2021-10-11
Ignazio La Russa: «Noi abbiamo chiuso con il fascismo al tempo di Almirante»
Il senatore di Fdi: «Nel 1970 tolse dalle sedi Msi ogni riferimento del passato. Complimenti alla Raggi, unica grillina che ha lottato»«Il peggiore dei razzismi è quello ideologico: chi non la pensa come la sinistra è un reietto, da attaccare con tutti i mezzi».Senatore Ignazio La Russa (Fratelli d'Italia), non le sono andate giù le polemiche di questi giorni? Dopo le inchieste di Fanpage, a sinistra sono tornati a dare una certa enfasi alla «nostalgia del fascismo». «La sinistra deve riempire un vuoto, sono rimasti senza una tesi politica da sostenere. Non hanno più valori né battaglie da combattere, così agitano lo spettro del fascismo».«Non c'è spazio per atteggiamenti nostalgici del fascismo», ha detto Giorgia Meloni. Ritiene necessaria la sua presa di posizione? «Ha fatto benissimo Giorgia a mettere un punto fermo sulla questione, anche se in un Paese civile non sarebbe necessario: parole chiare e nette sono già state dette, le scelte sono già state fatte. Dall'alto dei miei 70 anni, mi permetta un excursus».Prego.«1970. Circolare di Giorgio Almirante: “Devono sparire dalle sedi del Movimento sociale italiano i riferimenti nostalgici, deve essere abolito qualsiasi segno esteriore di nostalgismo". Era il 1970. E poi il 1995 con Gianfranco Fini, quando abbiamo fatto i conti con il fascismo. Basta rileggere le tesi di Fiuggi: tra le altre cose, si rende onore ai partigiani bianchi che, a differenza di quelli rossi, lottarono per un ideale di libertà, non per una dittatura terribile come quella comunista. Figuriamoci se Giorgia Meloni, che è figlia di una generazione successiva, ha bisogno di ribadire certe cose».Eppure molti vostri esponenti non hanno avuto problemi a definirsi «camerati» né a sfoggiare il saluto romano. «Molti? Certamente no. In ogni caso non deve più succedere. Ma secondo lei, questo può avere un'incidenza sulla linea politica del nostro partito? Qualcuno si informa sui nostri rapporti con la comunità ebraica, che apprezziamo e che io a Milano frequento abitualmente? Qualcuno si informa sul fatto che da parte nostra mai è stata pronunciata una parola di razzismo? Se pensano che Fratelli d'Italia intenda ricostituire il partito fascista, ce lo devono dire e si coprirebbero di ridicolo. Tutte queste posizioni sono molto più chiare da parte nostra che da parte della sinistra: andate a guardare come certe frange di quel mondo giudicano l'ebraismo. Quando mandano lì un microfono nascosto? E quando andranno a ricercare gli adoratori di Stalin e di Tito nella sinistra? E potrei continuare...». Ha iniziato a lasciare al freddo i suoi colleghi in Senato?«Mi scusi?». L'altro giorno, nel corso dei lavori parlamentari sulla Nadef da lei presieduti, la senatrice leghista Erica Rivolta si è lamentata della temperatura a Palazzo Madama. «Le ho risposto, scherzando, se si riferisse davvero alle temperature in aula o alludesse al “gelo" che per giorni si è registrato nella coalizione di centrodestra e, soprattutto, nella maggioranza che appoggia il governo Draghi». Ecco, la coalizione: sono state settimane piuttosto frizzanti tra gli alleati, tra dichiarazioni, qualche polemica e l'imbarazzo agli eventi comuni saltati per via dei ritardi. «C'è stato un momento in cui il clima nel centrodestra non è stato sereno, inutile negarlo. Devo dire che ora vedo una situazione diversa, più distesa. Di fronte a un attacco senza precedenti, i leader sono tornati uniti, solidali l'uno con l'altro. Credo che abbiamo imparato la lezione». Tensioni rientrate, quindi?«Ho sentito Matteo Salvini e Giorgia Meloni parlarsi al telefono più volte in questi giorni, molto più di quanto non abbiano fatto nel corso della campagna elettorale. Ma in quei giorni non c'era molto tempo per farlo». Tra i parlamentari di Forza Italia gira una nota piuttosto dura sull'esito delle elezioni: le responsabilità dei risultati non esaltanti ricadrebbero soprattutto su Lega e Fratelli d'Italia. «Non l'ho vista e non mi interessa. Non intendo polemizzare con Forza Italia, che ha perso molti altri consensi. Non mi piace fare la graduatoria degli errori perché, come si dice, chi è senza peccato scagli la prima pietra». «I candidati del centrodestra sono improvvisati», è stata l'accusa. Che ne pensa? «Improvvisati no. Tardivi sicuramente sì: non hanno avuto il tempo necessario, anche se Michetti è riuscito comunque a essere in testa nei risultati del primo turno. A Roma e Milano, il problema è stato quello di aver proposto inizialmente candidati che non si sono rivelati tali, ma ballon d'essai che hanno rinunciato alla candidatura quando tutta la coalizione aveva deciso di convergere su di loro». Come spiega il ritardo?«La gente non vuole più fare il sindaco, quindi onore a chi si è candidato. Prima di trovare due persone di livello disposte ad accettare, in dieci ci hanno detto no. Fare il sindaco è un lavoro a tempo pieno, bellissimo per chi fa politica e pesante per chi non la fa abitualmente: è un percorso mal pagato e accidentato da possibili guai giudiziari».La scelta di affidarsi ai civici si è rivelata sbagliata?«È stato un errore scegliere a priori il profilo dei candidati: si sceglie chi dà maggiori garanzie, che sia un civico o un politico».Roberto Occhiuto, che è un dirigente di Forza Italia, ha stravinto in Calabria. «Se per i Comuni vigesse lo stesso sistema elettorale delle Regioni a turno unico, anche Enrico Michetti avrebbe già vinto a Roma, pur non essendo un dirigente di partito. Un politico può essere migliore, ma anche peggiore. Non può esserci una scelta a priori».Nelle grandi città, più di 1 elettore su 2 non è andato a votare: gli italiani sono delusi dalla politica?«C'è un generale allontanamento dalle scelte politiche, non è un fenomeno nuovo. Ma c'è anche una disaffezione dovuta al fatto che da anni i governi nazionali prescindono dal voto popolare: lo hanno reso, agli occhi di alcuni, del tutto inutile. Alle amministrative, poi, c'è una minore attenzione degli elettori».Sembra paradossale, se si pensa che in quelle elezioni si decide chi dovrà riparare le buche sotto casa. «Storicamente è così, le comunali hanno meno appeal. E poi c'è stata la delusione di chi, soprattutto in periferia, si è reso conto che la fiducia riposta nei 5 stelle si è rivelata inutile. Non è un caso che nelle periferie di Roma siamo il primo partito, anche se vorrei spezzare una lancia in favore di Virginia Raggi».Addirittura? «Non per quello che ha fatto, su cui mantengo le mie riserve, ma come persona e come combattente: è l'unica candidata grillina a essersi difesa, nonostante gli attacchi del Pd e di una buona parte dei suoi. È stata brava, a Milano il Movimento 5 stelle non ha preso neanche un consigliere».È partito il corteggiamento in vista del ballottaggio?«Al ballottaggio non si vota solo per il candidato più vicino, ma anche per il meno lontano. E quindi tutti puntano su tutti. Noi, come gli altri, parliamo al 100% di quelli che andranno a votare. Se la sinistra può permettersi di parlare agli elettori della Raggi, dopo averla uccisa mediaticamente, o di guardare ai voti del tanto vituperato Calenda, non capisco perché non possiamo farlo anche noi».Le elezioni si vincono al centro, come sostiene qualcuno? «Sono un tatarelliano. Tatarella diceva che la politica è come un fiume: c'è una riva destra e una sinistra. Il centro è una zattera, che viene attratta a volte verso una sponda, altre volte verso l'altra».La coalizione ha bisogno di una guida univoca, un federatore?«La guida c'è, ma poi bisogna esercitarla. Per tanto tempo è stato Silvio Berlusconi, che è l'uomo che ha inventato il centrodestra. Quando la maggioranza dei voti è passata a Matteo Salvini, non gli è stata data la possibilità di provare a fare un governo di centrodestra, soprattutto per scelte che vengono dall'alto. In questa legislatura il centrodestra non è mai stato interamente al governo o all'opposizione. Quando ci faranno votare, se vinceremo, si vedrà un centrodestra compatto con una guida univoca».Giorgia Meloni è pronta per guidare la coalizione e un governo di centrodestra? «Sicuramente è in grado. Se è pronta lo verificheremo con i fatti e con i voti, alle elezioni. Lo ha fatto Giuseppe Conte, figuriamoci se non può farlo lei che ha molta più capacità e sensibilità politica. Fare il primo ministro è un obiettivo eventuale, la sua priorità è dare all'Italia un governo non di sinistra».Per Romano Prodi ciò provocherebbe «una reazione molto negativa dei Paesi Ue».«Ciò dimostra che non sbagliamo quando parliamo di sovranità. Devono essere gli italiani a decidere chi governa. La democrazia non è il risultato che deve piacere agli altri, ma quello che gli elettori decidono. Mi sembra fin troppo strano che debba essere io a fare questa lezione a Prodi».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?
Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)