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2020-10-27
La protesta dilaga, il governo bara sui soldi
Ansa
René Magritte avrebbe avuto di che dipingere osservando le mosse e le strategie economiche di questo governo. La sintesi è quasi sempre la stessa: cioè che i giallorossi non sono certi neppure delle loro incertezze. Ieri mattina, il viceministro dell'Economia, Laura Castelli, annunciando il Consiglio dei ministri che oggi dovrà approvare il decreto Ristoro a favore di baristi, ristoratori e titolari degli altri esercizi costretti a chiudere alle 18, ha tenuto a specificare che le somme erogate sui conti correnti saranno il doppio del mancato fatturato. Verrebbe da dire: corretto. Il decreto, infatti, lo si vuol chiamare Ristoro. Non a caso. Se il governo obbliga a chiudere deve rimborsare il danno subito. La dichiarazione ha però avuto vita breve. Poco dopo le agenzie stampa si sono magicamente corrette e hanno riportato nuove dichiarazioni. «Dal 100% al 200% di quanto, in base al calo del fatturato di aprile 2020, le aziende hanno ottenuto con il fondo perduto del decreto Rilancio, parliamo di queste percentuali. In alcuni casi forse anche superiori», ha poi spiegato meglio la Castelli, aggiungendo che «il ristoro arriverà con un bonifico automatico, direttamente dall'agenzia delle Entrate, entro pochi giorni dall'approvazione del testo, ed è rivolto a tutte quelle attività che, per le disposizioni del dpcm, dovranno chiudere o limitare gli orari di apertura», e specificando che «ci sarà un pacchetto più ampio di aiuti».
È dunque chiaro che il decreto andrebbe chiamato Indennizzi, perché di questo si tratta e non di rimborsi. Chi si trova costretto a chiudere riceverà un nuovo bonus di importo maggiorato fino a tre volte rispetto all'elemosina ricevuta durante il primo lockdown. Non a caso il testo in via di definizione prevede per le erogazioni a fondo perduto non più di 1 miliardo e mezzo a copertura di ottobre e novembre. Le aziende che ne avranno diritto sono circa 350.000. Così il conto è presto fatto. Se si pensa al danno economico causato dallo stop sono briciole, solo in piccola parte compensate dalle altre misure cui faceva ieri cenno la Castelli.
L'obiettivo è di dare il via libera a un provvedimento unico che contenga anche il rifinanziamento della prima tranche di cassa integrazione (la proroga potrebbe essere di sei settimane per arrivare a fine anno o di dieci settimane per arrivare al 31 gennaio, in base alla disponibilità delle risorse) per garantire la copertura alle aziende che finiranno il sussidio a metà novembre. L'allungamento della Cig è però legato al blocco dei licenziamenti, tema che sarà oggetto di uno specifico incontro tra il premier Giuseppe Conte e i leader di Cgil, Cisl e Uil e che potrebbe essere affrontato direttamente in manovra. Tradotto, a finanziare la cassaintegrazione legata alle chiusure imposte dall'ultimo dpcm potrebbe essere destinata una cifra non superiore ai 2 miliardi in attesa di capire che accadrà alla legge finanziaria, che ormai è chiaro a tutti andrà riscritta da capo.
Così, al minimo necessario per la Cig oggi il governo aggiungerà altri fondi per gli affitti e i costi di locazione. «Previsto anche il credito d'imposta degli affitti per due mensilità cedibile al proprietario, lo stop della seconda rata Imu e un'indennità per i lavoratori stagionali, del turismo, dello spettacolo e dello sport». Infine, si vorrebbe aggiungere qualche fondo ulteriore per le famiglie che non hanno accesso a nessuna di queste misure. In pratica, si vuole far tornare il reddito di emergenza, il bonus per i lavoratori stagionali oltre a 600 milioni «per l'acquisto di prodotti di filiere agricole, alimentari e vitivinicole da materia prima italiana a favore degli esercizi di ristorazione» e «500 milioni per gli esercenti dei centri storici che hanno avuto un calo sensibile della presenza turistica».
Con il pallottoliere alla mano il decreto pronto in cottura dovrebbe come minimo contenere una spesa intorno ai 5 miliardi. Ma, visti i precedenti, è molto difficile fare stime. Bisognerà capire la quantità di coperture che verrà sottratta al budget del 2021 e quanto invece sarà legato a nuovo deficit. E quanto si giocherà sulla presa in giro dei crediti d'imposta che rischiano di essere un «voucher» che l'anno prossimo pochi potranno incassare.
Al di là dei meri numeri, il governo non ha spiegato fino a oggi se l'automatismo dei futuri indennizzi valga solo per le aziende che hanno già fatto richiesta la scorsa primavera, mentre per le altre si dovrà avviare dall'inizio la trafila. Il che non è un dettaglio. Farà la differenza tra ricevere i fondi all'inizio di novembre o ampiamente dopo Natale. A oggi ci sono ancora 17.000 lavoratori che aspettano l'assegno della Cig e circa 8 milioni di prestazioni anticipate dalle aziende che dovranno attendere il conguaglio.
D'altronde la filosofia è sempre la stessa e si basa sull'idea di sussidiare sempre e comunque. Il quando è un problema che i giallorossi non sembrano porsi. In questo l'imprinting venezuelano è palese. Basti pensare che solo due capi di governo hanno pensato di giustificare gli interventi anti Covid con la promessa di salvare il Natale. Uno è Conte e l'altro dieci giorni fa è stato Nicolás Maduro. Lui ha annunciato un piano di rilancio del commercio all'insegna del motto «Navidades felices y seguras». Temiamo che l'analogia non finisca qui.
Ristoratori in piazza in tutta Italia. Il governo pensa già al dietrofront
Ormai è chiaro. La seconda ondata è riuscita a bucare il tessuto socioeconomico dell'Italia. Oltre alle terapie intensive sovraffollate, il problema sono le tensioni sociali. Il simbolo del secondo semi lockdown sono senza dubbio bar e ristoranti. La chiusura alle 18 è un sacrificio senza precedenti dopo i mesi bui di marzo e aprile.
«Per la ristorazione è impedita l'attività del servizio principale della giornata, mentre per i bar si tratta di un'ulteriore forte contrazione dell'operatività», spiega Fipe Confcommercio, «La contrarietà si aggiunge alla consapevolezza che non esiste connessione tra la frequentazione dei pubblici esercizi e la diffusione dei contagi. La federazione il prossimo 28 ottobre sarà comunque presente in 21 piazze d'Italia per ribadire i veri valori del settore - economici, sociali, culturali e antropologici - messi in seria discussione dagli effetti della pandemia da Covid-19, che sta mettendo a repentaglio la tenuta economica del settore, l'occupazione (a rischio oltre 350.000 posti di lavoro) e il futuro di oltre 50.000 imprese».
Non appena Giuseppe Conte ha parlato domenica illustrando l'ultimo dpcm, rivolte e manifestazioni di piazza più o meno pacifiche hanno iniziato a vedersi in tutta la penisola. L'unico antidoto a tutto questo sono i fondi previsti dall'esecutivo per le categorie più penalizzate. A fianco dei colleghi meno famosi è sceso in campo anche Massimo Bottura, premiato a più riprese come miglior chef al mondo, con un appello in cui spiega che il settore per sopravvivere ha bisogno «della chiusura serale almeno alle 23. Di liquidità in parametro ai fatturati. Della cassaintegrazione almeno fino alla stabilizzazione del turismo europeo. Della decontribuzione 2021 visto che per il 2020 abbiamo già adempiuto in pieno. Dell'abbassamento dell'aliquota Iva al 4% per il prossimo anno».
«Il governo deve immediatamente intervenire, mettere soldi sul banco, per garantire il pagamento dei costi fissi, un sussidio ai dipendenti che per assurdo si trovano a prendere meno di chi percepisce il reddito di cittadinanza e sono in una situazione vincolata», ha detto ieri Alberto Palella, vice presidente per la Sicilia di Confesercenti, che sta preparando un documento con le richieste degli operatori che farà avere al governo, al presidente della Regione e al sindaco di Messina.
Intanto, nella speranza di sedare gli animi, Conte ha fatto sapere che oggi incontrerà a Palazzo Chigi molte associazioni di professionisti in difficoltà tra cui Confcommercio, Confesercenti, rappresentanti delle associazioni di palestre e piscine e quelle legate al mondo dello spettacolo come Anica, Agis e Anec.
Del resto, la situazione nelle piazze non è semplice. A Roma ieri mattina gli operatori del settore piscine si sono riuniti davanti a Montecitorio al grido di «Noi non molliamo, lo sport è salute!». Due giorni fa c'era stato un ritrovo a piazza Vittorio e un altro con diversi scontri a piazza del Popolo.
Anche a Milano ci sono state manifestazioni. Ieri i proprietari dei locali si sono trovati davanti alla prefettura. Il timore è che, all'interno di manifestazioni pacifiche, si infiltrino professionisti del disordine come i Black bloc, intenzionati a scatenare gli animi come avvenuto a Napoli, dove gli scontri si sono fatti piuttosto violenti. Sempre in Campania, a Salerno, alcuni manifestanti, nella notte di domenica scorsa, si sono recati nel quartiere Carmine dove vive il governatore della regione Vincenzo De Luca. La protesta era nata pacificamente con oltre un centinaio di esercenti intorno alle 23 in piazza Amendola. In via Roma, poi, è stata occupata la carreggiata ed è stato fatto esplodere un grosso petardo.
Tensioni anche a Catania sotto la sede della prefettura. Qui sono state fatte esplodere due bombe carta che non hanno ferito nessuno ma hanno innescato uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine. Più calma la manifestazione di Siracusa, dove un corteo di circa 300 persone ha sfilato nel centro cittadino per arrivare davanti al Comune. Anche a Palermo molti professionisti sono scesi in piazza. La protesta è iniziata domenica 25 a mezzanotte e mezza in modo pacifico. I manifestanti si sono tutti diretti sotto la Regione.
Il numero di manifestazioni spontanee ha interessato moltissimi centri urbani tra cui anche Catanzaro, Bari e Torino dove diversi gestori di palestre si sono riuniti ieri sotto la sede della Regione Piemonte, così come i tassisti. Tra una protesta e l'altra, molti operatori hanno già fatto sapere che, nonostante l'ultimo dpcm, intendono comunque restare aperti e che non pagheranno eventuali sanzioni.
Per venire incontro a questi operatori il sindaco di Sutri (Viterbo), Vittorio Sgarbi, ha fatto sapere che i ristoranti del suo Comune potranno restare aperti fino alle 22 mentre bar e pasticcerie fino alle 20. Si tratta degli stessi orari imposti anche dalla Provincia autonoma di Bolzano.
Infine, secondo indiscrezioni non confermate, si fanno strada alcune voci per cui il governo starebbe già valutando di «mollare la presa» con un nuovo dpcm con cui baristi e ristoratori potranno stare aperti più a lungo.
Gianluca Baldini
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Da Torino a Catania, i lavoratori massacrati dalle chiusure scendono in piazza. Intanto parte il balletto sui risarcimenti: non sarà ristoro completo, ma solo bonus. L'esecutivo spaventato medita il dietrofront. Tassisti, artisti e proprietari di locali protestano. Le frange violente sono la minoranza. Oggi incontro fra l'esecutivo e le associazioni di categoria. Si va verso un allentamento dei limiti orari a breve.Lo speciale contiene due articoli.René Magritte avrebbe avuto di che dipingere osservando le mosse e le strategie economiche di questo governo. La sintesi è quasi sempre la stessa: cioè che i giallorossi non sono certi neppure delle loro incertezze. Ieri mattina, il viceministro dell'Economia, Laura Castelli, annunciando il Consiglio dei ministri che oggi dovrà approvare il decreto Ristoro a favore di baristi, ristoratori e titolari degli altri esercizi costretti a chiudere alle 18, ha tenuto a specificare che le somme erogate sui conti correnti saranno il doppio del mancato fatturato. Verrebbe da dire: corretto. Il decreto, infatti, lo si vuol chiamare Ristoro. Non a caso. Se il governo obbliga a chiudere deve rimborsare il danno subito. La dichiarazione ha però avuto vita breve. Poco dopo le agenzie stampa si sono magicamente corrette e hanno riportato nuove dichiarazioni. «Dal 100% al 200% di quanto, in base al calo del fatturato di aprile 2020, le aziende hanno ottenuto con il fondo perduto del decreto Rilancio, parliamo di queste percentuali. In alcuni casi forse anche superiori», ha poi spiegato meglio la Castelli, aggiungendo che «il ristoro arriverà con un bonifico automatico, direttamente dall'agenzia delle Entrate, entro pochi giorni dall'approvazione del testo, ed è rivolto a tutte quelle attività che, per le disposizioni del dpcm, dovranno chiudere o limitare gli orari di apertura», e specificando che «ci sarà un pacchetto più ampio di aiuti». È dunque chiaro che il decreto andrebbe chiamato Indennizzi, perché di questo si tratta e non di rimborsi. Chi si trova costretto a chiudere riceverà un nuovo bonus di importo maggiorato fino a tre volte rispetto all'elemosina ricevuta durante il primo lockdown. Non a caso il testo in via di definizione prevede per le erogazioni a fondo perduto non più di 1 miliardo e mezzo a copertura di ottobre e novembre. Le aziende che ne avranno diritto sono circa 350.000. Così il conto è presto fatto. Se si pensa al danno economico causato dallo stop sono briciole, solo in piccola parte compensate dalle altre misure cui faceva ieri cenno la Castelli. L'obiettivo è di dare il via libera a un provvedimento unico che contenga anche il rifinanziamento della prima tranche di cassa integrazione (la proroga potrebbe essere di sei settimane per arrivare a fine anno o di dieci settimane per arrivare al 31 gennaio, in base alla disponibilità delle risorse) per garantire la copertura alle aziende che finiranno il sussidio a metà novembre. L'allungamento della Cig è però legato al blocco dei licenziamenti, tema che sarà oggetto di uno specifico incontro tra il premier Giuseppe Conte e i leader di Cgil, Cisl e Uil e che potrebbe essere affrontato direttamente in manovra. Tradotto, a finanziare la cassaintegrazione legata alle chiusure imposte dall'ultimo dpcm potrebbe essere destinata una cifra non superiore ai 2 miliardi in attesa di capire che accadrà alla legge finanziaria, che ormai è chiaro a tutti andrà riscritta da capo. Così, al minimo necessario per la Cig oggi il governo aggiungerà altri fondi per gli affitti e i costi di locazione. «Previsto anche il credito d'imposta degli affitti per due mensilità cedibile al proprietario, lo stop della seconda rata Imu e un'indennità per i lavoratori stagionali, del turismo, dello spettacolo e dello sport». Infine, si vorrebbe aggiungere qualche fondo ulteriore per le famiglie che non hanno accesso a nessuna di queste misure. In pratica, si vuole far tornare il reddito di emergenza, il bonus per i lavoratori stagionali oltre a 600 milioni «per l'acquisto di prodotti di filiere agricole, alimentari e vitivinicole da materia prima italiana a favore degli esercizi di ristorazione» e «500 milioni per gli esercenti dei centri storici che hanno avuto un calo sensibile della presenza turistica». Con il pallottoliere alla mano il decreto pronto in cottura dovrebbe come minimo contenere una spesa intorno ai 5 miliardi. Ma, visti i precedenti, è molto difficile fare stime. Bisognerà capire la quantità di coperture che verrà sottratta al budget del 2021 e quanto invece sarà legato a nuovo deficit. E quanto si giocherà sulla presa in giro dei crediti d'imposta che rischiano di essere un «voucher» che l'anno prossimo pochi potranno incassare. Al di là dei meri numeri, il governo non ha spiegato fino a oggi se l'automatismo dei futuri indennizzi valga solo per le aziende che hanno già fatto richiesta la scorsa primavera, mentre per le altre si dovrà avviare dall'inizio la trafila. Il che non è un dettaglio. Farà la differenza tra ricevere i fondi all'inizio di novembre o ampiamente dopo Natale. A oggi ci sono ancora 17.000 lavoratori che aspettano l'assegno della Cig e circa 8 milioni di prestazioni anticipate dalle aziende che dovranno attendere il conguaglio. D'altronde la filosofia è sempre la stessa e si basa sull'idea di sussidiare sempre e comunque. Il quando è un problema che i giallorossi non sembrano porsi. In questo l'imprinting venezuelano è palese. Basti pensare che solo due capi di governo hanno pensato di giustificare gli interventi anti Covid con la promessa di salvare il Natale. Uno è Conte e l'altro dieci giorni fa è stato Nicolás Maduro. Lui ha annunciato un piano di rilancio del commercio all'insegna del motto «Navidades felices y seguras». Temiamo che l'analogia non finisca qui.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-promessa-di-super-ristori-si-rivela-un-annuncio-vuoto-alle-aziende-va-il-solito-bonus-2648504493.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ristoratori-in-piazza-in-tutta-italia-il-governo-pensa-gia-al-dietrofront" data-post-id="2648504493" data-published-at="1603742666" data-use-pagination="False"> Ristoratori in piazza in tutta Italia. Il governo pensa già al dietrofront Ormai è chiaro. La seconda ondata è riuscita a bucare il tessuto socioeconomico dell'Italia. Oltre alle terapie intensive sovraffollate, il problema sono le tensioni sociali. Il simbolo del secondo semi lockdown sono senza dubbio bar e ristoranti. La chiusura alle 18 è un sacrificio senza precedenti dopo i mesi bui di marzo e aprile. «Per la ristorazione è impedita l'attività del servizio principale della giornata, mentre per i bar si tratta di un'ulteriore forte contrazione dell'operatività», spiega Fipe Confcommercio, «La contrarietà si aggiunge alla consapevolezza che non esiste connessione tra la frequentazione dei pubblici esercizi e la diffusione dei contagi. La federazione il prossimo 28 ottobre sarà comunque presente in 21 piazze d'Italia per ribadire i veri valori del settore - economici, sociali, culturali e antropologici - messi in seria discussione dagli effetti della pandemia da Covid-19, che sta mettendo a repentaglio la tenuta economica del settore, l'occupazione (a rischio oltre 350.000 posti di lavoro) e il futuro di oltre 50.000 imprese». Non appena Giuseppe Conte ha parlato domenica illustrando l'ultimo dpcm, rivolte e manifestazioni di piazza più o meno pacifiche hanno iniziato a vedersi in tutta la penisola. L'unico antidoto a tutto questo sono i fondi previsti dall'esecutivo per le categorie più penalizzate. A fianco dei colleghi meno famosi è sceso in campo anche Massimo Bottura, premiato a più riprese come miglior chef al mondo, con un appello in cui spiega che il settore per sopravvivere ha bisogno «della chiusura serale almeno alle 23. Di liquidità in parametro ai fatturati. Della cassaintegrazione almeno fino alla stabilizzazione del turismo europeo. Della decontribuzione 2021 visto che per il 2020 abbiamo già adempiuto in pieno. Dell'abbassamento dell'aliquota Iva al 4% per il prossimo anno». «Il governo deve immediatamente intervenire, mettere soldi sul banco, per garantire il pagamento dei costi fissi, un sussidio ai dipendenti che per assurdo si trovano a prendere meno di chi percepisce il reddito di cittadinanza e sono in una situazione vincolata», ha detto ieri Alberto Palella, vice presidente per la Sicilia di Confesercenti, che sta preparando un documento con le richieste degli operatori che farà avere al governo, al presidente della Regione e al sindaco di Messina. Intanto, nella speranza di sedare gli animi, Conte ha fatto sapere che oggi incontrerà a Palazzo Chigi molte associazioni di professionisti in difficoltà tra cui Confcommercio, Confesercenti, rappresentanti delle associazioni di palestre e piscine e quelle legate al mondo dello spettacolo come Anica, Agis e Anec. Del resto, la situazione nelle piazze non è semplice. A Roma ieri mattina gli operatori del settore piscine si sono riuniti davanti a Montecitorio al grido di «Noi non molliamo, lo sport è salute!». Due giorni fa c'era stato un ritrovo a piazza Vittorio e un altro con diversi scontri a piazza del Popolo. Anche a Milano ci sono state manifestazioni. Ieri i proprietari dei locali si sono trovati davanti alla prefettura. Il timore è che, all'interno di manifestazioni pacifiche, si infiltrino professionisti del disordine come i Black bloc, intenzionati a scatenare gli animi come avvenuto a Napoli, dove gli scontri si sono fatti piuttosto violenti. Sempre in Campania, a Salerno, alcuni manifestanti, nella notte di domenica scorsa, si sono recati nel quartiere Carmine dove vive il governatore della regione Vincenzo De Luca. La protesta era nata pacificamente con oltre un centinaio di esercenti intorno alle 23 in piazza Amendola. In via Roma, poi, è stata occupata la carreggiata ed è stato fatto esplodere un grosso petardo. Tensioni anche a Catania sotto la sede della prefettura. Qui sono state fatte esplodere due bombe carta che non hanno ferito nessuno ma hanno innescato uno scontro tra manifestanti e forze dell'ordine. Più calma la manifestazione di Siracusa, dove un corteo di circa 300 persone ha sfilato nel centro cittadino per arrivare davanti al Comune. Anche a Palermo molti professionisti sono scesi in piazza. La protesta è iniziata domenica 25 a mezzanotte e mezza in modo pacifico. I manifestanti si sono tutti diretti sotto la Regione. Il numero di manifestazioni spontanee ha interessato moltissimi centri urbani tra cui anche Catanzaro, Bari e Torino dove diversi gestori di palestre si sono riuniti ieri sotto la sede della Regione Piemonte, così come i tassisti. Tra una protesta e l'altra, molti operatori hanno già fatto sapere che, nonostante l'ultimo dpcm, intendono comunque restare aperti e che non pagheranno eventuali sanzioni. Per venire incontro a questi operatori il sindaco di Sutri (Viterbo), Vittorio Sgarbi, ha fatto sapere che i ristoranti del suo Comune potranno restare aperti fino alle 22 mentre bar e pasticcerie fino alle 20. Si tratta degli stessi orari imposti anche dalla Provincia autonoma di Bolzano. Infine, secondo indiscrezioni non confermate, si fanno strada alcune voci per cui il governo starebbe già valutando di «mollare la presa» con un nuovo dpcm con cui baristi e ristoratori potranno stare aperti più a lungo. Gianluca Baldini
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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