2025-10-30
La Meloni butta i giudici giù dal ponte
Giorgia Meloni (Getty images)
Premier durissimo: «Ennesimo, intollerabile atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del governo e del Parlamento». Poi l’irrisione: «Sembra ignorino l’esistenza dei computer». Matteo Salvini: «Scelta politica, un grave danno per il Paese. Ma andiamo avanti».«La scelta della norma non compete all’Associazione magistrati ma al Parlamento». Chi l’ha detto? Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, rivendicando il primato della politica chiamata a varare la riforma della Giustizia? No, l’ex gip di Mani pulite, con cui il Cipess, il comitato per la programmazione economica, ha autorizzato l’opera. Vedremo prossimamente nel dettaglio con quali argomenti i magistrati hanno detto no, tuttavia anche a caldo è possibile qualche considerazione sul ruolo di chi ha il compito di vigilare sulla spesa pubblica. Non voglio rifarmi a ciò che è accaduto nel lontano passato, ossia quando i governi hanno distribuito soldi a destra e a manca, creando quell’enorme debito che grava sulla testa di ogni italiano, comprese le generazioni future, quelle ancora non venute al mondo. Dov’erano gli occhiuti guardiani della spesa statale? Come hanno fatto a non accorgersi delle leggi con cui si consentiva a gente non ancora quarantenne di andare in pensione a carico dei contribuenti? Dov’erano quando, anno dopo anno, si rifinanziava Alitalia e si pagavano gli ammortizzatori sociali a decine di migliaia di persone? Possibile che gli inflessibili ragionieri con la toga non si siano resi conto di ciò che stava accadendo alla finanza pubblica? Possibile che non si rendessero conto che gli 80 euro di Matteo Renzi non avevano alcuna copertura, ma erano nuovo debito che qualcuno prima o poi avrebbe dovuto pagare? All’epoca mi pare che, nonostante fosse nota la ricaduta sulla contabilità nazionale, se ne siano stati zitti. Qualcuno potrebbe obiettare che queste sono faccende lontane nel tempo, che risalgono a un periodo in cui non c’era la massima attenzione sull’equilibrio dei conti e l’Italia non aveva ancora ceduto a Bruxelles l’autorità di fare le pulci alla spesa. Vero. Tuttavia, c’è uno spreco più recente che si è compiuto sotto gli occhi dei giudici contabili senza che questi sentissero il bisogno di dire qualche cosa. Quando il governo Conte varò la madre di tutti gli sprechi, ossia il Superbonus del 110%, operazione che ha svuotato le casse dello Stato indebitando ancor più il Paese, dov’era la Corte dei conti? Eppure si è finanziata a spese dei contribuenti la ristrutturazione di alcune centinaia di migliaia di case e si sono alimentate decine di migliaia di truffe. Ma i magistrati contabili non si sono opposti e nemmeno hanno accusato il governo, all’epoca presieduto da Giuseppe Conte, di aver procurato un danno al bilancio dello Stato. Nonostante fosse evidente che non poteva esserci alcuna convenienza nel finanziare con il 110% una ristrutturazione che sarebbe costata 100, regalando dunque ai proprietari di case più soldi di quanti ne avessero spesi, la Corte rimase muta, assistendo senza fiatare all’assalto alla diligenza anche da parte di aziende legate alla malavita.Ha ragione la presidente del Consiglio a dire che la miglior risposta alla sentenza dei magistrati contabili è la riforma della giustizia. Le toghe non si possono sostituire al potere esecutivo. I magistrati sono servitori dello Stato, ma non sono lo Stato. Tocca al governo decidere quali opere pubbliche realizzare, non a un ragioniere con la toga.
Francesca Albanese (Ansa)
Emanuele Fiano (Getty Images)
Emanuele Fiano (Imagoeconomica)