2022-04-30
La Chiesa libera i fedeli dal bavaglio. Speranza e Brunetta creano il caos
Mentre i vescovi aboliscono la mascherina a messa, si moltiplicano le cervellotiche indicazioni del ministro: no alle protezioni nei ristoranti al chiuso, ma sì al cinema. E il ricatto dei dpi resta pure al lavoro e a scuola.A messa si potrà andare senza mascherina, però per vedere un film al cinema o una commedia a teatro sono ancora obbligatorie le Ffp2. C’era da aspettarselo, che le indicazioni della Conferenza episcopale italiana sollevassero perplessità, critiche e malcontento, dopo che la circolare del ministro della Salute ha precisato che «è comunque raccomandato di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie in tutti i luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico».Perché nemmeno la chirurgica per ascoltare l’omelia, pregare e cantare assieme agli altri fedeli, quando pure al cinema stai seduto, nemmeno parli, ma ti fanno mettere la mascherina più fastidiosa? La Cei raccomanda, non impone, di continuare ad usare i dispositivi di protezione individuale «in tutte le attività che prevedono la partecipazione di persone in spazi al chiuso come le celebrazioni e le catechesi», quindi i fedeli possono sentirsi liberi di lasciare il bavaglio a casa o in tasca.Prima potevano abbassare la mascherina giusto il tempo per ricevere l’Eucaristia, sulla lingua se per loro fortuna hanno un parroco non «prudente», o nella mano accuratamente disinfettata per poi portarla alla bocca. Adesso partecipano a volto scoperto alla celebrazione liturgica. Di sicuro non mancheranno vescovi, parroci timorosi dei contagi e desiderosi di muoversi in autonomia, con tanto di bollettino sul comportamento da adottare in chiesa che limiterà l’accesso ai non credenti nella mascherina, però di fatto il cardinale Gualtiero Bassetti ha deciso la raccomandazione, non l’obbligo.Un bel passo in avanti, da parte della Cei, anche se rimane caotico il modus operandi del ministero della Salute. Il 28 aprile ha emanato una nuova ordinanza che fino al prossimo 15 giugno impone le Ffp2 ancora sui mezzi di trasporto pubblico a lunga percorrenza e locali, per gli eventi che si svolgono al chiuso in locali come sale cinematografiche (dove dal 10 marzo abbassi la mascherina solo per mangiare pop corn o patatine), sale da concerto e sale teatrali, escludendo dall’obbligo le discoteche. Locali, questi ultimi, nei quali le distanze per forza non si rispettano.In negozi, centri commerciali, supermercati, bar e ristoranti al chiuso la mascherina dal 1 maggio non sarà più obbligatoria, così come dal barbiere, dal parrucchiere, dall’estetista in uffici pubblici, banche, poste, musei e allo stadio. L’ennesima conferma che gli esperti, di cui si avvale il ministro Speranza, non ci capiscono un bel nulla di misure sanitarie. Hanno atteso la fine di aprile, per emanare nuove disposizioni che complicheranno ancor più la vita. Pensiamo al mondo del lavoro, nel settore privato rimangono in vigore i protocolli sulla sicurezza firmati con i sindacati e con Confindustria, che prevedono l’utilizzo ancora della mascherina.Il 4 maggio, le parti sociali decideranno se cambiare gli accordi, pare che difficilmente verranno sottovalutate le «raccomandazioni» di Speranza. Così come nel pubblico sarà impossibile ignorare il contenuto della circolare del ministro Roberto Brunetta, emanata ieri. Si precisa che «non sussiste alcun obbligo specifico» all’utilizzo di mascherine da parte del personale «nei luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico», però l’utilizzo è raccomandato in particolari situazioni.Brunetta le elenca con la consueta pignoleria, ovvero per gli addetti allo sportello che non abbiano «idonee barriere protettive»; per chi lavora anche solo con un altro collega nella stessa stanza; durante le riunioni in presenza; in ascensore e quando si è in fila per andare al bar, in mensa o semplicemente si sta entrando in ufficio.«Ciascuna amministrazione dovrà quindi adottare le misure che ritiene più aderenti alle esigenze di salute e di sicurezza sui luoghi di lavoro», scrive il ministro della Funzione pubblica, che di fatto obbliga moralmente, non raccomanda. Quale azienda pubblica si sentirà tranquilla nel decidere di far togliere le mascherine, se Brunetta scrive nero su bianco che praticamente tutte le situazioni di lavoro sono a rischio? Bontà sua, infatti, esclude l’utilizzo dei dispositivi di protezione solo «in caso di attività svolta all’aperto», dove però le mascherine non erano obbligatorie già dall’11 febbraio; se un dipendente ha un ufficio tutto suo e su «corridoi o scalinate», sempre che non ci sia affollamento. Insomma, un alleggerimento delle misure precauzionali che suona come una farsa, dal momento che la singola amministrazione pubblica si sente «ricattata» a far imporre ancora il bavaglio ai dipendenti, per tutelarne salute e sicurezza.Continua ad essere criticata, inoltre la decisione di mantenere i dispositivi di protezione delle vie respiratorie fino alla fine dell’anno scolastico. «Obbligo di mascherina a scuola fino al 15 giugno? Voto: 4», twittava ieri Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. Ha poi aggiunto: «Ai ragazzi si sarebbe potuto lasciare questo mese e mezzo senza mascherina in classe. È una ipocrisia italica».