizie e men che meno il giornalismo. Si vogliono bene, ovviamente, ma senza entusiasmi. Con la madre è molto complicata, perché le due in effetti si assomigliano come due gocce d’acqua, ma è da un pezzo che non riescono a sedersi e a farsi una serena chiacchierata madre-figlia. Si sono come fossilizzate su due lati di una barricata e nessuna al momento è disposta a cedere, ad andare incontro all’altra. L’appartamento di Olga si affaccia al terzo piano su Piazza XXIV maggio. Dal suo balconcino si possono ammirare, in fila, uno dietro l’altro, la grande quercia rossa, albero monumentale della città, l’arco di Porta Ticinese, il campanile e la basilica di Sant’Eustorgio. L’albero purtroppo sta morendo, le hanno applicato alcune stampelle per sorreggere i rami, ma dicono che vivrà ancora per pochi anni. È la più grande quercia rossa della città, fino a pochi anni fa ce n’era una più grande soltanto ai giardini Montanelli, a Porta Venezia, ma ora quella è morta. Pare sia stata piantata 125 anni orsono e quindi trapiantata in questa piazza alla fine della Prima guerra mondiale, in ricordo degli alpini che sono morti in guerra. In questa stagione porta le nuove foglie, verde chiaro, ma poi in autunno, prima di lasciarsi cadere, diventano scure, rosso scuro, un melange tra terra di Siena, rame e bordeaux. Per alcuni giorni sono davvero belle, intense, metalliche. Olga è cresciuta visitando le querce rosse della città, le ha amate fin da bambina, suo nonno, il padre della madre, era un amante degli alberi e la portava a conoscerli, uno per uno. Poche persone a Milano conoscono così bene gli alberi come Olga, che ha imparato tutto da nonno Sebastiano. Ogni volta il nonno diceva questo è un platano, Platanus hispanica. Oppure: questo è un olmo nostrano, Ulmus platyphyllos. O ancora: eccoci davanti ad un filare di ippocastani, Aesculus hippocastanum. Ci sono nonni che insegnano le storie della Resistenza, ci sono quelli che ti parlano di tutti gli altri anziani come lui, e ci sono quelli che ti raccontano delle loro passioni, come i francobolli, i treni, il calcio, o gli alberi, per l’appunto.Uno degli alberi che venivano a vedere spesso era proprio la quercia rossa di Piazza XXIV maggio, il nonno aveva conosciuto da ragazzo l’uomo a cui era stata dedicata, l’alpino Giuseppe Capè, figlio di colui che piantò l’albero. Così, nei suoi libri di storie e di favole, Olga ha sempre una foglia di quercia rossa che fa da segnalibro, in alcuni libri, vecchi quasi di vent’anni, ci sono le foglie che suo nonno le aveva regalato o che le sue manine paffute avevano raccolto. È per onorare questa memoria familiare e affettiva che sulla sua larga schiena bianca è incisa un’enorme quercia nera, con queste splendide foglie dai margini dentato-mucronati, ovvero appuntati, come dicono i botanici. Quando gli occhi suoi ammirano le forme del suo corpo, davanti allo specchio, sulle spalle le foglie tatuate sembrano quasi vibrare al soffio che esce dalla sua bocca. Ridendosela, si dice a fior di labbra: Olga, sei un albero, sei una quercia albina.