2019-07-22
La fonte d’ispirazione di Claudio Foti? Le vestali giustizialiste del Me too
Il fondatore del centro Hansel e Gretel, in un libro, descrive come esempio da seguire le attiviste che vedevano abusi ovunque. Peccato che la loro campagna giacobina abbia rovinato la vita a centinaia di uomini innocenti.Claudio Foti, fondatore dell'ormai celebre centro Hansel e Gretel, negli ultimi giorni ha rilasciato varie interviste in cui, puntualmente, rifiuta l'accusa di essere un «abusologo» e di vedere maltrattamenti ovunque. Alcune delle vicende in cui lui e i suoi adepti sono stati coinvolti in passato - dal caso Veleno a Rignano Flaminio - fanno pensare un po' il contrario. C'è però un altro elemento che forse non giova tantissimo all'autodifesa di Foti. E cioè la sua ammirazione sconfinata per il movimento Me too. Ricordate? Si tratta della campagna feroce organizzata dalle neo femministe americane (e anche da qualche italiana, tra cui Asia Argento) contro i maschi oppressori e violentatori. Nei soli Stati Uniti ci sono state centinaia di denunce, una marea di uomini - per lo più dirigenti di aziende e compagnie anche importanti - hanno perso il posto di lavoro e la reputazione, talvolta solo per via di accuse avanzate tramite interviste sui giornali. Alcuni dei personaggi travolti dalla buriana antimolestie, tra cui il regista italiano Fausto Brizzi e persino il tanto contestato Kevin Spacey (seppure in circostanze del tutto diverse), non hanno portato a casa condanne, ma hanno comunque subito il linciaggio. Oggi sappiamo con certezza che il Me too è stato semplicemente una lotta al vertice per il potere portata avanti da alcune donne onde ottenere visibilità, più soldi, incarichi più prestigiosi. Le «donne qualunque» non ne hanno tratto alcun beneficio, come persino varie femministe oggi riconoscono. Alla fine di ottobre del 2018 fu addirittura l'Economist a certificare che «a un anno dall'inizio del movimento, sempre più persone (soprattutto donne) ne pensano male». Non solo: il celebre settimanale spiegò che la psicosi molestie ha persino creato ostilità verso le vittime di molestie vere. In un autorevole sondaggio riportato dalla rivista, «la percentuale di adulti americani che rispondono che gli uomini che hanno molestato sessualmente delle donne sul lavoro 20 anni fa non dovrebbero perdere il posto è salita dal 28 al 36%. Quelli che pensano che le donne che protestano per le molestie sessuali causino più problemi di quelli che risolvano sono aumentati dal 29 al 31%. E il 18% degli americani adesso pensa che le false accuse di aggressioni sessuali siano un problema più grosso delle molestie che restano taciute o impunite, contro il 13% di novembre dell'anno scorso». Il Me too ha giovato a poche e ha danneggiato molte. È un fatto. Claudio Foti, tuttavia, individuava nelle vestali americane l'esempio da seguire. Un modello da replicare nei casi di molestie sui minori al fine di sconfiggere quelli che il terapeuta chiama «negazionisti» e teorici della pedofilia. Questo stimabile pensiero è contenuto in un volume intitolato Rompere il silenzio (Laurana editore), firmato da Girolamo Andrea Coffari, ovvero l'attuale avvocato di Foti. Quest'ultimo, non per nulla, ha prodotto una lunga prefazione. In cui, tra l'altro, spiega: «Il movimento Me too, attivato da donne appartenenti al mondo dello spettacolo a partire dalle denunce contro il produttore hollywoodiano Weinstein, continua a generare frutti, rappresentando un macrosegnale che qualcosa si sta muovendo nell'emersione del fenomeno della violenza sessuale ai danni dei soggetti deboli e nella capacità delle vittime di esprimersi e di affermare i propri diritti». Secondo Foti, il Me too segnala che «la violenza patriarcale contro le donne è diffusa ed endemica e che questa stessa violenza colpisce direttamente i bambini». Il Me too dunque sarebbe un «reale e profondo segnale» che qualcosa sta cambiando e cioè che i «negazionisti degli abusi», esponenti della cultura patriarcale, si avviano verso la disfatta. La prefazione di Foti è uscita nel luglio 2018, appena tre mesi dopo l'Economist pubblicava l'epitaffio del Me too, il cui reale intento era comunque intuibile fin dall'inizio. Lo stesso testo è stato ristampato nel giugno di quest'anno, segno che Foti non ha cambiato idea. È per lo meno curioso che un terapeuta accusato di vedere abusi anche dove non ci sono celebri un movimento che ha teorizzato l'abuso costante da parte dei maschi. Il Me too ha scatenato - a detta di Margaret Atwood, eroina femminista, una «caccia alle streghe. E il dottor Foti ci viene a dire che tale caccia alle streghe va considerata un modello da seguire, va letta come un cambiamento importante, pure se ha danneggiato le (vere) vittime di abusi. A prescindere dall'esito delle vicende processuali del terapeuta, viene da pensare che il suo modo di pensare sia piuttosto discutibile. Non è un «abusologo»? Glielo auguriamo. Di sicuro ha celebrato e tratto ispirazione dalle femministe che vedevano molestie anche dove non c'erano.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)