
I vescovi all'attacco di Matteo Salvini e Luigi Di Maio. E si avvicina la nomina del nuovo segretario generale: un Nunzio Galantino bis.Se qualcuno si aspetta che il nuovo leader dell'opposizione al governo di Lega e 5 stelle esca dal prossimo (e ormai leggendario) congresso del Pd, si sbaglia di grosso. A individuare il capo della resistenza sarà la Conferenza episcopale italiana. I vescovi italiani, nei giorni scorsi, si sono riuniti per il Consiglio episcopale permanente e ieri il presidente Gualtiero Bassetti ha incontrato i giornalisti per commentare il lieto evento. Ovviamente, il cardinale ne ha approfittato per sparare alzo zero sull'attuale esecutivo. Ha attaccato Matteo Salvini, come facilmente prevedibile, ma non ha risparmiato Luigi Di Maio. Bassetti - forse credendo di essere Carlo Cottarelli - ha criticato il reddito di cittadinanza. Il suo discorso era leggermente confuso, ma il senso è chiaro: «Se quello muore di fame, gli servirà, certo se portano tutte le pensioni a 700 euro... Però bisogna stare anche attenti a non incrementare troppo il debito pubblico, perché noi magari lì per lì ne abbiamo un vantaggio poi chi lo paga questo debito, i nostri figli?». Beh, di sicuro - o almeno si spera - non lo pagheranno i figli del cardinale, ma soprassediamo... Dopo aver detto che se non si rimette in moto la macchina del lavoro il Paese non riparte», Bassetti è passato al tema immigrazione. Il decreto voluto da Salvini proprio non gli piace: «Mi preoccupa il fatto dell'abrogazione dei permessi di soggiorno per motivi umanitari o la riduzione degli stessi, perché in questo modo si rischia di portare persone a futuro incerto, come pure l'espulsione dopo il primo grado di condanna, che mi pare non è proprio secondo Costituzione». Insomma, il capo della Cei si esprime più o meno come il segretario del Pd, solo con più insistenza riguardo l'accoglienza dei migranti: «Siamo pastori, ci interessano la solidarietà e l'integrazione, nonostante come ha precisato il Papa anche per l'accoglienza ci vogliono certi criteri, ci mancherebbe altro», ha detto. «Ma anche la Chiesa d'Europa riconosce che non c'è alternativa alla solidarietà fatta di accoglienza e di integrazione, anche se possono esserci difficoltà».Salvini non poteva non replicare: «A me fa piacere che ci sia tanta gente in Vaticano che si occupa di chi sbarca in Italia», ha dichiarato il ministro dell'Interno. «Ma il mio stipendio è pagato da 60 milioni di italiani che vogliono vivere tranquilli: meno immigrazione clandestina significa più sicurezza». Del resto, alla polemica tra i prelati e il segretario della Lega ormai ci abbiamo fatto il callo. Anche se, a dirla tutta, speravamo che - dopo le ultime dichiarazioni del Pontefice, più caute in materia di migrazioni - anche i vescovi ritornassero sulla Terra. Speravamo che riprendessero un minimo di legame con la realtà, e con i sentimenti del popolo italiano. Ma è piuttosto evidente che siano intenzionati a seguire il sentiero già tracciato nei mesi scorsi. Ecco perché, per quanto riguarda il futuro, non c'è da aspettarsi molto di buono. Tra la varie questioni di cui si è occupato il Consiglio episcopale permanente c'è anche la scelta del nuovo segretario generale della Cei. Monsignor Nunzio Galantino, lo scorso giugno, è stato nominato presidente dell'Apsa, l'organismo di gestione economica che si occupa dell'amministrazione del patrimonio della Santa sede. Dunque bisogna trovare qualcuno che lo sostituisca. I vescovi hanno stilato una lista di nomi, e l'hanno consegnata a papa Francesco, che verificherà e deciderà. La lista dei candidati è «più lunga di una terna», ha rivelato Bassetti. «Il Papa non ci ha detto quanti nomi mettere, sei, sette, otto… Non si va oltre, sennò diventa un annuario». Quali siano questi nomi non è dato sapere. Le voci, però, circolano insistenti. Pare che, tra i favoriti per la segreteria generale, ci sia Erio Castellucci, arcivescovo-abate di Modena e Nonantola. Non è un personaggio noto alle grandi massi, ma risulta che sia il candidato spalleggiato da Nunzio Galantino. Ed è proprio qui che sta il problema: di tutto abbiamo bisogno tranne che di un Galantino bis. Intendiamoci: mica ci aspettiamo un «identitario» ai vertici della Cei. Basterebbe qualcuno che non considerasse dei senza Dio quanti si oppongono all'invasione. Qualcuno che non riducesse il Vangelo a un manuale di accoglienza, cosa che Galantino ha fatto durante tutto il suo mandato. Basterebbe, in sostanza, un vescovo un po' meno ideologizzato, attento anche alle esigenze degli italiani e non solo a quelle degli stranieri. A quanto pare, però, non vedremo nulla di simile. Se venisse scelto Castellucci, al vertice della Cei arriverebbe un altro tifoso delle frontiere aperte. Ecco un piccolo esempio. Nella lettera inviata alla città di Modena per la festa patronale di San Geminiano, nel gennaio scorso, il vescovo ha spiegato che «a volte purtroppo è la paura, alimentata ad arte, a prendere il sopravvento». Motivo per cui non bisogna farsi condizionare dal timore degli stranieri, anzi. «Quando abbiamo davanti un essere umano che ha bisogno, è debole, ha sofferto, magari è anche minorenne, il primo passo per noi esseri umani più fortunati - e soprattutto per chi tra di noi crede alla verità del Vangelo - è quello di attivare l'accoglienza». Roba da Partito democratico, appunto. Il fatto è che di Pd ne abbiamo già uno, ed è più che sufficiente.
(Esercito Italiano)
Oltre 1.800 uomini degli eserciti di 7 Paesi hanno partecipato, assieme ai paracadutisti italiani, ad una attività addestrativa di aviolancio e simulazione di combattimento a terra in ambiente ostile. Il video delle fasi dell'operazione.
Si è conclusa l’esercitazione «Mangusta 2025», che ha visto impiegati, tra le provincie di Pisa, Livorno, Siena, Pistoia e Grosseto, oltre 1800 militari provenienti da 7 diverse nazioni e condotta quest’anno contemporaneamente con le esercitazioni CAEX II (Complex Aviation Exercise), dell'Aviazione dell'Esercito, e la MUFLONE, del Comando Forze Speciali dell’Esercito.
L’esercitazione «Mangusta» è il principale evento addestrativo annuale della Brigata Paracadutisti «Folgore» e ha lo scopo di verificare la capacità delle unità paracadutiste di pianificare, preparare e condurre un’operazione avioportata in uno scenario di combattimento ad alta intensità, comprendente attività di interdizione e contro-interdizione d’area volte a negare all’avversario la libertà di movimento e ad assicurare la superiorità tattica sul terreno e la condotta di una operazione JFEO (Joint Forcible Entry Operation) che prevede l’aviolancio, la conquista e la tenuta di un obiettivo strategico.
La particolarità della «Mangusta» risiede nel fatto che gli eventi tattici si generano dinamicamente sul terreno attraverso il confronto diretto tra forze contrapposte, riproducendo un contesto estremamente realistico e imprevedibile, in grado di stimolare la prontezza decisionale dei Comandanti e mettere alla prova la resilienza delle unità. Le attività, svolte in modo continuativo sia di giorno che di notte, hanno compreso fasi di combattimento in ambiente boschivo e sotterraneo svolte con l’impiego di munizionamento a salve e sistemi di simulazione, al fine di garantire il massimo realismo addestrativo.
Di particolare rilievo le attività condotte con l’obiettivo di sviluppare e testare le nuove tecnologie, sempre più fondamentali nei moderni scenari operativi. Nel corso dell’esercitazione infatti, oltre ai nuovi sistemi di telecomunicazione satellitare, di cifratura, di alimentazione elettrica tattico modulare campale anche integrabile con pannelli solari sono stati impiegati il Sistema di Comando e Controllo «Imperio», ed il sistema «C2 DN EVO» che hanno consentito ai Posti Comando sul terreno di pianificare e coordinare le operazioni in tempo reale in ogni fase dell’esercitazione. Largo spazio è stato dedicato anche all’utilizzo di droni che hanno permesso di ampliare ulteriormente le capacità di osservazione, sorveglianza e acquisizione degli obiettivi.
La «Mangusta 2025» ha rappresentato un’importante occasione per rafforzare la cooperazione e l’amalgama all’interno della cosiddetta Airborne Community. A questa edizione hanno partecipato la Brigata Paracadutisti Folgore, la 1st Airborne Brigade giapponese, l’11th Parachute Brigade francese, il 16 Air Assault Brigade Combat Team britannica, il Paratrooper Regiment 31 e la Airborne Reconnaissance Company 260 tedesche, la Brigada «Almogávares» VI de Paracaidistas e la Brigada de la Legión «Rey Alfonso XIII» spagnole e la 6th Airborne Brigade polacca.
L’esercitazione ha visto il contributo congiunto di più Forze Armate e reparti specialistici. In particolare, l’Aviazione dell’Esercito ha impiegato vettori ad ala rotante CH-47F, UH-90A, AH-129D, UH-205A e UH-168B/D per attività di eliassalto ed elitrasporto. L’Aeronautica Militare ha assicurato il supporto con velivoli da trasporto C-27J e C-130J della 46ª Brigata Aerea, impiegati per l’aviolancio di carichi e personale, oltre a partecipare con personale paracadutista «Fuciliere dell’Aria» del 16° Stormo «Protezione delle Forze» e fornendo il supporto logistico e di coordinamento dell’attività di volo da parte del 4° Stormo.
A completare il dispositivo interforze, la 2ª Brigata Mobile Carabinieri ha partecipato con unità del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti «Tuscania», del 7° Reggimento Carabinieri «Trentino Alto Adige» e del 13° Reggimento Carabinieri «Friuli Venezia Giulia». Il 1° Tuscania ha eseguito azioni tipiche delle Forze Speciali, mentre gli assetti del 7° e 13° alle attività di sicurezza e controllo nell’area d’esercitazione e alle attività tattiche di contro-interdizione.
Questa sinergia ha permesso di operare efficacemente in un ambiente operativo multi-dominio, favorendo l’interoperabilità tra unità, sistemi e procedure, contribuendo a consolidare la capacità di coordinamento e integrazione.
Oltre a tutti i Reparti della Brigata Paracadutisti «Folgore», l’esercitazione ha visto la partecipazione del: 1° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Antares», 4° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Altair», 5° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Rigel», 7° Reggimento Aviazione dell'Esercito «Vega», 66° Reggimento Fanteria Aeromobile «Trieste», 87° Reparto Comando e Supporti Tattici «Friuli», 9° Reggimento d'Assalto Paracadutisti «Col Moschin», 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizione Obiettivi «Folgore», 4° Reggimento Alpini Paracadutisti, 1° Reggimento «Granatieri di Sardegna», 33° Reggimento Supporto Tattico e Logistico «Ambrosiano», 33° Reggimento EW, 13° Reggimento HUMINT, 9° Reggimento Sicurezza Cibernetica «Rombo» e 4° Reparto di Sanità «Bolzano» e di assetti di specialità dotati di sistema d’arma «Stinger» del 121° Reggimento artiglieria contraerei «Ravenna».
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Soldati Francesi (Ansa)
Dopo la Germania, Emmanuel Macron lancia un piano per 50.000 arruolamenti l’anno. E Guido Crosetto prepara la norma. Vladimir Putin assicura: «Non ci sarà un attacco all’Europa. Pronto a firmare la pace se Kiev si ritira dal Donbass».
I tre grandi Paesi fondatori dell’Europa unita mettono l’elmetto. Dopo la Germania, che in agosto aveva iniziato l’iter per una legge sulla reintroduzione del servizio di leva, puntando a costituire un esercito da mezzo milione di persone, tra soldati e riservisti, ieri anche Francia e Italia hanno avviato o ipotizzato progetti analoghi.
Ansa
Pubblicate le motivazioni della decisione della Corte dei Conti di bloccare l’opera: sarebbero state violate due direttive Ue e manca il parere dell’Autorità dei trasporti. Palazzo Chigi: «Risponderemo».
Quel ponte non s’ha da fare né domani né mai. Paiono ispirati dai Bravi i giudici contabili e Don Rodrigo è il timor panico di fronte all’annuncio che il referendum sulla riforma Nordio con tutta probabilità si fa a marzo. È questo il senso che si ricava dalla lettura delle motivazioni addotte dalla Corte dei conti per spiegare la negazione del visto di legittimità con ordinanza del 29 ottobre scorso alla delibera con cui il 6 agosto il Cipess ha approvato il progetto definitivo del ponte sullo stretto di Messina.
Palazzo Chigi ha accusato ricevuta e in una nota dice: «Le motivazioni saranno oggetto di attento approfondimento da parte del governo, in particolare dalle amministrazioni coinvolte che da subito sono state impegnate a verificare gli aspetti ancora dubbi. Il governo è convinto che si tratti di profili con un ampio margine di chiarimento davanti alla stessa Corte in un confronto che intende essere costruttivo e teso a garantire all’Italia una infrastruttura strategica attesa da decenni».
Michele Emiliano (Ansa)
Dopo 22 anni di politica, l’ex governatore chiede di rientrare in magistratura (con uno stipendio raddoppiato). E se dovesse indagare su esponenti di partito?
Dipendenza dalla toga: dopo ben 22 anni di attività politica, Michele Emiliano vuole tornare a fare il magistrato. Non ha intenzione di restare disoccupato neanche per un paio d’anni (sono insistenti le voci di una sua candidatura in Parlamento nel 2027) questo istrionico protagonista della vita pubblica italiana, che ha appeso la toga al chiodo nel 2003, quando è diventato sindaco di Bari, carica ricoperta per due volte e alla quale è seguita quella di presidente della Regione Puglia, un altro decennio di attività istituzionale. Emiliano, prima di indossare la fascia tricolore a Bari, dal 1990 al 1995 aveva lavorato presso la Procura di Brindisi occupandosi di lotta alla mafia; poi si era trasferito a Bari come sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia. Emiliano viene rieletto primo cittadino nel 2009, dopo aver tentato invano la scalata alla presidenza della Regione Puglia, e resta in carica fino al 2014. Prima di diventare governatore, nel 2015, ricopre l’incarico di assessore alla legalità di San Severo.






