2024-12-10
La crisi siriana indebolisce Mosca ma al tavolo su Kiev vanta un credito
Il bilancio post 7 ottobre di Netanyahu: «Asse iraniano smontato pezzo a pezzo».La mancata difesa dell’alleato Assad potrebbe valere diverse contropartite: dagli sbocchi sul Mediterraneo (grazie alla Turchia) alle compensazioni Usa per una pace a Est. Donald Trump secco: «In Ucraina Vladimir Putin ha perso».Lo speciale contiene due articoliLa caduta di Bashar Al Assad è ricca di implicazioni per la Russia. Innanzitutto bisognerebbe capire se Mosca non sia riuscita a difendere l’alleato siriano a causa della guerra in Ucraina o se, proprio per questo, abbia intenzionalmente rinunciato a sostenerlo, anche in considerazione dell’intrinseca debolezza a cui era ormai soggetto il regime di Damasco. In altre parole, non è escludibile che il Cremlino possa essersi accordato sottobanco con la Turchia, vale a dire il grande sponsor degli insorti, lasciando campo libero ai miliziani islamisti, in cambio di rassicurazioni per le basi russe nelle città siriane di Tartus e Latakia.Non a caso, ieri il Cremlino ha fatto sapere che le autorità di Mosca stanno adottando le «misure necessarie per stabilire contatti in Siria con coloro in grado di garantire la sicurezza delle basi militari». Sempre ieri, l’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti attribuiva la responsabilità della caduta allo stesso Assad, precisando che l’interesse di Mosca risiederebbe soltanto nella tutela delle basi: un modo per stornare dal Cremlino l’accusa di debolezza. Non solo. Capire se la Russia si sia accordata o meno con la Turchia potrebbe avere delle ripercussioni anche sulla stabilità della Libia. Ricordiamo che il Paese nordafricano è diviso tra due governi rivali: quello di Tripoli, spalleggiato da Ankara, e quello di Bengasi, legato al generale Khalifa Haftar, che è a sua volta sostenuto dai russi. A seconda di quello che è successo, si prospettano due scenari alternativi: o nuove tensioni interne alla Libia o un rilancio dell’influenza russa sull’Est del Paese in accordo con Ankara.Resta comunque il fatto che la caduta di Assad rappresenta al momento un danno d’immagine per Mosca. Innanzitutto, questa crisi potrebbe rendere più baldanzosi i movimenti islamisti presenti nel Caucaso settentrionale: basta ricordare gli attacchi terroristici verificatisi nel Daghestan a giugno. Del resto, secondo la Jamestown Foundation, sembrerebbe che la guerra in Ucraina stia impedendo al governo di Mosca di affrontare con decisione il riemergere di sigle islamiste nell’area. E la situazione potrebbe peggiorare a seguito della caduta di Assad. Tra l’altro, non è escluso che il crollo del regime siriano possa indirettamente alimentare l’attivismo dei gruppi qaedisti nel Sahel, dove vari governi golpisti - soprattutto in Mali e in Burkina Faso - si sono avvicinati a Mosca nella speranza di contrastare i locali movimenti jihadisti.Il secondo nodo che Vladimir Putin dovrà affrontare riguarda invece i negoziati per la crisi ucraina che prevedibilmente inizieranno dopo l’insediamento di Donald Trump. Lo zar si avvia al tavolo delle trattative con una zavorra in meno, è vero, ma, al contempo, con un’influenza politico-militare ridotta in Medio Oriente. Una situazione, questa, che potrebbe lasciargli un margine negoziale più limitato. Non a caso, Trump sembrerebbe pronto ad approfittarne. Domenica, per spingere Putin a trattare sul dossier ucraino, ha affermato che lo zar avrebbe de facto abbandonato l’alleato siriano, dichiarando: «Assad se n’è andato. È fuggito dal suo Paese. Il suo protettore, la Russia guidata da Putin, non era più interessato a proteggerlo». Il presidente americano in pectore ha poi proseguito, affermando che Mosca ha perso interesse per la Siria a causa della guerra ucraina: un conflitto che, ha concluso Trump, dovrebbe finire. Ieri, dopo aver sostenuto che Volodymyr Zelensky «vuole la pace», il tycoon ha rincarato la dose, dichiarando: «Putin dovrebbe pensare che sia giunto il momento di fare la pace, perché ha perso: quando perdi 700.000 persone, è giunto il momento».In altre parole, Trump ha trasmesso a Putin due messaggi. Primo: la guerra in Ucraina sta ledendo i tuoi interessi in altre aree. Secondo: hai abbandonato il tuo protetto e non ci hai fatto una bella figura. Conclusione: siediti al tavolo ucraino e tratta. Affermazioni, quelle del presidente americano in pectore, che devono aver lasciato il segno, tanto che Putin, proprio ieri, ha voluto non solo ribadire l’impegno di Mosca nell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva ma ha anche concesso ad Assad asilo politico in Russia. Sempre ieri, il capo del Cremlino ha detto di «non avere dubbi sulla vittoria della Russia». In parole povere, lo zar vuole evitare che Mosca venga percepita come debole, traditrice o non in grado di rispettare i propri impegni internazionali. Trump punta invece proprio su questo: vuole spingere Putin a trattare sull’Ucraina, facendogli capire che, se non lo farà, sarà costretto a vedere sempre più compromessa la sua credibilità internazionale. Parallelamente, il tycoon sta mettendo pressione anche a Zelensky per farlo sedere al tavolo delle trattative: è così che va letta la sua recente ipotesi di ridurre l’assistenza a Kiev.Trump sta comunque alternando la carota al bastone. Sabato, ha categoricamente escluso un nuovo coinvolgimento americano in Siria. Il che, sotto certi aspetti, può esser letto come una mano tesa allo zar, soprattutto se il nuovo regime a Damasco dovesse garantirgli la sicurezza delle basi. Dall’altra parte, pur avendo rafforzato notevolmente la propria influenza in loco, lo stesso Recep Tayyip Erdogan è consapevole di non poter gestire da solo l’intero dossier siriano. Trump potrebbe quindi puntare a mediare un nuovo bilanciamento di influenza tra Russia e Turchia nell’area. E potrebbe usare proprio questa mediazione come pedina di scambio, per spuntare da Putin condizioni più vantaggiose durante i negoziati sul conflitto ucraino.Il punto è che l’aver concentrato tutte le proprie forze sull’Ucraina, lasciando sguarniti altri fronti, potrebbe rendere lo zar meno disposto a mostrarsi morbido nelle trattative. Il disimpegno siriano, subìto o scelto che fosse, potrebbe portare Putin a irrigidirsi. Una circostanza porterebbe Trump a fare altrettanto. Entrambi hanno bisogno di ripristinare la deterrenza. Chi si ricorda la Guerra fredda, sa che cosa questo significhi. Nei prossimi mesi, potremmo ballare. E parecchio anche.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-crisi-siriana-indebolisce-mosca-ma-al-tavolo-su-kiev-vanta-un-credito-2670399800.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="israele-fa-la-conta-dei-nemici-caduti-il-golan-sara-nostro-per-sempre" data-post-id="2670399800" data-published-at="1733781153" data-use-pagination="False"> Israele fa la conta dei nemici caduti: «Il Golan sarà nostro per sempre» La mattina del 7 ottobre 2023 l’Iran, Hamas, la Jihad islamica, gli Hezbollah, gli Huthi, le milizie sciite filoiraniane, il regime siriano di Bashar Al Assad e tutti gli odiatori di Israele sparsinel mondo erano convinti di essersi sbarazzati del loro nemico. Mentre i jihadisti di Hamas stupravano, ammazzavano e decapitavano donne e bambini e mentre sparavano all’impazzata contro civili inermi, in una suite di un lussuosissimo resort a Doha l’allora capo di Hamas, Ismail Hanyeh, rideva a crepapelle guardando le immagini trasmesse da al-Jazeera per poi ringraziare Allah. Una scena turpe che ha sconvolto milioni di musulmani che hanno visto festeggiare la morte di oltre 1.200 persone innocenti e che con Hamas non hanno mai voluto avere nulla a che fare. È stato il giorno più nero per il popolo di Israele e gli ebrei di tutto il mondo, un fiasco colossale per il governo israeliano e una totale débâcle per le strutture di sicurezza. Ma è stato un giorno di dolore anche per coloro che amano Israele pur non essendo ebrei e per chi vuole un mondo libero dove non ci si debba inchinare alla sharia (la legge islamica), e dove ogni individuo può vivere la propria sessualità senza essere buttato dal tetto di un palazzo, come succede agli omosessuali nella Gaza governata da Hamas, e più in generale nei Paesi arabi dove vige la sharia.Chi ha festeggiato il 7 ottobre 2023 però ha fatto male i propri conti, come Vladimir Putin che era convinto che in quattro giorni l’Ucraina si sarebbe dissolta sotto i colpi del suo esercito. Israele ha reagito iniziando la guerra nella Striscia di Gaza e il risultato è che oggi Hamas dal punto di vista militare non esiste più, sono stati ammazzati il capo politico, Ismail Hanyeh, i capi militari Mohammed Deif e Yahya Sinwar, così come sono morti centinaia di capi e capetti del gruppo jihadista sunnita oltre a migliaia di miliziani e molti civili (non abbiamo ancora il numero) usati come scudi umani. Nota dolente gli ostaggi, alcuni dei quali ancora nelle mani di Hamas.Gli Hezbollah nell’ultimo anno hanno lanciato contro Israele più di 10.000 missili che hanno provocato ingenti danni nel Nord del Paese e quasi 70.000 sfollati. Poi gli israeliani hanno pensato che fosse ora di rispondere seriamente ai jihadisti libanesi mentre nelle piazze europee si chiedeva la «morte dei sionisti e la fine del genocidio», peraltro inesistente. E così sono morti più 4.000 membri di Hezbollah (centinaia i feriti) e tra loro ci sono migliaia di semplici miliziani e l’intero gruppo dirigente, a partire dal leader supremo della milizia sciita Hassan Nasrallah ucciso in un bombardamento a Beirut insieme a decine di suoi collaboratori. Quella notte sono andati in fumo anche un miliardo di dollari in banconote e oro. Per giorni il gruppo ha faticato a nominare un successore dopo che anche l’erede designato di Nasrallah, il cugino Hashem Safi al-Din, è stato ucciso dagli israeliani. Dopo di lui la scelta è caduta su Naim Qassem che si fa vedere pochissimo e che non ha certo il carisma di Nasrallah. Gli Huthi continuano a sparare i loro razzi ma Israele e gli Usa con Trump chiuderanno presto la partita. Un altro nemico di Israele ha fatto una brutta fine: Assad è dovuto scappare dalla Siria oggi in mano a un jihadista che fino a mercoledì si faceva chiamare Abu Mohammad Al Jolani e che da ieri ha scelto il suo vero nome ovvero Ahmed Al Shareh. Vista la situazione gli israeliani hanno oltrepassato i confini siriani per la prima volta dal 1973 dispiegando le proprie truppe nella zona cuscinetto demilitarizzata e nell’area controllata da Damasco sulle alture del Golan. Benjamin Netanyahu ha giustificato l’operazione definendola necessaria «per impedire che forze ostili si stabiliscano proprio a ridosso del nostro confine». E ha promesso: «Sarà per sempre parte integrante di Israele». Il bilancio post 7 ottobre, dopo la tragedia, è positivo: «Stiamo smontando passo passo l’asse iraniano». Allo stesso tempo, Netanyahu ha sottolineato che il crollo del regime siriano potrebbe rappresentare un’opportunità. E senza sparare un colpo. Infine, a Teheran si attende e si teme l’arrivo di Donald Trump amico di Israele che era meglio non provocare.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.