2020-04-22
La Lega Calcio chiede di giocare. Ma in realtà metà dei club non vuole
Vincenzo Spadafora e Giovanni Malagò (Ansa)
L'assemblea passa la palla a Vincenzo Spadafora. Dieci squadre spingono per lo stop totale. È la solita bagarre. Solo il distanziamento sociale e un certo fairplay dovuto alla situazione impediscono ai padroni del calcio di entrare in modalità lite da ballatoio. Fuori una foto ricordo con sorrisi di circostanza, dentro le solite divisioni. Così l'assemblea dei club di Serie A ieri in videoconferenza ha espresso un pensiero condiviso: la volontà di ricominciare a giocare, ovviamente a porte chiuse. «La Lega ha confermato con voto unanime di tutte le 20 società l'intenzione di portare a termine la stagione sportiva qualora il governo ne consenta lo svolgimento, nel pieno rispetto delle norme a tutela della salute e della sicurezza».Le sfaccettature sono però numerose e vanno oltre la lettera d'intenti, che si traduce di fatto in una richiesta ufficiale al ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, con il quale è previsto proprio oggi un incontro dei vertici della Federcalcio. Lunedì sera il ministro aveva raffreddato gli entusiasmi con un'uscita sibillina («Al momento non vedo né la ripresa del campionato, né quella degli allenamenti»), ma il suo atteggiamento tradizionalmente ondivago lascia aperta la porta alla Fase 2. Spadafora è il primo a sapere che un movimento da 5 miliardi l'anno non si può paralizzare con uno schiocco di dita e che, per farlo, non basta la volontà del presidente del Coni, Giovanni Malagò. Se fosse per il numero uno dello sport italiano la stagione sarebbe chiusa, come quella del basket. Tutti a casa e scudetto non assegnato. L'Uefa ieri è tornata sul tema con un invito pressante: «Raccomandiamo vivamente a concludere i campionati e le coppe nazionali. In caso di annullamenti, alcuni casi specifici saranno valutati». Anche alla luce di tutto ciò (e degli interessi europei di Juventus, Napoli, Atalanta, Inter e Roma) è interessante capire chi spinge per ricominciare e chi preferirebbe far smontare il circo al governo. In questa fase i leader delle due fazioni sono Claudio Lotito (avanti tutta) e Massimo Cellino (tutti sul divano). Il presidente della Lazio è per una turboripresa, ha la squadra seconda in classifica e non vede l'ora di mettere le mani sul premio Uefa per la Champions e sulla quota parte dei 150 milioni per vittoria o piazzamento nobile. Incita tutti a tornare in campo al grido di «Er virus se sta a ritirà» (risposta di Andrea Agnelli «Adesso sei anche virologo»). Con lui sono schierati Aurelio De Laurentiis (Napoli), Antonio Percassi (Atalanta) e i presidenti di Roma, Fiorentina, Verona, Cagliari, Parma, Sassuolo e Lecce. Totale 10 voti per il sì. Nella curva opposta dello stadio sono piazzati i fautori del no, coloro che riterrebbero accettabile una chiusura anticipata dei giochi. Il gruppo è guidato da Urbano Cairo (Torino) che lascia in prima linea il fantasmagorico Cellino, più mediaticamente efficace. È di due giorni fa l'endorsement di quest'ultimo, un discorso che non lascia spazio alla fantasia. «Ho contratto il virus e dico che è assurdo discutere se giocare o no. La gente a Brescia mi difende, dice che vuole onorare i propri morti, si offende se riporto la squadra in campo. Devo rispettare queste persone. Non ho paura di retrocedere, ho giocatori giovani e i conti a posto. E comunque, se si gioca non lo decidono i club. Ma qui c'è Lotito che fa il medico, il virologo, lo scienziato nucleare, lo psicologo, l'astronauta».Arti e mestieri a parte, con lui e Cairo sono schierati Milan, Sampdoria, Bologna, Genoa, Spal e anche l'Inter. Steven Zhang è impegnato in prima linea (come molti altri) contro un virus importato dalla Cina e ritiene che sia da scartare ogni soluzione non sicura al 100%. Infine Juventus e Udinese non hanno espresso un parere forte, ma sembrano più vicine a questi club. Totale: 10. Parità. Poiché il protocollo inviato al ministero dal pool di esperti della Federazione guidati dal dottor Paolo Zeppilli è stato definito convincente, la richiesta di portare a termine la stagione è stata firmata all'unanimità. Nonostante le divisioni. Perché 300 milioni di diritti tv sono un collante formidabile.