La Commissione ha presentato uno schema che spiega in dettaglio come vanno spesi i fondi del Recovery plan: chi viene bocciato anche solo in una voce perde diritto a tutto. Di fatto, così Bruxelles ci imporrà l'austerità. E terrà sotto scacco Parlamento e governo.
La Commissione ha presentato uno schema che spiega in dettaglio come vanno spesi i fondi del Recovery plan: chi viene bocciato anche solo in una voce perde diritto a tutto. Di fatto, così Bruxelles ci imporrà l'austerità. E terrà sotto scacco Parlamento e governo. In questi giorni vorremmo essere una mosca libera di volare sia nell'ufficio del ministro Roberto Gualtieri sia in quello della signora Céline Gauer. Il primo non ha bisogno di presentazioni, mentre la seconda guida la task force insediata presso la Commissione Ue per la gestione del Recovery fund. Sembrano proprio rivolti all'Italia molti dei «suggerimenti» che venerdì la Commissione ha ritenuto di pubblicare in una nuova versione delle linee guida già rese note a metà settembre, con l'aggiunta di un bel foglio elettronico contenente uno schema di esposizione dei dettagli dei piani, in modo da renderli omogenei e comparabili. La Commissione ha voluto ribadire quali siano i criteri fondamentali di valutazione dei piani nazionali e, di conseguenza, quali siano le informazioni che essi devono necessariamente contenere. Tutto ciò allo scopo di emettere una inappellabile pagella: per ciascuna delle 11 «materie» (elencate in tabella) oggetto di valutazione ci sarà un voto (A, B o C) e per ben quattro di esse solo il giudizio A consentirà l'ammissibilità dell'intero piano. Inoltre, in nessuna materia è ammesso il voto C, a pena di bocciatura. Stesso esito negativo in caso di giudizi B maggiori di A. Pertinenza, efficacia, efficienza e coerenza: questi sono i capisaldi che identificano i criteri di valutazione.Tra le quattro materie in cui bisogna primeggiare c'è la capacità del piano di affrontare e risolvere - «tutte o una parte significativa» - le criticità poste dalle Raccomandazioni Paese 2020 e 2019 (quelle del taglio alle pensioni e dell'aumento delle tasse sugli immobili, per intenderci). Ma non basta. Il piano dovrà anche spiegare come intende affrontare problemi come la composizione della spesa pubblica e la sostenibilità di lungo termine del debito pubblico. Bisognerà anche fare i conti con le raccomandazioni derivanti dall'applicazione del famigerato Regolamento 1176/2011 (uno dei sei del «six pack»). Si tratta infatti del regolamento che disciplina la procedura per gli squilibri eccessivi. Esso prevede un meccanismo di allerta a cui può seguire un esame approfondito che può sfociare in raccomandazioni preventive e dare quindi luogo a una procedura per squilibri eccessivi. Ciò significa obbligare lo Stato membro ad adottare un piano di misure correttive da sottoporre alla valutazione e al monitoraggio del Consiglio, con annesse missioni di sorveglianza. In una parola: il sogno proibito per gli euroburocrati di Bruxelles che per anni hanno tentato di infilare l'Italia in quel tunnel. Ora gli viene servito su un piatto d'argento come condizione essenziale per l'approvazione del Recovery plan. Le linee guida specificano che attualmente ci sono 12 Stati membri (tra cui l'Italia) sotto esame approfondito, e proprio essi devono accuratamente spiegare come il piano risolverà i problemi ivi evidenziati. Naturalmente parliamo del rapporto debito/Pil. Da notare che non esistono mezze misure. Chi è bocciato perde tutti i sussidi e i finanziamenti.Se qualcuno si fosse illuso che, superato questo percorso di guerra, il nostro Paese potesse dedicarsi all'esecuzione degli investimenti - di cui, ribadiamolo, abbiamo disperatamente bisogno, ma a condizioni non draconiane - si sbaglia di grosso. Infatti, le linee guida prevedono che per ciascuna componente di investimento o di riforma bisogna fissare traguardi di tipo qualitativo e obiettivi quantitativi (impatto sul Pil, sull'occupazione e sul bilancio pubblico). Quando, due volte l'anno, sarà possibile richiedere i pagamenti, la Commissione farà partire un altro giro di giostra simile a quello fin qui illustrato. Nuovo giro, nuove pagelle. Essa dovrà infatti fare una valutazione preventiva e chiedere poi un parere al Comitato economico finanziario, da rendersi entro quattro settimane, sull'effettivo raggiungimento di traguardi e obiettivi. Se non ci fosse unanimità, la questione verrebbe rimessa al successivo Consiglio europeo e i pagamenti sarebbero sospesi, fino a quando tale organo non avrà discusso «in modo esaustivo» il problema. Tutto ciò non dovrebbe durare più di tre mesi dal momento della richiesta del parere al Comitato. Peccato che si tratti di una durata «in linea di massima», nonostante Gualtieri abbia sostenuto pubblicamente il contrario. Ma carta canta.Il piano deve infine garantire un'adeguata capacità di implementazione e monitoraggio con tanto di cronoprogramma per ciascuna componente. E, a tal fine, richiede che un'«apposita struttura» abbia proprio questi specifici compiti, in particolare quello del controllo del raggiungimento dei traguardi e degli obiettivi.Questo spazza via impietosamente tutto l'inutile discutere di questi mesi in Italia. La Ue da un lato praticamente ci impone sotto dettatura la linea politica del piano, esautorando di fatto il Parlamento, dall'altro ci detta anche i termini della gestione amministrativa. Con il Recovery plan l'Italia rischia di perdere definitivamente il sia pur minimo spazio di agibilità di politica economica.
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