2022-12-03
La Corte offre a Speranza l'ultima balla
Roberto Speranza (Getty images)
L’ex ministro approfitta dell’incredibile pronunciamento della Consulta per assolvere sé stesso: «L’obbligo era l’unica via». Però in Europa nessun altro l’ha imposto. E i dati sanitari di Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna sono stati migliori dei nostri.Invece di farsi dimenticare, e di far scordare agli italiani i suoi anni alla guida del ministero della Salute, Roberto Speranza non perde occasione per tornare alla ribalta. L’ultima gliel’ha offerta la Corte costituzionale, con il suo incredibile - ma prevedibile - pronunciamento a favore della limitazione delle libertà individuali. Passando sopra agli articoli della Carta su cui si fonda la nostra Repubblica, la Consulta ha nei fatti sancito che sull’onda dell’emergenza si può soprassedere alla tutela dei diritti, togliendo il lavoro e anche lo stipendio a un cittadino che non si adegui alle direttive. Di quanto aberrante sia il pronunciamento dei giudici della legge abbiamo già detto, così come abbiamo già osservato che con una Corte politicamente corretta come quella attuale non poteva che finire così. Tuttavia, ci mancava Speranza, il quale dopo essere stato cacciato dagli italiani dal ministero, ieri, commentando la sentenza della Corte costituzionale, è rispuntato sulle pagine di Repubblica, ovviamente per applaudire i giudici per non aver sconfessato il suo operato. Nell’intervista al giornale di casa Agnelli, l’ex assessore all’urbanistica di Potenza che per tre anni ha avuto in mano la nostra Salute si è ovviamente congratulato con la Corte per aver confermato le sue scelte. Secondo Speranza la decisione di privare del lavoro e dello stipendio chi non si era vaccinato era l’unica scelta per fermare morti e contagi. L’ex ministro rivendica di aver agito ispirandosi al diritto alla Salute, anche sugli altri interessi in campo, e mettendo al centro delle sue decisioni l’evidenza scientifica. «La sentenza della Corte riconosce la razionalità delle scelte che sono state fatte» sentenzia tronfio. «Il governo ha deciso di fare una scelta forte. Del resto, i governi devono scegliere». Che quella di Speranza sia stata una scelta forte non c’è alcun dubbio, ma sul fatto che sia stata la più razionale, la più scientifica e quella giusta, come egli asserisce, invece le perplessità sono molte. Anzi, visto che il segretario di Articolo 1 si nasconde dietro l’evidenza scientifica (mascherando decisioni che invece erano e restano prettamente politiche), sarà bene dare uno sguardo a ciò che è successo fuori dai confini nazionali dal giorno in cui Speranza e compagni hanno deciso di eliminare il diritto al lavoro e allo stipendio ai non vaccinati. Dal primo gennaio al 30 giugno di quest’anno, cioè dal giorno in cui è entrato in vigore l’obbligo di sottoporsi all’immunizzazione, pena non poter svolgere le funzioni di medico, infermiere, poliziotto o professore (ma il diktat aveva valore anche per i cinquantenni), in Italia si sono registrati 12,5 milioni di nuovi contagi e i morti di Covid sono stati 31.000. Dunque, seguendo il ragionamento di Speranza, se dagli ospedali non fossero stati cacciati i sanitari non vaccinati, dalle scuole i docenti non immunizzati e dai commissariati gli agenti renitenti all’iniezione, i contagi e i morti sarebbero stati maggiori. Peccato che questa bislacca teoria non abbia alcuna controprova. Anzi, semmai esiste più di una conferma del contrario. Infatti, basta guardare che cosa è accaduto in Germania, che non ha adottato i divieti del governo Draghi. I contagi hanno superato i 21 milioni e i morti nel periodo considerato sono stati 25.000, dunque quasi 6.000 in meno rispetto all’Italia. E dire che i tedeschi sono 83 milioni, cioè 24 milioni più di noi. In rapporto alla popolazione, la mortalità di Covid nei primi sei mesi dell’anno in corso è la seguente: 525 decessi per milione in Italia, 308 in Germania. Un’eccezione che conferma la regola? No. In Francia la prima parte dell’anno si è chiusa con 20 milioni di casi, 25.000 morti e un’incidenza fra popolazione e morti positivi al coronavirus pari a 372 vittime per milione. In Spagna i contagi registrati sono stati 6 milioni, i morti 17.000 e la mortalità è pari a 370 per milione. Allo scienziato politico cui Conte, Draghi e Mattarella hanno affidato la nostra salute non basta? E allora guardate la Gran Bretagna, quando ancora era guidata da quello svitato di Boris Johnson. I contagi in sei mesi hanno superato i 9 milioni, cioè un terzo meno dei nostri, mentre i morti si sono fermati a 30.000, ovvero mille in meno nonostante 8 milioni di abitanti in più. Infatti, l’incidenza di decessi è inferiore alla nostra: 455 per milione. Che cosa si può concludere scorrendo queste cifre? La risposta è semplice: al contrario di quanto sostiene Speranza, l’obbligo vaccinale non ha fermato né i morti né i contagi, per il semplice motivo che - a differenza di quanto si è voluto far credere - il vaccino non fermava i contagi e perciò non poteva neppure funzionare per bloccare la diffusione del virus. Dunque, la decisione del compagno Speranza (ministro che ha tolto il lavoro nonostante guidi un partito che dice di difendere il lavoro) non solo ha leso - con buona parte dei giudici della legge - i diritti costituzionali, ma non era neppure «ispirata», come egli sostiene, dall’evidenza scientifica. Qui di evidente c’è soltanto il bollettino dei decessi, a testimonianza di un fallimento che dovrebbe indurre molti a tacere.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
Continua a leggereRiduci
Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.