La prova delle sedute manipolate sui bambini l’ha fornita Foti stesso
- Lo psicologo al centro dello scandalo di Bibbiano presentò un video per mostrare come si rapportava con i minori. Ma è proprio in base a quella registrazione che i pm hanno ipotizzato un nuovo reato
- A parte «Avvenire», tutti nascondono la notizia o non ne parlano. Preferiscono scrivere di orsi inferociti o di Mario Draghi sulla Treccani
Lo speciale contiene due articoli
Le videoregistrazioni di alcune sedute di psicoterapia, che secondo la difesa avrebbero dovuto produrre un inevitabile proscioglimento, sono servite invece a ipotizzare un nuovo reato. È questo il paradosso di Claudio Foti, lo psicologo fondatore della Onlus Hansel e Gretel di Moncalieri e coinvolto nello scandalo dei bambini di Bibbiano.
Per Foti, come per altri 23 indagati nell'inchiesta «Angeli e Demoni», la procura di Reggio Emilia ha appena chiesto il rinvio a giudizio per alcuni presunti illeciti allontanamenti di minori dalle famiglie. Foti era finito agli arresti domiciliari il 27 giugno 2019 per l'accusa di frode processuale e di concorso in abuso d'ufficio. Ma nelle carte dell'accusa, mentre il procedimento ora si muove verso l'udienza che dal 30 ottobre deciderà sui rinvii a giudizio, per Foti compare una terza ipotesi di reato. I nuovi articoli del Codice penale cui gli inquirenti fanno riferimento sono due, il 582 e il 583: cioè le lesioni personali (da sei mesi a tre anni di reclusione) per di più aggravate, e le lesioni personali gravi (da tre a sette anni di reclusione). Perché spuntano le nuove accuse? La scorsa estate, per dimostrare che a Bibbiano e dintorni Foti non aveva affatto sottoposto i suoi piccoli pazienti a sedute suggestive o condizionanti, l'avvocato dello psicologo, Andrea Coffari, ne aveva depositato in tribunale le videoregistrazioni. E aveva dichiarato: «Ora hanno i video forniti da noi spontaneamente, e se lo accusano allora tutti gli psicologi dovrebbero aspettarsi un avviso di garanzia». Per il pubblico ministero Valentina Salvi quei video al contrario si sono trasformati in nuovo strumento di accusa. In quella che gli inquirenti definiscono «prova tecnica». Quando l'inchiesta era ancora segreta, infatti, i carabinieri avevano intercettato una seduta avvenuta il 27 ottobre 2018. Quel giorno, Foti aveva incontrato V. S., una paziente adolescente, per fare emergere un abuso sessuale seppellito nella sua memoria di bambina. Lo psicologo aveva impiegato l'Emdr, la «macchinetta dei ricordi»: lo strumento elettronico che gli psicologi della Onlus utilizzavano per fare emergere ricordi cancellati. «Con tali modalità», aveva stabilito un anno fa il giudice nell'ordinanza di custodia cautelare per Foti, «l'indagato convinceva la minore dell'avvenuta commissione di abusi ai suoi danni durante l'infanzia, una circostanza fino a quel momento non presente nei suoi ricordi, e che l'abusante fosse suo padre».
Nel dicembre 2018, poi, la giovane V. S. era stata interrogata dal Pm Salvi. E le aveva detto che al termine della terapia s'era convinta «non ho idea di come, che l'autore delle violenze di cui mi si era parlato era mio padre». V. S. aveva però escluso con forza di essere mai stata abusata da lui, o picchiata, o minacciata. Anche la madre di V. S. era stata interrogata: «Mia figlia non mi aveva mai riferito alcuna problematica rispetto al padre» aveva detto. «Dopo la psicoterapia con Foti si era convinta invece di avere subìto abusi sessuali quando era molto piccola, e che la sua memoria aveva rimosso quel ricordo che era venuto fuori grazie alla terapia». Nei racconti della madre, prima delle sedute V. S. era «una ragazza solare ed estroversa». Dopo, invece, era cambiata: «Ha iniziato a fare uso di stupefacenti, è diventata aggressiva e violenta nei miei confronti, e ha iniziato a odiare il padre».
Adesso, nella richiesta di rinvio a giudizio, si legge che Foti avrebbe provocato a V. S. «un disturbo di personalità border-line e un disturbo depressivo con ansia». Grazie ai video forniti da Coffari, insomma, l'accusa e i suoi consulenti tecnici avrebbero ottenuto la prova che Foti abbia sottoposto V. S. «a serrate sedute di psicoterapia svolte con modalità aggressive e suggerenti, con la voluta formulazione di domande sul tema dell'abuso sessuale e ingenerando in capo alla minore il convincimento di essere stata abusata sessualmente dal padre e dal suo socio». Questo avrebbe convinto V. S. che «eventuali incontri con il padre» avrebbero riprodotto la sudditanza psicologica. Così Foti avrebbe «radicato in lei un netto rifiuto a incontrare il padre e provocato la prolungata assenza della figura paterna nell'intero periodo adolescenziale».
Quello dei video non è il solo paradosso di «Angeli e Demoni». Un altro riguarda la Regione Emilia-Romagna, che nell'autunno 2019 aveva istituito una commissione tecnica sui fatti di Bibbiano. Il presidente di quella commissione, lo psichiatra Giuliano Limonta, aveva sminuito il caso definendolo «un raffreddore». Anche la commissione politica d'inchiesta su Bibbiano, poi creata dalla Regione, non aveva prodotto grandi risultati. Era parso, al contrario, che il suo obiettivo fosse minimizzare. Forse perché erano vicine le elezioni regionali, e il governatore Stefano Bonaccini, del Pd, doveva difendersi dal centrodestra. Oggi, leggendo le 74 pagine della richiesta di rinvio a giudizio firmate dal Pm Salvi, si scopre che tra le 48 «persone offese», la numero 34 è proprio la Regione Emilia-Romagna, «in persona del suo presidente pro-tempore». Cioè Bonaccini.
I giornali fanno finta che in Val d’Enza non sia successo nulla
Chissà cos'é successo in Val d'Enza. Si sarà inquinato il lago Paduli o un nonno camminatore si sarà perso cercando la lapide del Petrarca. Difficile che sia accaduto qualcosa di più febbrile e urgente per la cronaca, per esempio la richiesta di rinvio a giudizio di 24 persone dello scandalo Bibbiano. «Nessuna novità». Con lo stesso definitivo disinteresse con cui gli appuntati una vita fa liquidavano i giovani cronisti durante i giri di nera, i media italiani hanno rassicurato i lettori sulla vicenda più torbida, misteriosa e feroce degli ultimi anni: l'inchiesta Angeli e Demoni.
Solo La Verità e Avvenire ieri avevano la notizia in prima pagina, gli altri hanno fatto a gara a chi la nascondeva meglio. Strano perché fra i gentiluomini per i quali i pm chiedono il processo c'è il famoso sindaco del Pd, Andrea Carletti, sul quale l'intero mondo politico di sinistra aveva fatto indignate barricate a difesa, dal vivo e sui social. Il Corriere della Sera propone un cassettone a pagina 23 (ed è il giornale mainstream più equilibrato) perché prima, fra Emilio Fede agli arresti, Mario Draghi sull'enciclopedia Treccani e il ritorno del mite Caldoro, per uno degli scandali sociali più terribili degli ultimi anni sulla pelle dei bambini non aveva proprio spazio. Anche il Fatto Quotidiano pubblica la notizia, ma in un colonnino a pagina 13 nonostante il tema fosse un cavallo di battaglia fino all'estate scorsa. Il Messaggero dedica 24 righe a pagina 15 (una per presunto imputato) e sul resto della stampa scende il velo del silenzio.
La Repubblica e La Stampa prendono volentieri il buco. Zero, in Val d'Enza (Reggio Emilia) si torna solo quando ci saranno i funghi. Fra le notizie spiegate bene con premio settimanale del direttore non c'è posto per un argomento che aveva tenuto banco per mesi anche in parlamento. A tal punto che la maglietta della deputata leghista Lucia Borgonzoni («Parliamo di Bibbiano») l'ha accompagnata neanche fosse una indelebile macchia istituzionale durante tutta la campagna elettorale in Emilia Romagna. A sentire il silenzio delle rotative, la signora non aveva tutti i torti. Children's Lives Matter? Non scherziamo. Fossero bambini aborigeni o migranti avrebbero l'onore della foto di prima. In questo caso a Largo Fochetti si è deciso che una paginata dedicata a una lotta ancestrale («A mani nude contro l'orso») fosse più in linea con le sensibilità della casa.
I flebili sussurri mediatici sono comunque un forte indicatore. L'imbarazzo del Pd per la vicenda rimane molto forte e se il 30 ottobre davanti al gip dovesse esserci il rinvio a giudizio si aprirebbe una stagione da trincea che tocca un caposaldo veteroprogressista come l'uso (talvolta sbrigativo) dei servizi sociali in sostituzione delle famiglie. In tutto questo si nota un'altra assenza, come se da un'orchestra jazz avessero rubato nottetempo il trombone: il Movimento 5 stelle ha smesso di parlare di Bibbiano. Nessun commento, nessuna critica, tutti in siesta.
È quasi comica la coincidenza temporale con cui l'editore Fazi annuncia che non ci sarà il libro di Alessandro Di Battista sullo scottante tema. Era stato annunciato da Dibba nel luglio di un anno fa (con un altro partner di governo, contro il «partito di Bibbiano») come una bomba editoriale da gustare. Aveva detto il caudillo grillino: «Ci è sembrato doveroso approfondire questo scandalo anche perché abbiamo registrato un silenzio assordante da parte del 90% del sistema mediatico nazionale. Tuttavia il libro sull'inferno di Bibbiano sarà solo l'inizio». Da oggi il silenzio avvolge anche lui. Non avrà trovato un car sharing per andare in Val d'Enza.





