2021-10-19
La Lamorgese fa pestare i lavoratori inermi
Una settimana fa, il Viminale ha autorizzato i facinorosi di Forza nuova a sfilare verso la Cgil. Prima ancora, aveva trattato con i guanti di velluto i fattoni del rave nel Viterbese. Invece, per i pacifici no pass triestini, manganellate, fumogeni e idranti.Ha ragione Sergio Mattarella. «Sorprende e addolora», ha detto ieri il presidente della Repubblica, «che proprio adesso esplodano fenomeni, iniziative e atti di violenza, quasi a volere ostacolare, intercettare, la ripresa che il Paese sta vivendo e che deve essere condotta a buon fine, con fatica, con impegno ma in maniera indispensabile». Già, in effetti sorprende parecchio vedere come, proprio adesso, vengano utilizzati idranti e fumogeni per disperdere i manifestanti anti green pass al porto di Trieste. Stupisce la durezza - e potremmo spingerci pure a definirla violenza - dell'approccio nei confronti dei portuali che rimanevano seduti a gambe incrociate, mentre potenti getti d'acqua li investivano. Sorprende il pugno di ferro utilizzato per schiacciare chi se ne stava a terra a sgranare il rosario.E stupisce perché, giusto una settimana prima, erano stati utilizzati altri metodi, altri toni, altre strategie. Lo abbiamo raccontato su queste pagine: gli esponenti di Forza nuova che hanno dato l'assalto alla sede della Cgil a Roma hanno potuto parlamentare con le forze dell'ordine. Dopo «insistente richiesta», a Castellino e soci è stato «permesso di effettuare un percorso dinamico verso i locali della Cgil» (così un documento ufficiale della questura romana). Luciana Lamorgese ha spiegato in Parlamento che si è scelto l'approccio «morbido» al fine di evitare problemi di ordine pubblico. A quanto pare, dunque, lo Stato è in grado di fare la voce grossa soltanto con chi si mostra inerme, mentre con i prepotenti, i violenti e i sobillatori conclamati bisogna utilizzare gentilezza, al punto di consentire l'irruzione in una sede sindacale.Persino con i fattoni che si sono riuniti quest'estate nel Viterbese gli agenti hanno dovuto esibire cortesia e tatto. Hanno aspettato che gli storditi ultimassero il loro sabba prima di sfollarli, nonostante avessero già causato danni, devastazioni e pure decessi. A Trieste, invece, sono piovuti lacrimogeni e a disperdere il fumo c'erano i getti degli idranti rivolti contro i portuali seduti. Non abbiamo visto lavoratori armati di spranghe, non li abbiamo visti fare saluti romani o invocare il ritorno di Hitler. Anzi, a dire il vero per giorni ci era stato ripetuto che al porto «la situazione era sotto controllo» e che l'introduzione del green pass era filata liscia come l'olio.In teoria (e solo in teoria) dovrebbe stupire pure l'atteggiamento che la grandissima parte della sinistra di governo ha mantenuto e continua a mantenere nei riguardi dei protestatari. I progressisti al potere, nel corso degli anni, hanno non solo tollerato ma addirittura supportato ogni forma di tirannia delle minoranze: etniche, sessuali, religiose eccetera. Hanno imposto alle masse i desideri sfrenati di minuscole porzioni di popolazione che avanzavano le più assurde richieste. Ora, però, questi servi dell'ideologia chiedono la repressione spietata del dissenso. Parlano di «minoranze tiranniche», di facinorosi, di fascisti a piede libero. Fanno rientrare nel «calderone nero» anche gli anarchici che hanno partecipato agli scontri in varie città italiane, ad esempio a Milano, e hanno gioco facile ad addossare la responsabilità del caos alla destra.I tifosi del regime sanitario cianciano compiaciuti, riducono i problemi causati dalla tessera verde a capriccio di pochi imbecilli nemici della scienza. Ai «no green pass» dipinti come untori egoisti viene opposto con soddisfazione il presunto «Paese reale». «Vedete?», dicono politici e conduttori tv, «la gente normale ha serenamente ottenuto il lasciapassare o si è vaccinata!». Come no: è davvero una vittoria fenomenale il fatto che migliaia di persone abbiano scaricato il green pass, visto che è obbligatorio per lavorare e l'alternativa è restare senza stipendio… È un po' come se la nomenklatura sovietica si fosse vantata dell'adesione di massa al comunismo nell'Urss. In un mondo normale, tutto ciò lascerebbe allibiti. Ma, ehi, questa è la nuova normalità, e non dobbiamo sorprenderci. È normale, di questi tempi, che sindacalisti di prima fascia e ex sindacalisti come Sergio Cofferati tifino per la repressione poliziesca dei lavoratori in sciopero. È considerato normale perfino che gli agenti siano incitati a sparare acqua e lacrimogeni contro i portuali pacifici, anche se poi ai loro colleghi senza green pass si riservano le peggiori contumelie. Lo ha fatto notare ieri Unarma, sigla sindacale dei carabinieri: «Draghi con una mano riempie le piazze di rabbia dando il la, di fatto, alla ripresa degli scioperi a gatto selvaggio. Mentre con l'altra svuota le caserme e priva di una casa i militari in ferma volontaria senza green pass».Nella nuova normalità, questo è il fatto, non c'è assolutamente nulla di normale. Non è normale che si invochi lo scioglimento di un movimento politico (per altro, di fatto, già sciolto dai suoi militanti) considerato pericolosissimo e, contemporaneamente, si tratti con questo movimento consentendogli di avvicinarsi alla sede del sindacato. Non è normale che si trattino da violenti e facinorosi dei cittadini che stanno esercitando un loro diritto (quello di non vaccinarsi, condivisibile o meno). Non è normale che il manganello democratico cali soltanto su chi non alza la voce e non minaccia. Dicono i propagandisti: la protesta di Trieste non era autorizzata. Verissimo. Ma nemmeno Castellino di Forza nuova era autorizzato a salire su un palco a Roma per arringare la folla, dato che era stato colpito da procedimenti restrittivi. Eppure chi - platealmente - ha annunciato l'assalto alla Cgil è stato lasciato libero di agire. Mentre chi si è seduto a terra per difendere il lavoro (proprio e altrui) è diventato il bersaglio degli idranti, dei lacrimogeni e pure degli sfollagente.Ecco la nuova normalità: botte (vere o metaforiche) ai deboli, moine ai prepotenti. È una dittatura? Forse no. Ma una caricatura lo è di sicuro.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)