2022-03-12
La modella ucraina invoca la diplomazia: «Non si può lottare fino all’ultimo uomo»
Daria Dereviankina (Instagram)
Daria Dereviankina vive in Italia da due anni, ma non scorda la sua patria: «Non spingiamo al fronte i civili, servono accordi».«Non si può combattere fino all’ultimo ucraino, non si può». Quando Daria Dereviankina vede scorrere sugli schermi le immagini dell’Ucraina bombardata trattiene le lacrime con grande dignità. Modella, molto seguita su Instagram (@dasha.kina), ha sposato l’attore e modello comasco Stefano Sala e ormai vive in Italia da due anni e mezzo. La sua famiglia però è ancora in patria, a Donetsk. «Io sono nata e cresciuta lì», racconta, «e come sapete in quella zona la guerra dura ormai da otto anni. Io a un certo punto, dopo che è scoppiato il conflitto, mi sono trasferita a Kiev ma i miei genitori stanno ancora lì». Comprensibile, dunque, che a Daria non piaccia l’idea di mandare i civili armi in pugno ad affrontare i russi come ha invitato a fare il presidente ucraino Volodimir Zelensky. Questo non significa che approvi l’attacco russo, o che sia favorevole a chissà quale umiliazione per la bandiera gialla e azzurra. Semplicemente, pensa che le strade da percorrere siano diverse da quelle imboccate nelle ultime settimane. «Zelensky è diventato un eroe nazionale e forse anche internazionale ma mi sembra che da parte sua ci sia anche una parte di finto eroismo», dice, «lui con parole forti sta spingendo civili che non hanno mai tenuto in mano un’arma prima o fatto il militare ad andare a combattere contro i militari russi, che sono stati addestrati a fare la guerra. Significa che sta mandando queste persone a morire». Daria dimostra un certo coraggio nel seguire una linea diversa da quella ovunque dominante, e le ha fatto anche - con molto garbo - nello studio di Dritto e rovescio di Paolo Del Debbio. Parlando con La Verità ripete convinta: «Secondo me non è giusto che un civile vada a combattere contro una forza militare», e risulta evidente che non sia pronta a condividere l’entusiasmo con cui molti politici italiani hanno sostenuto l’invio di armi nel suo Paese. Una mossa che non sembra finora aver portato grandi risultati, a prescindere dalle dichiarazioni fiammanti. «Putin non mi sembra uno intenzionato a perdere», continua Daria. «Aveva i suoi motivi per portare avanti questa guerra, inspiegabili o no che siano, ma adesso purtroppo ne ha anche uno in più: non può perdere, altrimenti farà vedere a tutto il mondo che la Russia è debole. Non lo accetterà mai, andrà avanti fino a quando non otterrà quello che vuole o esaurirà la sua forza militare. Significa che tutto questo può andare avanti ancora tanto, tanto tempo. Dunque io credo che l’unica cosa da fare sia risolvere la questione con compromessi o accordi». Non è facile esprimere posizioni di questo tipo, e Daria non lo fa a cuor leggero. La sua è una professione di realismo, unita al desiderio profondo di fare cessare le ostilità. «Dobbiamo capire che la Russia potrebbe distruggere l’Ucraina in un giorno e non sta usando tutta la sua forza perché vuole ottenere qualcosa, e non si fermerà fino a quando non otterrà quello che vuole. Non so quanto tempo potrà resistere l’Ucraina. Le forze delle persone normali non sono infinite. Le forze psicologiche già stanno arrivando al limite, e per questo prego che tutto si risolva il prima possibile. Il risultato di questa guerra non è nelle mani del popolo ma di quattro politici». Purtroppo, però, è soprattutto il popolo a pagarne le conseguenze. Non soltanto perché deve mettere in gioco la propria vita, ma anche perché all’interno della nazione sembra che si possano aprire delle ferite dolorose. «Dentro al popolo sta succedendo una cosa incredibile: gli ucraini si scontrano tra loro», ci spiega Daria. «Quelli che sono rimasti a combattere sono molto arrabbiati con quelli che sono andati via, li accusano di non avere coraggio. Per questo uomini che stavano cercando di andare via per stare con la propria famiglia e con i figli si sentono in colpa, si sentono uomini... piccoli. È quello che dicevo prima: l’eroismo si mescola alla propaganda, ci sono uomini che vanno a combattere per non sentirsi inferiori. Persone che non vorrebbero partecipare a questa guerra ma non vogliono essere giudicate male dagli altri e quindi rimangono lì a combattere. Ecco perché l’unico modo di fare finire tutto questo è che i politici trovino un compromesso». Continuare a insistere con la retorica della «gloriosa resistenza ucraina» potrà anche entusiasmare qualche guerrafondaio da tinello di casa nostra, ma non sembra che abbia consentito di incamminarsi sulla via del compromesso portando alla conclusione del conflitto. In queste condizioni, appare piuttosto ipocrita invocare la lotta senza tregua quando sono altri a rischiare. Forse, a parte la propaganda di guerra, sarebbe il caso di ascoltare anche la voce di chi, come Daria, ripete: «Non si può combattere fino all’ultimo ucraino, non si può».
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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