2018-05-24
La lezione del Dalai Lama ai giovani: «Serve meno religione ma più Ue»
Il leader buddista tibetano pubblica un libro in cui si dichiara discepolo della rivoluzione francese e di Karl Marx, esalta i burocrati di Bruxelles, invita a sgretolare i confini degli Stati. E spiega: «Le grandi fedi hanno fallito».Per molti occidentali che volgono lo sguardo verso Oriente alla disperata ricerca di un po' di «spiritualità», come si usa dire, il Dalai Lama è una figura di culto. Tenzin Gyatso (questo il suo vero nome), massima autorità temporale e religiosa del Tibet, è considerato un santo, il portatore di un pensiero profondo e denso di significato, un maestro capace di illuminare il difficile cammino di scoperta del sacro. Leggendo il suo ultimo libro, tuttavia, si capiscono bene le ragioni del suo enorme successo: il messaggio del Dalai Lama, in realtà, non è affatto un'alternativa «spirituale» alla modernità opprimente, non è una porta aperta sul sacro, tutt'altro. È, piuttosto, un concentrato dei luoghi comuni della contemporaneità, un'ideologia soffice e malleabile che distilla tutte le banalità zuccherose già ampiamente veicolate dai film hollywoodiani e da altre melensaggini di ugual fatta. Il nuovo scritto di Gyatso è una sorta di lettera aperta ai giovani intitolata Ribellatevi! (Garzanti). Che originalità: è dal 1968 che la «ribellione» è divenuta un fenomeno di massa. Nata a sinistra come tentativo di distruggere ogni forma di autorità, è diventata il grimaldello con il cui il neoliberismo imperante ha distrutto tutte le forme del vivere comune al fine di creare un essere umano neutro e disponibile. Del resto, come ha scritto il sociologo britannico Colin Crouch, «non c'è quasi nulla che le imprese capitaliste non possano imitare, catturare, produrre in serie e alla fine monopolizzare, inclusa la stessa ribellione». Non è un caso che il libro del Dalai Lama cavalchi l'onda di questo individualismo spinto che liquefa nazioni, individui e culture. Il suo miscuglio di pacifismo, ecologismo all'acqua di rose e buoni sentimenti è utilissimo a legittimare lo status quo. Che cosa dice il nostro ai giovani che dovrebbero «ribellarsi»? Beh, per esempio spiega che essi dovrebbero considerare l'Unione europea un «modello di pace per il mondo». «Come sapete», scrive Gyatso, «in tutto il mondo esistono già numerose organizzazioni regionali improntate sul modello europeo. Fatele progredire verso una forma di integrazione più profonda, al fine di minimizzare i rischi di un conflitto e di promuovere quei valori democratici e quelle libertà fondamentali calpestati nelle aree di illegalità diffuse in tutti i continenti. Vi invito dunque a estendere lo spirito dell'Unione europea ovunque nel mondo». Non bastavano Jean Claude Juncker e simili, ci voleva pure la lezioncina del Dalai Lama su quanto sia bella l'Ue... E non è finita, perché il caro leader spirituale invita pure ad «abbattere i muri»: «I muri dell'egoismo, i muri del ripiegamento identitario, dell'individualismo [...]. Tutto ciò che divide appartiene al passato». Chiarissimo, no? Le nazioni sono divisive, dunque vanno abbattute, assieme all'anima delle persone che le abitano e alle culture di cui esse sono espressione. È l'esatto programma dell'Ue, oltre che del turbocapitalismo macilento dei nostri tempi. Quindi i ragazzi non devono «ribellarsi», bensì accettare in toto i diktat del sistema che distrugge i popoli. Bisogna amare il diverso, dice il Dalai Lama, anche quello che vuole uccidervi. «Ispiratevi al primo ministro norvegese che, all'indomani di una serie di attacchi sanguinosi, dichiarò che il suo governo avrebbe risposto al terrore con più democrazia, più apertura e più tolleranza». Grandi idee, davvero. Le hanno ripetute identiche, per anni, quasi tutti i principali leader europei. E infatti il terrorismo jihadista ha continuato a prosperare. In pratica, il Dalai Lama parla come un qualsiasi politico progressista occidentale. «Io sono un discepolo della rivoluzione francese», afferma. Poi specifica: «Discepolo di Buddha, lo sono anche della rivoluzione francese e di Karl Marx, il quale tra l'altro considerava la Francia come il Paese rivoluzionario per eccellenza». Ah, saranno contenti i tibetani. Dopo tutto, la rivoluzione francese e il marxismo sono alcune delle fondamenta su cui è stata edificata la Repubblica popolare cinese, cioè quella che occupa il Tibet e non gradisce il Dalai Lama. Il quale, parlando delle rivolte contro l'Ancien régime e della rivoluzione bolscevica, spiega: «Queste lotte per l'emancipazione e la giustizia sociale rendono necessaria la rivoluzione quando i leader politici ostacolano il cambiamento». Rivoluzione! Diritti! Ecco i grimaldelli con cui il neoliberismo ha scardinato l'ordine del mondo, celandosi sotto una spessa coltre di progressismo. Viene da chiedersi come faccia un leader religioso a proferire simili banalità. Come faccia a essere così sottomesso al senso comune. La risposta ce la fornisce lo stesso Gyatso quando afferma: «Ho preso atto del fallimento delle religioni». Proprio così, l'uomo che rappresenta il buddhismo tibetano nel mondo sostiene che le religioni non servono. «Dopo gli attentati a Parigi nel novembre 2015», scrive, «ho preso atto del fallimento delle religioni. Ognuna di esse persiste nel coltivare ciò che ci divide, invece che stringerci intorno a ciò che ci unisce. E nessuna di esse è riuscita a creare un essere umano migliore, né un mondo migliore». Insomma, visto che i fanatici musulmani fanno attentati, tutte le religioni vanno cancellate. Un po' come sosteneva Marx. Anzi, come voleva John Lennon, la cui ideologia è più o meno la stessa del Dalai Lama. «Fare a meno della religione è possibile», continua Gyatso. Viene da chiedersi perché allora egli continui a girare il mondo vestito da monaco. Se le religioni fanno schifo, se gli Stati fanno schifo e tutti siamo uguali, perché allora non si rassegna all'occupazione cinese? Marxisti che provano ad assimilare un popolo riottoso: niente di meglio, niente di più conforme al pensiero del Dalai Lama, no? Vero, in alcuni incontri pubblici, negli ultimi anni, Gyatso ha rilasciato dichiarazioni in controtendenza, ad esempio sull'immigrazione («L'Europa e la Germania non possono diventare arabe. La Germania è la Germania», disse nel 2016 alla Frankfurter Allgemeine Zeitung). Ma è vero pure che rilasciò dichiarazioni contro aborto, nozze gay e eutanasia, salvo poi cambiare idea dopo le critiche ricevute dagli ammiratori de sinistra. I quali senz'altro adoreranno il nuovo libro contro i confini, gli Stati e persino le religioni. Il buonismo è grande, e il Dalai Lama è il suo profeta.