2025-06-25
La Corte suprema fa ripartire i rimpatri Usa
Revocata l’ingiunzione del giudice federale di Boston nominato da Joe Biden: contrarie le toghe democratiche.Che mantenga le sue promesse elettorali o no, Donald Trump è sempre nel mirino degli oppositori. Soprattutto adesso che è riuscito a portare a compimento uno dei più importanti impegni assunti con gli elettori, il rimpatrio degli immigrati clandestini.La Corte suprema degli Stati Uniti ha stabilito, infatti, in mezzo a mille polemiche (6 voti a favore e 3 contrari), che l’amministrazione può riavviare i rimpatri nei Paesi terzi, diversi dalla nazione d’origine dei migranti, con un preavviso limitato. I giudici hanno revocato una sospensione richiesta a marzo da un giudice federale di Boston: Brian Murphy, nella sua prima ingiunzione, aveva sollecitato l’amministrazione a dare agli immigrati un preavviso «significativo» e la possibilità di sollevare obiezioni prima che fossero rimpatriati. Il giudice, nominato dall’ex presidente democratico Joe Biden, aveva poi emanato, il 18 aprile, un’ingiunzione preliminare contro i provvedimenti restrittivi, a meno che non fossero soddisfatti diversi prerequisiti. La decisione di Murphy era scattata dopo che l’amministrazione Trump aveva rimpatriato nel Sudan del Sud otto immigrati, sei dei quali condannati per reati violenti tra cui omicidio, incendio doloso, rapina a mano armata e stupro. La Corte suprema ha accolto la richiesta di urgenza dell’amministrazione Trump e ha sospeso l’ingiunzione di Murphy.La decisione è stata caratterizzata, come prevedibile, da una forte connotazione ideologica da parte del partito democratico: una dei giudice della Corte, Sonia Sotomayor, «in quota» liberal, ha diffuso subito dopo il voto un documento di dissenso, lungo 19 pagine, definendo l’azione della Corte «tanto incomprensibile quanto imperdonabile». «In materia di vita e di morte, è meglio procedere con cautela», ha scritto Sotomayor, «ma in questo caso il governo ha adottato l’approccio opposto. Non posso unirmi a un abuso così grossolano», ha chiosato. La lettera è stata sottoscritta anche dagli altri due giudici democratici Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson. L’amministrazione ha chiarito alla Corte che la sua politica nei confronti dei Paesi terzi rispetta già la legislazione in vigore sul giusto processo ed è fondamentale per espellere i migranti che commettono crimini. Un funzionario dell’amministrazione Trump ha spiegato che i crimini dei migranti erano «così mostruosi e barbari» che nessun altro Paese voleva accettarli. Murphy ha tentato di ribattere che l’amministrazione aveva «indiscutibilmente» violato la sua sentenza (il giudice aveva addirittura suggerito di incarcerare i funzionari che avevano eseguito i rimpatri); per tutta risposta, l’amministrazione ha presentato la petizione alla Corte suprema per fermare l’ingiunzione preliminare di aprile.Le polemiche non si fermano: Sotomayor ha dichiarato che la sentenza dell’Alta corte «espone migliaia di uomini al rischio di tortura o morte». Per la portavoce della Casa Bianca, Abigail Jackson, invece, la decisione dei giudici contro l’ingiunzione «del giudice di sinistra» Murphy «riafferma l’autorità del presidente di rimpatriare gli stranieri illegali e criminali dal nostro Paese e rendere l’America di nuovo sicura». «Questa è una vittoria per la sicurezza del popolo americano», ha aggiunto la portavoce del dipartimento della Sicurezza nazionale, Tricia McLaughlin, «l’amministrazione Biden ha permesso a milioni di stranieri illegali di inondare il nostro Paese. Ora l’amministrazione Trump può esercitare la sua autorità indiscussa per espellere questi stranieri illegali e criminali e uscire da quello che ormai è diventato un incubo per la sicurezza della nazione».Per quanto la questione sia stata politicizzata tanto nel nostro Paese (dove la stampa continua maliziosamente a tradurre la parola «deportation» con «deportazione», anziché «rimpatrio») quanto negli Stati Uniti, c’è da dire che la sentenza della Corte suprema, emanata senza che siano ancora uscite le motivazioni (come accade per tutti i provvedimenti d’urgenza), prende atto della realtà: sono spesso gli stessi Paesi di provenienza dei clandestini a non voler riaccogliere sul proprio territorio i loro concittadini; la decisione dei giudici supremi è l’unica soluzione che consente ai funzionari una maggiore flessibilità per dirottare verso altri Paesi, in tempi rapidi, gli immigrati che si sono macchiati di reati, impedendo loro di continuare a delinquere sul suolo americano.In teoria, nonostante la sentenza, Murphy e altri giudici potrebbero continuare a bloccare i rimpatri; l’azione della Corte Suprema potrebbe inoltre innescare un’ondata di cause legali individuali, mentre gli studi legali stanno suggerendo agli immigrati di mettere a verbale la loro «paura tangibile» di Paesi terzi verso i quali potrebbero essere dirottati, se questi sono noti per violazioni dei diritti umani e maltrattamenti degli stranieri. Cavilli che fanno a pugni con gli ultimi sondaggi: le indagini demoscopiche rivelano che la maggioranza dei cittadini americani condivide l’azione presidenziale.