2021-07-19
La guerra della plastica. Interessi di Francia e Germania dietro i divieti che uccidono la nostra industria
Il Belpaese è leader nell'usa e getta biodegradabile che aiuta l'ambiente, ma l'Unione europea lo mette al bando su consiglio dei soliti notiIl presidente di Seda international packaging group Antonio D'Amato: «L'Italia è capofila nel riciclo e nel monouso sostenibile. Diversi studi dimostrano invece che il multiuso, feticcio di chi invoca la decrescita felice, è molto più nocivo»Lo speciale contiene due articoliSiamo al solito fuoco di sbarramento dell'asse francotedesco insieme con i Paesi del Nord Europa per azzoppare l'industria italiana. Dietro la direttiva europea contro la plastica monouso, entrata in vigore all'inizio di luglio, si nascondono interessi economici contrapposti e posizioni ideologiche che poco hanno a che vedere con la scienza. Un mix scivoloso che rischia di trasformare la transizione ecologica in una guerra tra fazioni contrapposte e di seppellire anni di ricerche tecnologiche sui prodotti biodegradabili. La tesi dominante in Europa, quella che ha ispirato alcuni articoli della direttiva, è che il multiuso sia la panacea per l'ambiente mentre il monouso è un nemico. Un'impostazione sponsorizzata dal Nord Europa che è indietro nella tecnologia del biodegradabile. Di conseguenza, la direttiva europea detta Sup (Single use plastic) non fa distinzione tra plastica pura derivata dal petrolio e biodegradabile ottenuta da materie naturali. Così sono stati inseriti nelle nuove restrizioni i prodotti fatti per oltre il 95% di carta con un minimo quantitativo di plastica. Si tratta di contenitori per alimenti, bicchieri, piatti, cartoni del latte e dei succhi di frutta, imballaggi, nei quali la percentuale di polimeri è marginale. Chi fa la raccolta della carta riesce a estrapolare il 5% di plastica che viene usata per la copertura di cavi elettrici mentre la carta può essere riciclata fino a 7 volte. Uno studio pubblicato da Eppa (European paper packaging alliance) ha rivelato che gli imballaggi monouso a base di carta, per alimenti e bevande, utilizzati nei ristoranti europei a servizio rapido (come per esempio i McDonald's) hanno un impatto ambientale migliore rispetto a quelli riutilizzabili. L'analisi Life cycle assessment (Lca), condotta da un organismo super partes, la consultancy danese Ramboll (che lavora anche per la Commissione europea sui temi dell'economia circolare), mostra che le stoviglie riutilizzabili generano 2,7 volte più emissioni di Co2 rispetto al sistema monouso a base di carta; inoltre, consumano 3,7 volte più acqua dolce, producono 2,3 volte più microparticelle di plastica contenute nei detergenti e hanno un impatto maggiore sull'esaurimento dei fossili (di 3,4 volte) e sull'acidificazione terrestre (1,7 volte). Questo studio, dal quale emerge che il riutilizzabile è un falso mito, ha avuto la bollinatura di un ente certificatore tedesco, il prestigioso Tüv. Quindi, non è un report confezionato dalle industrie italiane che detengono la leadership europea nel settore della plastica bio.Il nostro Paese ha il 60% del mercato europeo dell'usa e getta e produce il 66% di tutta la plastica biodegradabile e compostabile del continente. Inoltre sforna il 35% di bicchieri e stoviglie di carta plastificata per la ristorazione veloce. Le aziende coinvolte sono 280, con 2.780 addetti e un fatturato annuo di 815 milioni di euro. Complessivamente il comparto della plastica in Italia fattura 40 miliardi di euro e conta oltre 10.000 aziende e 150.000 addetti. Il problema è che le linee guida della direttiva Ue pongono questi prodotti sullo stesso piano di quelli tutti in plastica vergine, perciò interamente ottenuti da derivati del petrolio. In questo modo viene inferto un duro colpo per questo comparto industriale che ha già iniziato, molto prima della concorrenza europea, il percorso verso la bioplastica. La direttiva ha messo in un unico calderone tutti gli oggetti di plastica monouso: piatti, posate, cannucce, cotton fioc, palette da cocktail, bastoncini dei palloncini, contenitori in polistirolo per alimenti e bevande, senza distinguere i prodotti bio di carta plastificata. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha definito il provvedimento europeo «poco chiaro e incoerente» e sulle bioplastiche ha aperto un contenzioso con la Ue. Ha protestato anche il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Altro punto controverso della direttiva è l'obbligo dal 2025 di inserire un 25% di materiale riciclato nelle bottiglie di plastica. La normativa non precisa da dove deve provenire tale materiale e questo non è un aspetto marginale, come spiega Antonello Ciotti. Siccome la plastica riciclata costa il 50% in più ed è difficile fare controlli sul suo utilizzo, saranno favorite le importazioni di prodotti dall'estero che non rispettano questa percentuale. Così mentre si penalizzano le aziende italiane si favoriscono i giganti della plastica cinesi e coreani. Un limite della strategia europea è inoltre la mancanza di una visione globale. Secondo la Commissione europea, oltre l'80% dei rifiuti marini è costituito da plastica. La responsabilità dell'Europa però è marginale. Un report di Plastic Europe, l'associazione dei produttori di materie plastiche, dice che dei 380 milioni di tonnellate di plastica prodotti globalmente ogni anno, oltre il 50% è in Asia, il 18% tra Usa, Canada e Messico e il 17% in Europa. Questo suggerisce la necessità di un accordo che coinvolga anche i grandi produttori asiatici, i quali però non ne vogliono sapere. C'è infine il problema dello smaltimento. La prima analisi globale di tutte le materie plastiche prodotte in serie, pubblicata su Science Advance, dice che delle 30 milioni di tonnellate utilizzate nel 2018 in Europa, solo il 32% è stato riciclato.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-guerra-della-plastica-gli-interessi-di-francia-e-germania-dietro-i-divieti-che-uccidono-la-nostra-industria-2653816725.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="leuropa-danneggia-noi-e-la-scienza-per-favorire-ong-e-paesi-del-nord" data-post-id="2653816725" data-published-at="1626628878" data-use-pagination="False"> «L’Europa danneggia noi e la scienza per favorire Ong e Paesi del Nord» «Ci sono Paesi in Europa che sono meno virtuosi nelle tecnologie del riciclo in cui l'Italia è all'avanguardia. Ma invece di far proprio il modello italiano stanno cercando di imporre, anche con un pressing serrato sulla Commissione Ue, standard che penalizzano l'ambiente e ci fanno fare passi indietro nella transizione sostenibile». Antonio D'Amato, un passato come presidente di Confindustria, è presidente e amministratore delegato di Seda international packaging group, leader europeo nel settore degli imballaggi e del packaging alimentare. Questo gioiello del made in Italy ha sviluppato una tecnologia all'avanguardia per contenitori riciclabili e prodotti con carta derivata da foreste sostenibili e certificate. Eppure, per il solo fatto che tali contenitori sono rivestiti di un sottilissimo velo di plastica, sono messi dall'Ue sullo stesso piano dei prodotti totalmente di plastica derivati dal petrolio. Come mai la direttiva Sup tratta male anche la plastica «buona»? «Dietro la direttiva contro la plastica monouso c'è anche un'impostazione ideologica. Numerose Ong che sostengono la decrescita felice hanno trovato una sponda in parte della Commissione. Tali organizzazioni invadono il Web con fake news e affermazioni apodittiche che non hanno base scientifica». Come giudica il provvedimento dell'Ue? «La Sup ha l'obiettivo assolutamente condivisibile di ridurre la presenza di plastica nei mari, ma è stata approvata in modo frettoloso alla fine della legislatura precedente, demandando a una fase successiva la definizione delle linee guida interpretative. Che però non sono vincolanti: non devono e non possono integrare elementi sostanziali di una direttiva. Ma in questo caso non è stato così, e la “single use plastic directive" è stata trasformata in una “single use directive", qualunque sia il materiale utilizzato. Il dibattito dura da oltre un anno su un provvedimento che risponde a una logica demagogica». Quale? «C'è una posizione ideologica che promuove le stoviglie multiuso e condanna come nemiche dell'ambiente quelle monouso, anche se prodotte con materiali organici, sostenibili e riciclabili. Questa tesi è figlia dell'ideologia della decrescita felice che ha alla base la riduzione dei consumi e il cambiamento radicale delle abitudini di vita. Una tesi declinista che si scontra con chi sostiene l'importanza dello sviluppo economico come condizione per creare occupazione, pace sociale e progresso scientifico per la tutela della salute e dell'ambiente». Il pensiero declinista ha quindi influenzato la Commissione? «Certamente. I suoi maggiori sostenitori sono i Paesi del Nord Europa che, non avendo sviluppato una tecnologia all'avanguardia sul riciclaggio, sostengono il multiuso. La Commissione Ue non ha riconosciuto i progressi compiuti dall'Italia nella tecnologia della sostenibilità. Il nostro Paese già oggi ricicla fino all'86% del packaging in carta, obbiettivo che la stessa Europa aveva fissato per il 2030». Perché il multiuso fa male all'ambiente? «La risposta viene dallo studio condotto dall'istituto danese Ramboll: gli imballaggi monouso a base di carta per alimenti e bevande, utilizzati nei fast food e nella ristorazione veloce europea, hanno un impatto ambientale nettamente migliore rispetto alle stoviglie riutilizzabili. Queste, infatti, emettono Co2 in misura superiore di 3 volte rispetto al packaging in carta usa e ricicla. Consumano 3 volte più acqua potabile ed emettono particolato fine in misura 2,5 volte superiore. Inoltre, più aumenta il tasso di riciclo del packaging monouso in carta e più l'ambiente ne ha benefici significativi. Un esempio su tutti: con il 100% di tasso di riciclo dei contenitori in carta, l'impatto negativo sul consumo di acqua potabile per le stoviglie riutilizzabili passa da 3 a 311 volte in più». Quindi riutilizzare le stoviglie di plastica è dannoso? «Se l'obiettivo è decarbonizzare l'Europa entro il 2050 e il risparmio dell'acqua è la priorità mondiale, spingere verso il multiuso è uno sbaglio colossale». Allora la direttiva Ue contraddice questi obiettivi. «Assolutamente sì. Il governo, consapevole delle evidenze scientifiche e dei punti di forza italiani nell'economia circolare, ha giocato un ruolo importante nel promuovere una visione più responsabile e realistica». Cosa accadrebbe se le linee interpretative della direttiva non dovessero recepire le richieste dell'Italia? «Una parte importante dell'industria europea, soprattutto italiana, verrebbe danneggiata. Verrebbe gravemente colpito il mondo della ristorazione, la filiera agroalimentare a esso collegata, oltre che naturalmente l'industria della carta e del packaging. Inoltre sarebbe in piena contraddizione con gli obiettivi europei di sostenibilità. Un dato su tutti. La carta dei nostri prodotti viene da foreste sostenibili e certificate che contribuiscono in maniera determinante alla riforestazione attiva del nostro Continente. Per ogni albero tagliato se ne piantano da 3 a 5. Queste foreste sono un vantaggio insostituibile per il pianeta. Solo in Europa ogni dieci anni si addiziona una superficie netta di foreste pari all'estensione della Svizzera, contribuendo ad assorbire il 20% di Co2 prodotta a livello europeo. Il pianeta non ha bisogno né di demagogie, né di falsi miti, ma di scienza e responsabilità».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
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L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)