Più che da questioni sanitarie, le polemiche sull’abbattimento dei capi per la brucellosi dipendono dal derby economico fra Salerno e Caserta. E intanto la sinistra locale si spacca in fazioni: a favore o contro De Luca.
Più che da questioni sanitarie, le polemiche sull’abbattimento dei capi per la brucellosi dipendono dal derby economico fra Salerno e Caserta. E intanto la sinistra locale si spacca in fazioni: a favore o contro De Luca.È la corsa all’oro bianco che sta facendo cambiare l’economia di un pezzo cospicuo del nostro Sud. E mette Caserta contro Salerno nella leadership di mercato della mozzarella di bufala. Una sfida giocata a colpi di scoop e di scandali più o meno falsi. Da mesi ci sono acque agitate: gli allevatori casertani accusano di essere soggetti ad abbattimenti arbitrari delle bufale infette da brucellosi e la politica regionale regola i conti sulla pelle degli allevatori, con il Pd di Caserta contro Vincenzo De Luca, presidente della regione Campania. Il risultato? Si rischia di buttare via la mozzarella con la bufala sporca. Il consorzio, che ha storicamente sede a Caserta, copre dal Sud della provincia di Roma a Foggia e prende ben quattro regioni: Campania, Lazio, Molise e Puglia. I numeri del successo sono impressionanti: 50.000 tonnellate di bufala prodotte ogni anno, di cui il 34,5% varca i confini nazionali per un giro d’affari oltre 1,2 miliardi di euro. Il latte ha tenuto il prezzo. Secondo le rilevazioni del Clal il prezzo medio è di 1,63 euro al litro; quello vaccino per il parmigiano sta a 65 centesimi e quello comune non arriva a 40 centesimi. Un buon business che colloca il distretto della bufala come quarto comparto economico del Sud (rilevazione di Nomisma), forte di 1.850 allevamenti dove ci sono 250.000 capi di cui la metà in lattazione. Qui s’inserisce un capitolo molto spinoso: quello della brucellosi e della tubercolosi delle bufale. I casertani lamentano che, cessata la profilassi vaccinale, i loro allevamenti sono falcidiati non dal morbo, ma dalle Asl che in linea con il piano anti pandemico della Regione Campania e del ministero della Salute ordinano l’abbattimento di intere mandrie. Secondo diversi allevatori il 98% dei capi una volta macellati non presenta i sintomi della brucellosi né della tubercolosi e, raccontando tutto questo come uno scandalo, se n’è ampiamente occupata la trasmissione Report di Rai 3. Secondo questa tesi dietro gli abbattimenti ci sarebbero gli interessi dei mediatori che intercettano le bufale infettate e le trattano con un solo macello che procede all’80% degli abbattimenti salvo poi rivendere, come consente la legge, la carne come carne bovina. Si sospettano infiltrazioni di camorra e mazzette. C’è una sfida interna a Confagricoltura - in confronto agli stracci che volano nel Pd è una pacata divergenza - con il presidente provinciale di Caserta Enrico Migliaccio che accusa l’abbattimento «arbitrario» di 850 capi su 1.200 del suo allevamento e il presidente regionale Raffale Puoti che ribatte: dietro gli abbattimenti nessuno scandalo. Secondo gli allevatori casertani però sarebbero state abbattute 140.000 bufale in maniera ingiustificata; il piano di Regione e ministero prevede che, se in una stalla c’è più del 20% di bestiame infetto, va tutto abbattuto. Agli allevatori va un indennizzo di 3.000 euro a capo decurtato dell’incasso della vendita dell’animale macellato, circa 2 euro al chilo. La brucellosi sarebbe il pretesto per un enorme arricchimento di pochi a scapito degli allevatori con il rischio di chiusura di oltre 300 stalle. A queste accuse hanno replicato compatti la Regione, il ministero e gli istituti zooprofilattici: «Ci stiamo muovendo come ci chiede l’Europa». Al punto che tutta Italia, compreso l’areale del consorzio, adottando i sistemi di profilassi contestati a Caserta è uscita dallo status di territorio contaminato. Il problema ormai è solo casertano, area dove si è operato poco e male nel contrasto alla brucellosi (è pericolosa per gli operatori e gli allevatori ma non si trasmette con la mozzarella perché il latte è lavorato a 100 gradi), tant’è che sui 180.000 capi lì allevati il 15% sarebbe infetto. Per eradicare la brucellosi - sostiene l’Asl - l’unica via sicura è l’abbattimento dei capi contaminati e il miglioramento delle condizioni igieniche delle stalle. Nelle zone dove l’epidemia si è concentrata - 400 allevamenti - tra Gazzine e Castel Volturno ci sono denunce alla Procura della Repubblica per spargimento di liquami, smaltimento irregolare di carcasse di animali infetti, affollamento delle stalle. La faccenda della brucellosi però è anche un caso politico con una faida interna al Pd. A Caserta il Pd locale, in contrasto aperto con De Luca e con il supporto di Gennaro Oliviero, presidente del Consiglio regionale, ha dato vita all’associazione Amici della bufala che si oppone agli abbattimenti e chiede solo i vaccini. L’assessore regionale campano all’Agricoltura Nicola Caputo, pure lui del Pd, ha smentito gli abbattimenti arbitrari e ha chiarito che la vaccinazione si può fare solo su animali da 6 a 9 mesi di vita. Il piano della Regione - sostiene - va incontro ai bisogni degli allevatori, ma il tema è: «Dobbiamo insistere sulle norme di welfare animale e biosicurezza in provincia di Caserta per arrivare alle stalle modello». Il direttore dell’Istituto zooprofilattico del Meridione Antonio Limone ha chiarito anche le cifre: «Non è vero che abbiamo abbattuto 140.000 capi. Dal 2011 abbiamo abbattuto per tubercolosi 21.964 capi e per brucellosi 67.843 capi. Al momento, negli allevamenti con sospensiva agli abbattimenti ci sono 1.774 capi per brucellosi e 1.165 capi per tubercolosi. Lasciare in vita questi capi è un’importante fonte di diffusione delle malattie». E gli scandali? Semmai c’è un grave danno d’immagine alla mozzarella. Perciò qualcuno ha cercato di spiegare ai casertani che le stalle sporche forse era meglio lavarsele in famiglia.
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Dal divano alla trincea. Dai giovani che salvano il Paese restando sul divano durante il lockdown, ai diciottenni che devono mobilitarsi per la futura guerra contro la Russia. Nell’Europa di oggi, la storia si ribalta con disinvoltura. E così, archiviato lo spot del 2020, in cui lodava gli eroi della pandemia per essere stati «pigri come procioni», la Germania ha cambiato parola d’ordine. Prima era: «Restate a casa». Adesso è diventata: «Arruolatevi».
Il piano teutonico per rimpinguare le file dell’esercito con la coscrizione, concordato dai partiti di maggioranza e presentato ieri in conferenza stampa a Berlino, non è privo di aspetti grotteschi. A cominciare dal regime di esenzioni: il questionario che, dal 2026, il governo spedirà a chi compie la maggiore età, per determinarne l’abilità alla leva, dovrà essere obbligatoriamente compilato dai maschi, ma potrà essere ignorato dalle femmine e dai «non binari». Il confine tra l’inclusività e la gaffe è labile: il guanto di velluto arcobaleno l’avrà preteso la sinistra? Oppure la Bundeswehr non intende ingaggiare trans e individui dall’identità di genere ambigua?
Ll’ex ministro dell’Energia Svitlana Grynchuk (Ansa)
Scoperta una maxi rete di corruzione. L’entourage presidenziale: «Colpa di Mosca». Da Bruxelles arrivano ancora 6 miliardi, ma crescono i dubbi sull’uso degli asset russi.
Quando gli investigatori dell’Ufficio nazionale anticorruzione (Nabu) hanno aperto il fascicolo dell’operazione «Mida» di sicuro non si immaginavano di imbattersi in una struttura capace di gestire come un feudo privato uno dei settori più sensibili dell’Ucraina: il sistema elettrico nazionale. Quindici mesi di intercettazioni telefoniche e ambientali, sopralluoghi e documentazione sequestrata hanno rivelato un apparato clandestino che drenava denaro dagli appalti di Energoatom, la società pubblica che controlla tutte le centrali nucleari del Paese. Una rete che, secondo gli inquirenti, sottraeva percentuali fisse dagli appalti (tra il 10 e il 15%) trasformando ogni contratto in una fonte di arricchimento illecito mentre la popolazione affrontava - e lo fa anche oggi- blackout continui e missili russi diretti sulle infrastrutture.
Manfredi Catella (Ansa)
La Cassazione conferma la revoca degli arresti e «grazia» l’ex assessore Tancredi.
La decisione della Corte di Cassazione che ha confermato la revoca degli arresti domiciliari per Manfredi Catella, Salvatore Scandurra e gli altri indagati (e annullato le misure interdittive verso l’ex assessore Giancarlo Tancredi, l’ex presidente della commissione Paesaggio Giuseppe Marinoni e l’architetto Federico Pella) rappresenta un passaggio favorevole alle difese nell’inchiesta urbanistica milanese. Secondo i giudici, che hanno respinto il ricorso dei pm, il quadro indiziario relativo al presunto sistema di pressioni e corruzione non era sufficiente per applicare misure cautelari.





