2023-01-23
La grande stretta su fumo e alcol serve a dare la colpa a chi si ammala
Orazio Schillaci rilancia la crociata anti-sigarette («Più spese per curare che tasse incassate») mentre ex virostar e prof strillano contro tabacco e «aperitivi cancerogeni». Sono solo pretesti per poter smantellare la sanità.Osservando lo zelo trasversale con il quale, dopo tre anni di intemerate su mascherine e vaccini, i mini despoti in camice bianco ora puntano a sigarette e vino, si viene colti da un sospetto: la fissa per i comportamenti nocivi servirà mica a trasformare la malattia in una colpa? E a giustificare così lo strutturale depauperamento della sanità? I prodromi della sterzata sono stati fissati durante la pandemia, quando era di moda la sparata contro i renitenti all’iniezione: i non vaccinati si paghino il ricovero. Quale sarà il prossimo passo dello Stato medico? Può darsi che non diventeremo subito come la Nuova Zelanda, dove ai nati dal 2009 sarà vietato in eterno di acquistare sigarette; mentre, se passasse la proposta irlandese nell’Ue, somiglieremmo molto al Canada, che imporrà di etichettare gli alcolici con avvisi sui rischi di cancro. Fatto sta che pure ieri il ministro della Salute, Orazio Schillaci, è tornato sulla sua crociata contro le bionde e le e-cig.Al Corriere della Sera, l’ex rettore di Tor Vergata ha confermato che, al dicastero, stanno «verificando quale sia lo strumento più idoneo per inasprire i divieti» di fumo, «anche all’aperto». «Aspetto», ha insistito il professore, «di raccogliere evidenze certe sui danni causati da sigarette elettroniche e prodotti senza combustione». In questa battaglia salutista, il ministro non è isolato. Si sta anzi costituendo una strana alleanza con i sacerdoti progressisti dei dogmi scientifici, i tifosi fuori tempo di un positivismo polveroso.Sempre ieri, sulla Stampa, Eugenia Tognotti, docente di storia della medicina, ha dedicato alla questione un intervento ambiguo. Da un lato, s’è detta scettica sull’opportunità di varare una stretta: alla fine, nessun individuo minimamente educato fumerebbe «in faccia a bambini e gestanti». Dall’altro, ha sostenuto che si dovrà riflettere sul «possibile conflitto tra libertà e sanità pubblica». Con le migliaia di morti causati dal tabagismo, non ci si limita a danneggiare sé stessi; si provoca un «aggravio» del «carico sociale» delle patologie. Ecco: alla collettività tocca pagare le terapie agli «irriducibili», peraltro aumentati a causa dei lockdown che, stando ai soliti esperti, avrebbero dovuto salvarci dalla malattia e dalla morte.È qui che è andato a parare Schillaci: «Il costo annuale delle cure per i tumori», ha lamentato al giornale di via Solferino, «è circa il doppio di quanto incassiamo dalle accise sul tabacco». Ergo, è «inutile mettere più soldi nel fondo sanitario nazionale», cosa che in realtà, per i pazienti oncologici, non è ancora riuscito a fare, «se poi i malati colpiti da grandi patologie aumentano e con loro i costi delle cure».Ciò che, fino a qualche anno fa, era impensabile, oggi viene preso in seria considerazione. Ormai l’Europa ha deciso che, per reggere all’urto della Cina, deve diventare competitiva. E se vuole proporre ai mercati beni a prezzi concorrenziali, deve rendere meno oneroso il lavoro di chi li produce. Smantellare i diritti sociali, alleggerire i bilanci nazionali. E quali sono le voci più gravose di spesa pubblica, in Paesi senescenti? Pensioni e sanità. Se l’intento è giustificare un ulteriore indebolimento del sistema, mascherato dai roboanti proclami su «resilienza» e riforme per prepararsi alle «permacrisi» globali, nulla funziona meglio, sul lungo termine, di uno slittamento del paradigma culturale: trattare il malato non più come il sofferente da soccorrere, bensì come l’irresponsabile da castigare.La logica è semplice: se la patologia diventa il risultato di scelte sbagliate, della pervicacia nel resistere ai benevoli suggerimenti del dottor Stato, il malato può essere ridotto a un reprobo. Gli atteggiamenti antisociali condannano la comunità a un esborso spropositato, per rimediare a intemperanze e sfrontatezze degli «irriducibili» - così li chiama la Tognotti. È un’altra delle luminose «transizioni» cui ci ha predisposto il Covid. Non accetti la terapia preventiva? Il farmaco rifilato ai sani? In tal caso, te la sei cercata. Si badi: promuovere stili di vita sani è sacrosanto e costa poco. Molto meno che comprare dieci dosi di vaccino a testa. Strano, anzi, che i templari dell’antifumo si stracciassero le vesti, quando Giorgia Meloni parlava delle «devianze» giovanili, tipo droga e sovrappeso. Il problema sta nel rapporto tra la politiche e le condotte individuali: vogliamo un green pass per chi ha il vizio delle Camel e del grappino? Nella mostrificazione dell’infermo, rientra il ragionamento di Antonella Viola sul bevitore microcefalo. Ieri, di nuovo sulla Stampa, l’immunologa ha ripreso le fila del discorso sui pericoli dei drink. È rilevante soprattutto l’assunto di sottofondo: «Tutte le informazioni riportate in questo articolo non sono opinioni, personali o di una minoranza di ricercatori, ma la posizione ufficiale della comunità scientifica». Lo dice la scienza; la scienza non è democratica; quindi, è inutile contestare.Accantoniamo pure gli studi citati sulla Verità dall’oncologo Mariano Bizzarri, in merito alle proprietà anticancro di vino e uva. La questione vera è un’altra: perché la «posizione ufficiale» degli esperti renderebbe necessaria un’avvertenza choc sulle bottiglie? L’obiettivo è informare i consumatori, oppure battezzare una sorta di governo terapeutico, nel quale chi si sottrae alle disposizioni del medico viene curato solo nostro malgrado? Un giorno, quando l’inaudito sarà normalizzato, rifiuteremo ogni assistenza? Argomentazioni simili, d’altronde, non si possono applicare anche agli obesi? A chi supera i limiti di velocità in strada? Non comportano un aggravio del «carico sociale» il diabete del ragazzino che si strafoga di merendine - l’Italia è tra le prime nel continente per obesità infantile - o la paralisi a vita del motociclista che si schianta? Il timore è che in gioco ci sia di peggio che le etichette al Barolo. Sulla cui utilità la sapeva lunga chi inventò una barzelletta: «Leggere “Il fumo uccide” sui pacchetti di sigarette lo spaventava così tanto, che alla fine smise di leggere».
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.