2020-08-24
La Bonetti pensa a chiudere in casa i genitori con figli in quarantena
La renziana propone più smart working. Ma il telelavoro non può sostituire il welfare«È chiaro che se per malattia o quarantena un bambino deve stare a casa è necessario provvedere alla sua custodia reintroducendo strumenti come congedi straordinari retribuiti e diritto allo smart working», ha dichiarato al Sole 24 Ore Elena Bonetti, ministro renziano per le Pari opportunità. Riassunte in due righe, ecco dunque le misure di sostegno alla famiglia secondo il governo giallorosso. Esclusa la proroga del bonus baby sitter, nemmeno per i nonni che «essendo la fascia più anziana della popolazione va protetta il più possibile dal rischio contagio», la Bonetti pensa per i genitori a «misure efficaci, che li aiutino concretamente», ma queste altro non sono che la possibilità di chiedere al datore di lavoro di lavorare la casa anche dopo il 14 settembre. Fino a oggi, il diritto allo smart working rimane valido fino alle riaperture delle scuole per mamme e papà con almeno un figlio under 14, e fino al 15 ottobre (data in cui è fissata la fine dello stato di emergenza) per i disabili gravi, i lavoratori con un disabile in famiglia e per chi è maggiormente a rischio contagio. La Bonetti propone una proroga, se ne compiace anche su Facebook sostenendo che «la priorità è la riapertura delle scuole», aggiunge che si devono aiutare «i genitori che usufruiranno paritariamente di queste misure» con «una premialità di più giorni o maggior retribuzione». Il ministro per la Famiglia ha infatti scoperto che nel 76% dei congedi per Covid la richiesta proveniva dalle donne e fa appello al Family act «che prevede una revisione completa dei congedi parentali, a partire da quelli obbligatori, nell'ottica di una corresponsabilità tra padri e madri». La Bonetti sembra dimenticare i dati dell'Istat, che aiutano a capire come per molti genitori sia assai difficile prendere parte allo smart working o alla Dad, visto che nel periodo 2018-2019 il 33,8% delle famiglie risultava privo di computer o tablet in casa (al Sud, il 41,6%). La quota scende al 14,3%, tra le famiglie con almeno un minore, e solo per il 22,2% dei nuclei ogni componente ha a disposizione un pc o tablet. Senza contare che oltre un quarto delle persone vive in condizioni di sovraffollamento abitativo, quindi lavorare da casa non è la soluzione ideale per mancanza dei dispositivi adatti e perché bisogna conciliare tempi di vita e di occupazione, magari con bimbi positivi al tampone. È ben poca cosa, dunque, lo scenario economico che il ministro prevede per i genitori, preoccupati di non sapere come fare con il lavoro se il figlio si ammala o se la sua classe finisce in quarantena. Il vademecum dell'Iss ha già caricato di angosce mamme e papà che ogni mattina dovranno misurare la febbre al figlio prima che esca di casa. Se il termometro dovesse superare i 37,5 gradi scatta il piano di allarme a scuola (compagni, professori, bidelli, tutti a farsi il tampone) e tra le pareti domestiche, perché se il bambino risulta positivo inizia la quarantena. Non può restare da solo, quindi i genitori dovranno avvertire i datori di lavoro e, se sono negativi al tampone, giocarsela a testa o croce su chi rimane con il figlioletto e chi può correre in ufficio. Ma non è solo l'aumento della temperatura corporea il campanello dall'allarme. L'Iss invita a prestare attenzione a «tosse, cefalea, sintomi gastrointestinali, faringodinia, dispnea, mialgie, rinorrea/congestione nasale», che possono essere disturbi molto comuni nei bambini, così come «brividi, tosse, difficoltà respiratorie, perdita improvvisa dell'olfatto (anosmia) o diminuzione dell'olfatto (iposmia), perdita del gusto (ageusia) o alterazione del gusto (disgeusia), rinorrea/congestione nasale». I figlioletti saranno passati allo «scanner» più volte al giorno, sottoposti a raffiche di domande sul perché non mangiano, perché hanno l'aria assente, perché fanno a finta di non sentire. Quella, poi, di informare tempestivamente il pediatra o il medico di famiglia è una delle assurdità contenute nelle linee guida: nemmeno ti danno retta se dici che hai i sintomi del Covid-19, a meno che non si vada in difficoltà respiratoria grave, figuriamoci se risponderanno alle centinaia di migliaia di chiamate di genitori in affanno.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)