2019-12-19
La congiura del silenzio sugli sbarchi si rompe solo per le accuse a Salvini
Da mesi giornali e tv non parlano di immigrati, nonostante gli ingressi via mare siano aumentati proprio in contemporanea con l'avvento dei giallorossi. L'argomento torna di moda giusto per sparare sulla Lega.Ormai in Italia si parla di immigrati in due circostanze: o perché è la giornata internazionale dei diritti dei migranti, cioè ieri, oppure per le indagini che riguardano Matteo Salvini. Fine delle comunicazioni. L'emergenza è rientrata, gli sbarchi sono finiti, non ci sono naufragi, i centri sono vuoti, le strade illuminate e sicure, i porti aperti come le porte delle case e dei cuori: questo è il racconto buonista che scorre sulla grande stampa e sulla tv di Stato. Per mesi sono partiti allarmi sul Mediterraneo in burrasca, ora è scesa la bonaccia. La Libia ha ricevuto con onore la visita del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, mentre Malta, benché travolta dagli scandali, si vanta di essere stata il luogo della storica firma dei trattati che ridistribuiscono i profughi sbarcati. Naturalmente il nuovo ministro dell'Interno, il prefetto Luciana Lamorgese, resta muto. E così dà a intendere che non ci sia proprio nulla da dire.Questo è l'untuoso ritratto a olio che viene fatto del problema. Della stagione salviniana resterebbero soltanto i fascicoli aperti nei Palazzi di giustizia a carico del leader della Lega, altrettante spade di Damocle appese sulla testa dell'ex titolare del Viminale. Il quale rischierebbe fino a 15 anni di carcere per sequestro di persona aggravato dall'abuso di potere per avere ritardato l'approdo della nave Gregoretti che aveva 131 migranti a bordo. Il pubblico ministero era favorevole all'archiviazione, il presidente del Tribunale dei ministri (iscritto a Magistratura democratica) no.Queste sì che sono notizie. Sul resto è calato un silenzio complice. Non se ne deve più parlare. Il problema non esiste e le Ong ne approfittano per tentare di rimettersi in sesto davanti alla giustizia. È proprio così? Naturalmente no. Un mese fa, tra il 20 e 21 novembre, c'è stato un naufragio nel Mediterraneo con almeno 67 morti. L'allarme è stato dato da Alarm phone, la piattaforma per il soccorso di imbarcazioni di migranti in difficoltà, allertata da un pescatore. Quante tv ne hanno parlato? Non è difficile immaginare che cosa sarebbe successo se la strage si fosse compiuta con Salvini ministro: gli sarebbero stati imputati ritardi, disinteresse, crudeltà. Ora invece è soltanto una tragica fatalità che non merita di approdare in prima pagina. Sempre a metà novembre la nave Ocean viking ha soccorso 123 persone in più riprese. Lo stesso Avvenire, l'accogliente giornale dei vescovi italiani, ha scritto pochi giorni fa che «le partenze dalla Libia si susseguono senza sosta» in «una tragedia che sembra non finire mai», spiegando che almeno 200 migranti sono stati respinti dalla guardia costiera libica.Il ministro sceglie il silenzio, come fossero questioni che non riguardano il Viminale: in realtà sulla carta il governo non ha cambiato politica sull'immigrazione, visto che i decreti Sicurezza sono tutti ancora in vigore. Ma se la Lamorgese tace, parlano i numeri. Che effettivamente registrano un netto calo di sbarchi nel 2019 rispetto sia al 2016 (governo Renzi), sia al 2017 (governo Gentiloni), sia al 2018 (governo Conte 1). Ma evidenziano una ripresa proprio negli ultimi mesi: sarà un caso, una coincidenza astrale, ma essa coincide con l'uscita di Salvini dal Viminale avvenuta ad agosto. Settembre 2019: 2.498 sbarchi rispetto ai 947 del settembre 2018. Ottobre 2019: 2.017 contro 1.007 di un anno prima. Novembre 2019: 1.232 sbarchi contro 980. L'emergenza è proprio chiusa in archivio?Al 15 dicembre scorso risultano «in accoglienza» sul territorio italiano 92.891 immigrati, di cui 68.342 nei centri di accoglienza e 24.388 coperti dal sistema di protezione per richiedenti asilo. Quasi 100.000 stranieri da collocare: anche questo è un dato su cui si può tranquillamente sorvolare, o faceva scandalo soltanto all'epoca di Salvini? È interessante poi vedere dove vivono questi migranti. Non sono distribuiti uniformemente sul territorio nazionale, perché metà vive nelle regioni del Nord: il 14% in Lombardia, il 10 in Emilia Romagna, il 9 in Piemonte, il 7 in Veneto, il 4 in Liguria, il 3 in Friuli Venezia Giulia, il 2 in Trentino Alto Adige. Fanno il 49% soltanto nelle sette regioni del Nord. I minori stranieri non accompagnati solo oltre 6.300. E questo non sarebbe un enorme problema sociale? La situazione rimane dunque allarmante. Tutto però congiura ad abbassare il volume e mettere il silenziatore. L'enfasi va data agli accordi di Malta, alla redistribuzione, alla «pax europea» raggiunta dal nuovo governo, alla necessità di accogliere. Ieri per la giornata mondiale dei diritti dei migranti papa Francesco ha twittato: «La risposta alla sfida posta dalle migrazioni contemporanee si può riassumere in quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Se li mettiamo in pratica contribuiamo a costruire la città di Dio e dell'uomo». Oggi il Pontefice riceverà i rifugiati arrivati da Lesbo. A scanso di equivoci: i dati non sono della «Bestia» mediatica di Salvini, ma del ministero dell'Interno. E qui andrebbe ricordato un piccolo particolare. Al leader della Lega è stata rimproverata ogni forma di disumanità. Lo si è accusato di avere trattato i profughi in modo indegno di persone umane. Ora però chi lanciava queste accuse cade nell'errore contro il quale puntava il dito: i profughi sono diventati numeri, dati, statistiche. Poiché i conteggi dicono che rispetto a tempo fa il fenomeno si è ridotto, allora la faccenda è risolta. Ma nei campi di accoglienza restano quasi 93.000 persone, non altrettanti tabulati dell'Istat.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 17 settembre con Carlo Cambi