2019-03-18
La Fadil non era la donna che sapeva troppo
Aveva già detto tutto quello che poteva sulle «cene eleganti» di Arcore, e nel suo libro non rivelava segreti ma raccontava di aver visto Satana. Restano tutte le ipotesi, compresa quella che a ucciderla sia stata una malattia ancora senza nome.«La donna che sapeva troppo», titolava ieri in prima pagina a caratteri doppi La Repubblica. La donna di cui parlava il quotidiano romano, ovviamente, era Imane Fadil, la modella di origini marocchine morta all'ospedale Humanitas di Rozzano e per il cui decesso la Procura di Milano ha aperto un fascicolo con l'ipotesi di omicidio. Ma che cosa sapeva questa donna? Davvero era a conoscenza di troppi misteri, come lascia intendere il giornale della famiglia De Benedetti? A leggere le carte che l'hanno portata alla ribalta ai tempi del processo Ruby si direbbe di no. Imane Fadil partecipò ad alcune delle cosiddette cene eleganti e per questo fu ascoltata dai pm, ai quali raccontò di aver visto ragazze che ballavano in abiti che non lasciavano nulla all'immaginazione. La testimonianza fu ripetuta in aula, durante la serie di udienze dei processi che seguirono. Imane Fadil, insomma, svelò all'autorità giudiziaria il «troppo» che sapeva. Fu lei stessa a dire di non aver voluto nascondere nulla. A più riprese, fuori dalle aule del tribunale, si fece intervistare da stampa e tv per dire che, a differenza di altre giovani presenti alle cene, non aveva voluto tacere. Io non mi sono fatta corrompere, era il senso delle dichiarazioni. Mi hanno offerto soldi per ritirare la mia costituzione di parte civile, ma io ho rifiutato, preferendo seguire la via maestra della giustizia. In un'occasione parlò di 250.000 euro offerti dal legale di una delle parti in causa (non Silvio Berlusconi). In un'altra disse che un misterioso personaggio le aveva passato un telefono non rintracciabile per mettersi in comunicazione con il Cavaliere, ma lei aveva rifiutato, così come aveva detto no ad altri inviti a recarsi ad Arcore.Neppure nel libro che si dice stesse scrivendo, titolo provvisorio Ho incontrato il diavolo, pare ci sia molto di più. Sembra che la Procura abbia sequestrato il manoscritto, ma in quelle carte ci sarebbero al massimo alcuni aneddoti e qualche «visione» avuta fin da bambina. Imane diceva infatti che da ragazzina aveva incontrato il diavolo, nascosto dietro la tenda, vicino alla finestra. Due metri di altezza, un'ombra inquietante, che poi aveva rincontrato in altre occasioni, Arcore compresa, ma della quale non aveva paura, perché lei era la discendente di un santo cristiano.Imane voleva giustizia per essere stata invitata alle cene eleganti e per essere stata accostata alle altre ragazze, le cosiddette Olgettine, quelle che lei schifava. Per questo, ritenendosi parte lesa, si era costituita parte civile e da anni attendeva che fossero riconosciuti i suoi diritti e, di conseguenza, i danni patiti. Peccato che, a parte una causa per diffamazione intentata a Torino, la giustizia le avesse dato torto. Anzi, a un certo punto, aveva respinto anche la sua costituzione di parte civile nell'ultimo dei cosiddetti processi Ruby (siamo al terzo). Imane non era evidentemente stata ritenuta parte offesa in quel giudizio. Lei non era considerata una vittima, ma ormai solo una testimone, per di più già sentita. Quello che sapeva, troppo o troppo poco, lo aveva detto e dunque, per la giustizia, quella a cui lei stessa diceva di essersi affidata, poteva uscire di scena.Insomma, la donna che sapeva troppo apparentemente non aveva nemici che la volessero zittire. Di certo, non poteva essere considerata un pericolo per il Cavaliere o il suo entourage. La sua testimonianza, ormai, era agli atti, e lei aveva rifiutato i soldi, preferendo vuotare il sacco. Dunque, ammesso e non concesso che qualcuno avesse avuto anche in passato l'intenzione di farla tacere per evitare di farle raccontare ciò che sapeva, ora non c'era alcuna ragione apparente per ridurla al silenzio. No, nessun nemico ad Arcore e dintorni, come lasciano trasparire titoli e cronache. Forse, l'unico nemico negli ultimi tempi era la delusione. Imane era schiacciata dalle ambizioni e dalle frustrazioni. Le ultime notizie la descrivono come una donna costretta a vivere in una cascina semi abbandonata, senza vetri e piena di topi. Nel suo sangue, a quanto pare, non sono state trovate tracce di metalli o di veleni, e anche i presunti ritardi nella segnalazione del decesso all'autorità giudiziaria sembrano svanire insieme ai misteri.Qualcuno ha buttato lì l'idea della leptospirosi, una malattia mortale trasmessa dai topi. Ma anche questa ipotesi sarebbe smentita. Rimane l'ipotesi dell'intrigo, dei killer venuti dall'Est, con materiale radioattivo. Un'ipotesi che però non riesce a spiegare chi e perché avesse interesse a farla tacere. Resta un'ultima possibilità. Che Imane si morta per una malattia che al momento nessuno ha saputo diagnosticare. Una tesi che però non si sposa con il racconto della spy story, e che per questo finora è rimasta remota.