
L'arcivescovo di San Francisco Salvatore Joseph Cordileone: «Conosco l'ex nunzio, non ha agito per vendetta. Per i fedeli sono scandalose le carriere dei preti coinvolti. Stare zitti? Un buon pastore protegge le sue pecore, non fugge davanti al lupo»«Io penso che sulla testimonianza dell'arcivescovo Carlo Maria Viganò occorra fare chiarezza e appurare bene i fatti. Serve un'indagine estesa e completa per capire esattamente cosa è successo». A parlare alla Verità è l'arcivescovo metropolita di San Francisco, monsignor Salvatore Joseph Cordileone che, come il cognome fa intuitivamente supporre, ha antiche origini italiane. In seguito alle dichiarazioni di Viganò, Cordileone è stato fra i primi a prendere posizione. Lo ha fatto con una lettera inviata ai fedeli della sua diocesi in cui ha speso parole di apprezzamento per l'ex nunzio, unendosi alla richiesta del cardinale e presidente della conferenza episcopale statunitense, Daniel DiNardo, di aprire un'indagine sui fatti e «adottare eventuali azioni correttive che potrebbero essere necessarie alla luce dei suoi risultati».Non è la prima volta che Cordileone si espone e, d'altronde, la fermezza e la schiettezza di quest'uomo dal carattere assai mite è dote apprezzata dai suoi fedeli e temuta dai suoi avversari. Sì, perché l'arcivescovo è da tempo impegnato in una battaglia culturale sul fronte dell'omosessualità, anche all'esterno del mondo cattolico. Nel 2008, da vescovo ausiliario di San Diego, fu tra i principali protagonisti del fronte cattolico che si batterono contro la modifica del codice di famiglia in cui era stata sostituita la definizione di matrimonio da «contratto di diritto civile tra un uomo e una donna» con il più generico, e aperto alle istanze omosessuali, «contratto di diritto civile tra due individui». Amico del cardinale Raymond Leo Burke, quando il 27 luglio 2012 fu promosso da Benedetto XVI arcivescovo di San Francisco i giornali scrissero che era come gettare una «bombshell by the bay», una bomba nella baia. E così, infatti, fu. Petizioni, veglie, attacchi a mezzo stampa. La speaker della Camera, la democratica (e cattolica) Nancy Pelosi, arrivò a inviargli una lettera pubblica per intimargli di non partecipare a una marcia in favore del matrimonio. Circa un'ottantina di capi religiosi e lo stesso sindaco di San Francisco, Ed Lee, fecero lo stesso, raccogliendo 30.000 firme. Lui non si scompose, rispose a Pelosi che era suo diritto manifestare per ciò in cui credeva e alla marcia ci andò. Quando tre anni fa volle ricordare ai docenti delle scuole cattoliche della diocesi di attenersi, durante le ore di lezione, a trattare secondo la prospettiva cattolica argomenti come sesso, matrimonio e contraccezione, apriti cielo, fu tacciato di essere un oscurantista, un medioevale, un omofobo. Tutto questo è importante da sapere perché, allora, nel pieno della bufera, Cordileone dichiarò di sentirsi «un po' solo». A sostenerlo non furono in molti, anche all'interno della stessa Chiesa. Fra questi, ci fu il nunzio Viganò.Eccellenza, nella sua lettera ai fedeli del 29 agosto lei ha speso parole di elogio nei confronti dell'arcivescovo Viganò. Perché?«Ho conosciuto l'arcivescovo Viganò quando sono arrivato a San Francisco. Soprattutto all'inizio, per me non è stato un periodo molto facile. Lui, invece, mi ha appoggiato e mi ha aiutato».Come lei sa, dopo la pubblicazione del suo memoriale, in molti hanno messo in dubbio la sua buona fede e il suo amore per la Chiesa. «Posso solo dire che con me si è comportato sempre in modo onesto. Quel che posso testimoniare è che è un uomo che ama la Chiesa e che l'ha sempre servita con dedizione. Ha sempre svolto con profitto la missione petrina affidatagli dal Papa e ogni suo sforzo è sempre stato volto a rafforzare i suoi fratelli nella fede». Questo però non è ciò che si legge su molti quotidiani. Si dice che lui abbia reso noto il suo memoriale per vendetta e che sia sempre stato un po' un «carrierista».«Ripeto. Io l'ho sempre visto svolgere i propri compiti in maniera onesta, anche a costo di grandi sacrifici. Non l'ho mai visto agire in base al desiderio di fare carriera».È stato mosso da un desiderio di vendetta?«Io credo che lui voglia una vera riforma della Chiesa».Aveva dei problemi personali con i sacerdoti citati nella lettera?«Con alcune delle autorità della Chiesa americana c'erano delle tensioni».Nella stessa lettera ai fedeli, lei scrive che, pur non avendo informazioni privilegiate sulla situazione dell'arcivescovo Theodore McCarrick, per quel poco che ne sa, può confermare che quanto detto da Viganò è vero. E chiede che si faccia un'indagine per appurare i fatti. «Devo fare una precisazione, devo cioè distinguere tra i fatti e le conclusioni di Viganò o le sue valutazioni sul carattere di alcune persone citate. Io mi fermo ai primi».E cosa pensa?«Penso che le sue parole che riguardano i fatti vadano prese sul serio. Ritengo che quanto denunciato non vada trascurato e che sarebbe uno sbaglio non prenderlo in considerazione».Lei ritiene che quanto scritto da Viganò sia vero?«Non si può presumere che tutto sia esatto e che la storia sia completa, ma, appunto, proprio per questo, è necessaria un'indagine. Un'indagine estesa e completa per capire con precisione cosa è successo».Che percezione si ha negli Stati Uniti di questa vicenda?«C'è preoccupazione».In che senso, perché?«I fedeli temono che quanto emerso sia coperto e sono scandalizzati dal fatto che chi ne è implicato sia stato promosso. C'è quasi un senso di panico».Quindi non sono solo alcuni vescovi a chiedere un'indagine che appuri la verità?«Sono innanzitutto i fedeli a chiedere una riforma vera e robusta e che tutto sia messo in chiaro».A suo giudizio, cosa chiede a un cattolico lo scoppio di questo scandalo?«Chiede purificazione».Cosa significa?«La rivoluzione sessuale ha portato nei comportamenti delle persone dei nuovi atteggiamenti. Tutto ciò ha avuto un'influenza anche nelle scelte comportamentali dei cattolici».E quindi?«È necessario riscoprire il senso del sacro e la bellezza di vivere in maniera conforme ai comandamenti».E tutto ciò cosa c'entra con la purificazione?«In questo periodo mi ritorna spesso in mente la storia di Israele. Dio aveva stabilito con il suo popolo un'alleanza, ma Israele l'aveva tradito, affidandosi agli dei pagani. Anziché adorare Dio, rimanendo fedeli all'alleanza, gli ebrei si misero ad adorare gli dei babilonesi. Dio ha dovuto abbandonare il suo popolo per richiamarlo a sé».È quel che sta succedendo ora?«Per noi cattolici americani è un momento di grande umiliazione. È un periodo duro. Ma penso anche che Dio non ci abbia abbandonato. Sta purificando la sua Chiesa per riprenderla, per richiamarla a sé».Il fatto che ogni sua dichiarazione sia presa di mira dai media di tendenza liberal non la intimorisce?«Questo è sempre un problema, perché, una volta che una tua espressione è stata travisata, poi diventa difficile recuperare».Forse sarebbe meglio non parlare, stare zitti?«No, perché un buon pastore non fugge quando arriva il lupo. Difende le sue pecore, difende la verità della fede».Per quanto la riguarda, lei come agisce? «Penso che papa Francesco ci abbia dato un buon suggerimento: occorre incontrare le persone, stare in mezzo a loro. Cioè non limitare l'azione del vescovo alle affermazioni dogmatiche, ma instaurare con i fedeli un rapporto».E questo cambia le cose?«Sì, perché anche la fede, per essere comunicata, chiede che ci sia un rapporto di fiducia».
Vladimir Putin (Ansa)
Lo zar: «Ucraini via dal Donbass, ma niente accordo finché c’è Volodymyr Zelensky». Dagli Usa garanzie a Kiev solo a trattato siglato.
Non che ci sia molto da fidarsi. Fatto sta che ieri, mentre monta la psicosi bellica del Vecchio continente, Vladimir Putin ha lanciato un segnale agli europei: «Se hanno spaventato i loro cittadini», ha detto, «e vogliono sentire che non abbiamo alcuna intenzione e nessun piano aggressivo contro l’Europa, va bene, siamo pronti a stabilirlo in ogni modo». L’impegno firmato di Mosca a non attaccare l’Occidente, in effetti, era uno dei 28 punti del primo piano di Donald Trump, ricusato con sdegno sia dagli europei stessi, sia da Kiev. Ma è ancora la versione americana che lo zar confida di discutere, dal momento che i russi specificano di non vedere alcun ruolo dell’Ue nei negoziati.
(Esercito Italiano)
Oltre 1.800 uomini degli eserciti di 7 Paesi hanno partecipato, assieme ai paracadutisti italiani, ad una attività addestrativa di aviolancio e simulazione di combattimento a terra in ambiente ostile. Il video delle fasi dell'operazione.
Si è conclusa l’esercitazione «Mangusta 2025», che ha visto impiegati, tra le provincie di Pisa, Livorno, Siena, Pistoia e Grosseto, oltre 1800 militari provenienti da 7 diverse nazioni e condotta quest’anno contemporaneamente con le esercitazioni CAEX II (Complex Aviation Exercise), dell'Aviazione dell'Esercito, e la MUFLONE, del Comando Forze Speciali dell’Esercito.
L’esercitazione «Mangusta» è il principale evento addestrativo annuale della Brigata Paracadutisti «Folgore» e ha lo scopo di verificare la capacità delle unità paracadutiste di pianificare, preparare e condurre un’operazione avioportata in uno scenario di combattimento ad alta intensità, comprendente attività di interdizione e contro-interdizione d’area volte a negare all’avversario la libertà di movimento e ad assicurare la superiorità tattica sul terreno e la condotta di una operazione JFEO (Joint Forcible Entry Operation) che prevede l’aviolancio, la conquista e la tenuta di un obiettivo strategico.
La particolarità della «Mangusta» risiede nel fatto che gli eventi tattici si generano dinamicamente sul terreno attraverso il confronto diretto tra forze contrapposte, riproducendo un contesto estremamente realistico e imprevedibile, in grado di stimolare la prontezza decisionale dei Comandanti e mettere alla prova la resilienza delle unità. Le attività, svolte in modo continuativo sia di giorno che di notte, hanno compreso fasi di combattimento in ambiente boschivo e sotterraneo svolte con l’impiego di munizionamento a salve e sistemi di simulazione, al fine di garantire il massimo realismo addestrativo.
Di particolare rilievo le attività condotte con l’obiettivo di sviluppare e testare le nuove tecnologie, sempre più fondamentali nei moderni scenari operativi. Nel corso dell’esercitazione infatti, oltre ai nuovi sistemi di telecomunicazione satellitare, di cifratura, di alimentazione elettrica tattico modulare campale anche integrabile con pannelli solari sono stati impiegati il Sistema di Comando e Controllo «Imperio», ed il sistema «C2 DN EVO» che hanno consentito ai Posti Comando sul terreno di pianificare e coordinare le operazioni in tempo reale in ogni fase dell’esercitazione. Largo spazio è stato dedicato anche all’utilizzo di droni che hanno permesso di ampliare ulteriormente le capacità di osservazione, sorveglianza e acquisizione degli obiettivi.
La «Mangusta 2025» ha rappresentato un’importante occasione per rafforzare la cooperazione e l’amalgama all’interno della cosiddetta Airborne Community. A questa edizione hanno partecipato la Brigata Paracadutisti Folgore, la 1st Airborne Brigade giapponese, l’11th Parachute Brigade francese, il 16 Air Assault Brigade Combat Team britannica, il Paratrooper Regiment 31 e la Airborne Reconnaissance Company 260 tedesche, la Brigada «Almogávares» VI de Paracaidistas e la Brigada de la Legión «Rey Alfonso XIII» spagnole e la 6th Airborne Brigade polacca.
L’esercitazione ha visto il contributo congiunto di più Forze Armate e reparti specialistici. In particolare, l’Aviazione dell’Esercito ha impiegato vettori ad ala rotante CH-47F, UH-90A, AH-129D, UH-205A e UH-168B/D per attività di eliassalto ed elitrasporto. L’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto con velivoli da trasporto C-27J e C-130J della 46ª Brigata Aerea, impiegati per l’aviolancio di carichi e personale, oltre a partecipare con personale paracadutista «Fuciliere dell’Aria» del 16° Stormo «Protezione delle Forze» e fornendo il supporto logistico e di coordinamento dell’attività di volo da parte del 4° Stormo.
A completare il dispositivo interforze, la 2ª Brigata Mobile Carabinieri ha partecipato con unità del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti «Tuscania», del 7° Reggimento Carabinieri «Trentino Alto Adige» e del 13° Reggimento Carabinieri «Friuli Venezia Giulia». Il 1° Tuscania ha eseguito azioni tipiche delle Forze Speciali, mentre gli assetti del 7° e 13° alle attività di sicurezza e controllo nell’area d’esercitazione e alle attività tattiche di contro-interdizione.
Questa sinergia ha permesso di operare efficacemente in un ambiente operativo multi-dominio, favorendo l’interoperabilità tra unità, sistemi e procedure, contribuendo a consolidare la capacità di coordinamento e integrazione.
Oltre a tutti i Reparti della Brigata Paracadutisti «Folgore», l’esercitazione ha visto la partecipazione del: 1° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Antares», 4° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Altair», 5° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Rigel», 7° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Vega», 66° Reggimento Fanteria Aeromobile «Trieste», 87° Reparto Comando e Supporti Tattici «Friuli», 9° Reggimento d'Assalto Paracadutisti «Col Moschin», 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi «Folgore», 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, 1° Reggimento «Granatieri di Sardegna», 33° Reggimento Supporto Tattico e Logistico «Ambrosiano», 33° Reggimento EW, 13° Reggimento HUMINT, 9° Reggimento Sicurezza Cibernetica «Rombo» e 4° Reparto di Sanità «Bolzano» e di assetti di specialità dotati di sistema d’arma «Stinger» del 121° Reggimento artiglieria contraerei «Ravenna».
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Soldati Francesi (Ansa)
Dopo la Germania, Emmanuel Macron lancia un piano per 50.000 arruolamenti l’anno. E Guido Crosetto prepara la norma. Vladimir Putin assicura: «Non ci sarà un attacco all’Europa. Pronto a firmare la pace se Kiev si ritira dal Donbass».
I tre grandi Paesi fondatori dell’Europa unita mettono l’elmetto. Dopo la Germania, che in agosto aveva iniziato l’iter per una legge sulla reintroduzione del servizio di leva, puntando a costituire un esercito da mezzo milione di persone, tra soldati e riservisti, ieri anche Francia e Italia hanno avviato o ipotizzato progetti analoghi.
Ansa
Pubblicate le motivazioni della decisione della Corte dei Conti di bloccare l’opera: sarebbero state violate due direttive Ue e manca il parere dell’Autorità dei trasporti. Palazzo Chigi: «Risponderemo».
Quel ponte non s’ha da fare né domani né mai. Paiono ispirati dai Bravi i giudici contabili e Don Rodrigo è il timor panico di fronte all’annuncio che il referendum sulla riforma Nordio con tutta probabilità si fa a marzo. È questo il senso che si ricava dalla lettura delle motivazioni addotte dalla Corte dei conti per spiegare la negazione del visto di legittimità con ordinanza del 29 ottobre scorso alla delibera con cui il 6 agosto il Cipess ha approvato il progetto definitivo del ponte sullo stretto di Messina.
Palazzo Chigi ha accusato ricevuta e in una nota dice: «Le motivazioni saranno oggetto di attento approfondimento da parte del governo, in particolare dalle amministrazioni coinvolte che da subito sono state impegnate a verificare gli aspetti ancora dubbi. Il governo è convinto che si tratti di profili con un ampio margine di chiarimento davanti alla stessa Corte in un confronto che intende essere costruttivo e teso a garantire all’Italia una infrastruttura strategica attesa da decenni».






