2022-08-03
        La fabbrica dei ragazzi «fluidi» salvata dalla caduta del governo
    
 
Lo scioglimento delle Camere ha bloccato il voto sulla risoluzione della Commissione infanzia che impegnava l’esecutivo a indagare sul Saifip del San Camillo di Roma. Tocca al nuovo Parlamento continuare a vigilare.Qualche giorno fa Repubblica ha dato spazio alla storia di Silvia Ranfagni, scrittrice e sceneggiatrice di successo, già collaboratrice di Carlo Verdone e Ferzan Ozpetek e, soprattutto, madre di Alex, una figlia che «ha imparato a chiamare figlio». Alex ha iniziato a 13 anni a definirsi «non binario», da femmina che era ora si fa chiamare al maschile, e sua mamma ha raccontato con grande sensibilità il travaglio con cui ha vissuto e ancora vive questa situazione. Nella pagina di intervista che Repubblica le ha dedicato, la Ranfagni pronuncia frasi molto toccanti, racconta il suo smarrimento. Poi, però, arriva a una conclusione leggermente inquietante. I ragazzi di oggi, dice, hanno imparato «a concepirsi come modificabili». E non c’è dubbio che le sensazioni vissute da questi giovani, d’età sempre più verde, siano in parte un grande mistero. Ma viene anche il sospetto che in questo loro concepirsi come modificabili ci sia lo zampino di una ideologia il cui obiettivo è proprio questo: trasformare l’essere umano in una sorta di macchina i cui pezzi possono essere sostituiti, o in una entità proteiforme che si può adattare a seconda del bisogno.Tale ideologia è alla base delle istanze Lgbt, quelle transgender in particolare. Ecco perché sorgono parecchi timori quando si scopre che i professionisti chiamati a seguire i minorenni apparentemente intenzionati a cambiare sesso non sono soltanto medici o psichiatri, ma anche attivisti. Alex, il figlio della Ranfagni, è stato seguito da Maddalena Mosconi, esperta che lavora per il Saifip ovvero il Servizio adeguamento tra identità fisica e identità psichica che opera all’interno dell’Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma.Come abbiamo raccontato nei giorni scorsi, l’area del Saifip che si occupa di minori con varianza di genere e disforia di genere è nata nel 2005 e, come si legge sul sito ufficiale del servizio, «è stata determinante nella strutturazione del servizio per i minori la presenza, per diversi anni come supervisore clinico dell’équipe, di Domenico Di Ceglie, che ha fondato e diretto per anni il Gender identity development service presso la Tavistock and Portman clinic di Londra, uno dei più importanti centri a livello internazionale sulla varianza di genere in età evolutiva».Il Gids della Tavistock clinic londinese, fra pochi mesi, chiuderà i battenti per decisione dei vertici del servizio sanitario nazionale britannico (Nhs). Il blocco delle attività (che saranno affidate a una pluralità di altri centri) nasce dopo una lunga serie di polemiche che hanno coinvolto la clinica negli ultimi anni, e che in alcuni casi sono finiti in tribunale. Sui metodi del Gids sono stati pubblicati rapporti molto poco rassicuranti, l’ultimo dei quali realizzato dalla studiosa indipendente Hilary Cass, che ha dato la mazzata finale al centro per il gender.Gli operatori della clinica Tavistock sono stati accusati di fatti gravissimi, e cioè di «essere troppo veloci nell’offrire cure mediche a bambini e ragazzi (farmaci che bloccano gli ormoni). Trattamenti che hanno conseguenze di vasta portata e che, senza una sufficiente esplorazione dei sentimenti e delle motivazioni del bambino, possono avere effetti devastanti sulla sua vita, la sua identità e il suo sviluppo».Le notizie spaventose in arrivo dal Regno Unito hanno suscitato parecchie perplessità anche dalle nostre parti. Il collegamento con l’Italia, d’altra parte, è diretto: il fondatore della clinica inglese è lo stesso che ha accompagnato la nascita dell’area minori del Saifip di Roma. Di fronte a un legame simile si può stare tranquilli? Decisamente no, tanto più che, appunto, perfino i profili social del Saifip sembrano un concentrato di propaganda Lgbt. Per questo motivo, la Commissione infanzia del Senato, ormai diverso tempo fa, ha convocato in audizione i responsabili del Saifip per capire quali procedure seguissero e se l’ideologia non stesse effettivamente influenzando troppo il loro operato. Chi scrive ha seguiti direttamente i colloqui, caldeggiati dal senatore leghista Simone Pillon, e non sono stati un bello spettacolo. I responsabili del Saifip parevano infastiditi dalle domande, non hanno saputo fornire un robusto sostegno scientifico al proprio lavoro, in alcuni casi hanno ripetuto formulette abbastanza banali e un po’ inconsistenti. Tuttavia, mentre la clinica gender inglese chiude, il Saifip rimane in attività, anzi festeggia proprio di questi tempi il trentesimo anniversario.Visto che l’attività di questo servizio procede a pieno regime, viene da chiedersi se non sia il caso che le autorità competenti, e magari pure la politica, si prendano a cuore la faccenda e decidano di verificare se il Saifip stia operando come si deve. A dirla tutta, un notevole passo avanti in questa direzione era stato fatto. Dopo le audizioni in Parlamento, la Commissione infanzia del Senato aveva prodotto, sempre su iniziativa di Pillon, una risoluzione piuttosto netta. Il documento, infatti, faceva ampi riferimenti al caso della Tavistock clinic di Londra e alle problematiche connesse. Poi ricordava che «in Italia l’Aifa, seguendo i protocolli britannici ora sospesi, ha autorizzato la triptorelina come farmaco con uso off label, ossia fuori dalle indicazioni generali, sotto la responsabilità dei singoli medici, per bloccare o ritardare lo sviluppo puberale in adolescenti all’inizio della pubertà (intorno ai 10-12 anni) che presentano problemi di disforia di genere». Scopo della risoluzione era quello di impegnare il governo a «valutare l’eliminazione della triptorelina dai farmaci dispensati a carico del Servizio sanitario nazionale per la disforia di genere, con riguardo ai soggetti minori di età» e a «adottare i provvedimenti più opportuni al fine di impedire la somministrazione a pazienti minori di età di farmaci destinati a sospendere lo sviluppo degli organi sessuali in bambini che presenterebbero casi di disforia di genere, manifestando sintomi di transessualità, indirizzando in questo modo la pubertà verso un sesso piuttosto che un altro». Tra le altre cose, la risoluzione prevedeva che fossero messe in campo azioni preventive onde evitare pressioni ideologiche sui minori, e che il governo provvedesse «ad assicurare un adeguato sistema di rilevazione e monitoraggio del fenomeno, mediante relazione annuale alla commissione parlamentare infanzia e adolescenza».Mettendo in campo azioni di questo genere, si potrebbero forse evitare degenerazioni pericolose come quelle inglesi. Purtroppo, però, la risoluzione della Commissione infanzia non è mai arrivata al momento del voto per l’approvazione: le Camere sono state sciolte prima. A questo punto, ci auguriamo che quel testo non vada perduto, e che il prossimo Parlamento, se non direttamente il prossimo governo, decida di riprendere in mano la questione (chissà, magari qualcuno potrebbe anche farne argomento di campagna elettorale…). Ne va della vita di tanti minorenni: vita vera, quella che si nasconde sotto la propaganda arcobaleno di giornali e tv.
        L’amministratore delegato di Fs Stefano Donnarumma (Ansa)