
La foglia dell'albero tropicale è stata scelta per le stampe degli abiti D&G. Da lì è esplosa la moda: gli arredi di Cavalli, il Rolex di Chiara Ferragni e le cover dell'iPhone. Spopola in Occidente perché è natura allo stato puro: verdissimo, rigoglioso e rilassante.Su muri e costumi, su borse e orologi. Le foglie di banano, oblunghe e verdastre, campeggiano ovunque. S'è deciso, allo stesso modo in cui ogni primavera è scelto il colore dell'estate - con una riunione segreta o chissà quale collaborazione di talenti e visioni - che nulla possa eguagliare il potenziale fashion delle strane fogliolone. Acclamate con gridolini entusiasti e opportuni scatti social, hanno finito per essere il decoro del momento. Le foglie di banano, che un tempo al massimo potevano ambire a trovare un qualche impiego nelle cucine profumate di spezie, sono state schiaffate su abiti, accessori, carta da parati. Danno vita ad oggettini più e meno utili: trasformate in posacenere, lingue di silicone e piatti di servizio. Addirittura sono state usate come stampa, esclusivissima, nel quadrante di un Rolex d'oro. Quando Chiara Ferragni, la più nota delle fashion blogger, ha fotografato la propria casa di Los Angeles ed espresso (rigorosamente via Instagram) la propria passione per le pareti del bagno, a tema banano, un artista locale ha colto la palla al balzo. Jaydee, di New York, in collaborazione con La Californienne di Los Angeles, ha preso un Rolex vintage e l'ha dipinto per intero, così che potesse sposarsi con i muri di casa Ferragni. La cassa dell'orologio è stata invasa da lunghe foglie verdi. Le stesse che, allungandosi sul cinturino, hanno innervato l'intera creazione. Ferragni a parte, o Ferragni complice, le foglie di banano sono state scelte da Roberto Cavalli per regalare alla propria linea «Home» un quid tropicale. La sedia Dakota, presentata al Salone del mobile di Milano la stagione scorsa, è stata realizzata con una stampa scura, puntellata di grandi foglie di banano. Al divano Kingston è stato regalato un motivo analogo, più chiaro, e così pure alla chaise longue Tahiti, «bananizzata» così da adattarsi all'ispirazione esotica, al tema jungle. Ricorrente, anche troppo.Le foglie della pianta hanno fatto capolino anche alla Mc2 Saint Barth, tappezzando, indistintamente, bikini da donna e costumi da uomo, borse, poncho da bambina e abiti lunghi. La stampa ha cominciato a spopolare qualche anno fa finché la moda - la grande moda, quella dei nomi blasonati e delle sfilate esclusive - l'ha fatta assurgere a must-have. Per primo, è stato Dolce & Gabbana a portare la banana leaf (come la si può chiamare nel caso in cui ci si voglia dare un tono) sulle passerelle. Poi sono arrivati gli altri e Stefano Gabbana, non nuovo alla polemica social, ha accusato pubblicamente qualche collega (vedi Max Mara) di avere copiato lui e il brand. Di lì, era il 2017, è stata tutta una rincorsa alla foglia perfetta. Qualcuno l'ha presa verde e sfrangiata, come si mostra dopo il passaggio del vento. Qualcun altro l'ha resa neutra, preferendo al colore canonico un nero o un grigio. Altri l'hanno rimpicciolita, altri ancora ingrandita. E il banano è arrivato ovunque. Persino alle cover dei telefonini. Le ragioni dell'invasione sembrano essere molteplici. Da un lato, c'è che l'Occidente ha sempre guardato con una certa fascinazione a tutto quel che Occidente non è. Dall'altro, c'è quel che Maria Mercanti-Guérin, professoressa di digital marketing alla Sorbona Business School di Parigi, ha definito un tentativo di «estetizzazione della realtà». La signora, interpellata dal magazine Slate, ha spiegato come ogni immagine si porti appresso un potere evocativo nel quale i social network sguazzano. Per intenderci, Chiara Ferragni posta una foto di foglie di banano e queste diventano sinonimo di ricchezza, successo, fanno figo. La Mercanti-Guérin ha detto che questo meccanismo sta alla base di tante mode all'apparenza inspiegabili, come quella dei fenicotteri, per i quali Slate l'aveva già scomodata l'estate scorsa. Se ci si mette, poi, che il verde ha una sua simbologia ogni tassello va al proprio posto.Il colore verde, difatti, è associato ad una vaga - ma concreta - forma di benessere. Porta fortuna e infonde una certa calma, motivo per cui negli ospedali le pareti delle sale operatorie sono generalmente tinte di colori simili. Inoltre, rimanda alla natura. Il verde è il colore di una natura florida, di una primavera sana. In quanto tale, è dispensatore di grande armonia. O così, almeno, dicono i sostenitori della cromoterapia. Gente che, alla luce del successo riscosso dalle foglie di banano, potrebbe pure saperla lunga.
«The Man on the Inside 2» (Netflix)
La serie con Ted Danson torna su Netflix il 20 novembre: una commedia leggera che racconta solitudine, terza età e nuovi inizi. Nei nuovi episodi Charles Nieuwendyk, ex ingegnere vedovo diventato spia per caso, indaga al Wheeler College.
(IStock)
Si rischia una norma inapplicabile, con effetti paradossali sui rapporti sessuali ordinari e persino all’interno delle coppie.
Grazie all’accordo «bipartisan» Meloni-Schlein è stato approvato in commissione giustizia della Camera, il 12 novembre scorso, il progetto di legge a firma dell’onorevole Laura Boldrini e altri, recante quello che, dopo la probabile approvazione definitiva in Aula, dovrebbe diventare il nuovo testo dell’articolo 609 bis del codice penale, in cui è previsto il reato di violenza sessuale. Esso si differenzia dal precedente essenzialmente per il fatto che viene a essere definita e punita come violenza sessuale non più soltanto quella di chi, a fini sessuali, adoperi violenza, minaccia, inganno, o abusi della sua autorità o delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa (come stabilito nella vigente formulazione della norma), ma anche quella che consista soltanto nel compimento di atti sessuali «senza il consenso libero e attuale» del partner.
Nuovo approccio dell'istituto di credito rivolto alle imprese pronte ad operazioni di finanza straordinaria. Le interviste a Stefano Barrese, Marco Gianolli e Alessandro Fracassi.
Matteo Bassetti e Sergio Abrignani (Imagoeconomica)
Abrignani in commissione: «Nessuno consultò il Css per tutto il 2020. Ci interpellarono sugli mRna solo l’anno successivo». E Bassetti ci prova: «Ho ricevuto fondi da Pfizer per gli antibiotici, non per i vaccini».
«Quanti quesiti ha ricevuto dal ministero della Salute nel 2020, quando era membro del Consiglio superiore di sanità?», chiedeva ieri Marco Lisei, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia. La domanda era rivolta a Sergio Abrignani, ordinario di Immunologia e immunopatologia presso l’Università degli Studi di Milano, poi da marzo 2021 componente del Comitato tecnico scientifico. «Solo una volta, di illustrare che cosa fossero i vaccini a mRna e quali quelli a vettore a vettore virale», è stata la stupefacente riposta del professore. Per poi aggiungere, a un’ulteriore domanda che chiariva il ruolo suo e dei suoi colleghi: «Dopo l’alert dell’Oms del 5 gennaio 2020 non siamo stati consultati. Solo nel gennaio 2021, per rivedere il piano pandemico influenzale Panflu».






