
Oggi in agenda la fiducia a Palazzo Madama, dove la tenuta si regge su fragili equilibri. Decisivo l'orientamento di Fratelli d'Italia. Domani tocca, senza problemi, alla Camera.Adesso che la crisi politica più lunga della storia repubblicana è terminata il Parlamento può iniziare concretamente a lavorare dopo 3 mesi di estenuanti trattative. Oggi al Senato è in agenda il voto di fiducia al governo Conte. Nella prassi è previsto che il premier si rechi prima a Palazzo Madama - dove è atteso per le 12 - per esporre il programma di governo. Subito dopo raggiungerà la Camera per consegnare il programma. Quindi tornerà alle 14,30 in Senato dove si consumerà la discussione sul «contratto» firmato da M5s e Lega illustrato dal presidente del Consiglio. Il voto di fiducia è previsto per questa sera, mentre a Montecitorio si dovrà attendere fino a domani. Nella Camera Alta il nuovo governo può contare teoricamente su 167 voti certi, appena 6 in più rispetto alla maggioranza assoluta. Si tratta dei 58 senatori della Lega e dei i 109 del Movimento 5 stelle. A questi potrebbero aggiungersi (ma il condizionale è d'obbligo) altri 4 voti: 2 dagli ex pentastellati Maurizio Buccarella e Carlo Martelli e 2 dagli esponenti del Maie Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario, che dopo le consultazioni con Conte avrebbero manifestato la volontà di sostenere il nuovo esecutivo.In ogni caso, per la tenuta di maggioranza che al Senato si regge su fragili equilibri, sarà decisivo l'orientamento di Fratelli d'Italia, con i suoi 18 rappresentanti. I meloniani hanno già fatto sapere che oggi si asterranno durante la fiducia. Tuttavia da qui in avanti i loro voti potrebbero diventare determinanti per tirare fuori dalle secche il governo, soprattutto su alcuni provvedimenti giudicati «a rischio» per la compagine gialloblù. Tra l'altro è importante sottolineare come a Palazzo Madama, dopo la modifica del regolamento, il voto di astensione conterà ai soli fini del numero legale e non potrà essere più considerato sostanzialmente equivalente al voto contrario. Durante la conferenza dei capigruppo di ieri, gli emissari di Giorgia Meloni hanno chiesto maggiori lumi su quest'aspetto. Se infatti il gruppo di Fratelli d'Italia venisse riconosciuto come forza di opposizione potrebbe concorrere alla presidenza delle commissioni di garanzia che per prassi spettano ai gruppi che non fanno parte della maggioranza.Scenario diverso, invece, alla Camera dove il governo può fare affidamento su una maggioranza più robusta, con 346 voti (222 deputati M5s e 124 esponenti del Carroccio). Sono 30, quindi, i voti di scarto rispetto alla maggioranza assoluta di 316. Anche qui i consensi potrebbero aumentare, sempre grazie ad alcuni deputati ex grillini e ad alcuni componenti del gruppo Misto. Fdi anche qui dovrebbe astenersi, mentre Forza Italia, Leu e Pd hanno annunciato voto contrario.La partita delle commissioni, al contrario, non dovrebbe aprirsi subito dopo il voto di fiducia del Parlamento al governo. Presumibilmente sarà affrontata la prossima settimana, quando dovrebbe essere in calendario anche il voto sul Def, comunque una volta definita la griglia dei sottosegretari. I gruppi dovranno indicarne i rispettivi componenti. Resta in capo a quest'ultimi, poi, il compito di eleggere presidente e ufficio di presidenza di ciascuna commissione. Non ci sarà occasione per rifiatare: il primo impegno internazionale per Giuseppe Conte è fissato per venerdì e sabato prossimi, con il G7 che si terrà a La Malbaie, in Canada.
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