2018-08-13
La May chiama Conte e cerca un alleato per la «sua» Brexit
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Il premier britannico ha telefonato all'omologo italiano senza darne notizia ai media, dopo aver incontrato il francese Emmanuel Macron. Si è parlato anche di cooperazione in materia di difesa con la sponda Usa. È la nuova strategia di Londra: contatti bilaterali con i leader Ue per cercare intese con i singoli Stati membri e superare il muro di Bruxelles nei negoziati. Si è messa in moto pure la rete diplomatica a Roma.Un primo approccio, l'hanno definito negli ambienti britannici. Come rivelato da Alberto Nardelli, Europe editor della testata online Buzzfeed, e confermato alla Verità da fonti di Palazzo Chigi, il premier britannico, Theresa May, e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, hanno avuto una conversazione telefonica giovedì scorso. In precedenza, i due si erano sentiti all'ingresso di Conte a Palazzo Chigi il 3 giugno scorso per poi vedersi pochi giorni dopo al G7 di Charlevoix, in Canada. Ma sembra essere stato il colloquio telefonico di giovedì quello più denso di contenuti.A incuriosire Nardelli e diversi analisti della Brexit è stata l'assenza sul sito Web del governo britannico di notizie in merito alla chiacchierata. I giornalisti che seguono il numero 10 di Downing Street non hanno neppure ricevuto alert via mail, come d'uso in questi casi e come fatto dall'ufficio del primo ministro per le telefonate con il presidente colombiano, Andrés Manuel López Obrador, e quello messicano, Iván Duque, del 9 agosto, il giorno prima del colloquio con Conte. Non stupisce però che, mentre è stata data pubblicità alle conversazioni con leader oltreoceano, quella con il capo dell'esecutivo di un Paese dell'Unione europea sia stata taciuta. E, ha rivelato Nardelli, quella con Conte non sembra essere stata l'unica telefonata recente della May a leader europei di cui il governo di Londra non ha dato notizia.Theresa May sembra quindi aver scelto la strada bilaterale per superare le due proposte sulle Brexit avanzate da Michel Barnier, caponegoziatore dell'Ue, che non soddisfano Londra. Il governo britannico, infatti, non pare disposto ad accettare né l'ipotesi dell'accordo di libero scambio (Fta) sul modello dell'intesa Ue-Canada, che avrebbe tempi lunghi per la negoziazione e rischierebbe di privilegiare i beni (principale fonte di export dei Paesi Ue nel Regno Unito) lasciando fuori i servizi (principale «merce» venduta dai britannici al continente); né quella dell'accordo sulla base dello Spazio economico europeo (Eea) su modello norvegese, che terrebbe Londra troppo legata - cioè, direbbero i sovranisti d'oltremanica, assoggettata - alle leggi comunitarie in materia di libera circolazione delle persone.Fonti di entrambi i governi confermano alla Verità che nei suoi giorni di vacanza a fine luglio sul lago di Garda, Theresa May non ha avuto incontri con rappresentati dell'esecutivo italiano. Quelle vacanze, però, furono interrotte da un invito del presidente francese, Emmanuel Macron, per un vertice «cordiale» a Fort Bregançon, la residenza mediterranea dei leader dell'Eliseo. Sembra infatti essere nata recentemente l'idea di Londra di cercare intese bilaterali per superare le proposte di Barnier, visti anche visti i tempi stretti e le difficoltà a dialogare con l'Ue a 27. Prima il vertice con Macron, poi le telefonate con Conte e altri leader europei, i cui nomi però rimangono avvolti nell'oscurità. Con Conte, raccontano fonti italiane, la May ha parlato di Brexit facendo leva sul settore della Difesa, tema già al centro dell'incontro un mese fa tra il nostro ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, e l'ambasciatore britannico in Italia, Jill Morris. In questo ambito, infatti, i legami tra i due Paesi sono molto forti, a partire dagli interessi di Leonardo nel Regno Unito fino al nuovo asse che lega Washington, Londra e Roma nel progetto del nuovo caccia britannico Tempest. L'obiettivo della May è chiaro: evitare il «no deal» che susciterebbe ulteriori preoccupazioni sui mercati e gli investitori e ottenere, attraverso i colloqui bilaterali, un ammorbidimento della linea dell'Ue sui negoziati per poter riprendere il controllo sull'immigrazione ma rimanere partner centrale negli scambi commerciali europei.La prima fase di negoziati è agli sgoccioli: il 29 marzo 2019 sarà l'ultimo giorno del Regno Unito nell'Unione europea, i cui leader chiedono un accordo entro novembre. Anche se Londra e Bruxelles hanno già raggiunto l'intesa su un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020, serve trovare una soluzione al divorzio. La May ha spesso detto che «serve creatività» visto il rapporto speciale ed unico che lega Regno Unito e Unione europea. Ma questa creatività ha due problemi. Il primo: non sembra aver ancora convinto i leader europei che, impegnati nella formulazione di proposte per la riforma dell'Ue, non vogliono cedere sull'indissolubilità delle quattro libertà dello Spazio economico europea (libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali) davanti alle richieste di chi ha deciso di abbandonare il progetto comunitario. Il secondo: quando la «creatività» della May si è trasformata in una proposta il suo governo si è ribellato. È stato il caso degli accordi dei Chequers di un mese fa: festeggiati dal premier come simbolo della ritrovata unità del governo, dopo pochissime ore hanno innescato una crisi di governo, con gli addii di pesi massimi come David Davis, ministro per la Brexit, e Boris Johnson, ministro degli Esteri, che ha rischiato di far affondare l'interno governo May. La ragione dei ribelli: gli accordi dei Chequers sono troppo deboli e la Brexit che ne risulterebbe sarebbe una «soft Brexit», un tradimento, secondo loro, delle richieste del popolo britannico.Londra è pronta a sparare altre cartucce per raggiungere un accordo sulla Brexit, oltre ai bilaterali del suo primo ministro. E sempre sull'asse che porta a Roma, è sufficiente guardare agli sforzi dell'ambasciata guidata da Jill Morris. Non c'è soltanto la Brexit delle merci, ma anche quella delle persone. Così, la rappresentata ha deciso di aprire un canale, UKinItaly, sulla piattaforma di podcast Spreaker per raccontare il successo degli italiani nel Regno Unito (sono circa 600.000). Al microfono del portavoce della sede diplomatica, Pierluigi Puglia, si sono alternativi imprenditori, professionisti, giornalisti, ricercatori e scienziati che hanno raccontato con la loro voce il successo conquistato oltremanica. Tra questi Deborah Bonetti, la prima giornalista non britannica a dirigere la storica associazione della stampa estera di Londra, la Foreign press association, e l'imprenditrice Sabrina Corbo. Perché, come ripete spesso l'ambasciatore Morris, Londra con la Brexit esce dall'Ue ma non dall'Europa. Non rimane che vedere se questo gioco di sponde darà i suoi frutti.
Laura Boldrini e Nancy Pelosi (Ansa)
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