2020-12-03
La bomba dei dissidenti pentastellati. «Il fondo salva Stati non lo votiamo»
Lettera di 17 senatori e 52 deputati grillini: «O c'è la logica di pacchetto, oppure in Aula la riforma non passa». Ma è subito psicodramma: alcuni ribelli ci ripensano. Domani la resa dei conti. E, alla fine, deciderà Luigi Di Maio.Silvio Berlusconi ha dettato la linea e ricompattato il centrodestra, ma fra gli azzurri serpeggia una corrente antisovranista. E intanto il dem Goffredo Bettini mette zizzania...Lo speciale contiene due articoli. Il governo rischia sul serio di non arrivare alla fine del Mes. Lo psicodramma grillino si è consumato ieri pomeriggio, quando 17 senatori e 52 deputati del M5s mettono nero su bianco la loro contrarietà sia all'utilizzo del fondo che alla riforma. Un documento che si conclude con la minaccia di votare contro il governo, il 9 dicembre prossimo, quando il premier Giuseppe Conte riferirà in Parlamento sul Consiglio europeo che darà il via libera al nuovo trattato, già approvato dall'Eurogruppo. «Il nuovo contesto», scrivono i parlamentari pentastellati, «dovrebbe portarci a riaffermare, con maggiore forza e maggiori argomenti, quanto già ottenuto negli ultimi mesi: no alla riforma del Mes». I deputati e i senatori dissidenti chiedono che nella risoluzione che sarà votata in Parlamento la riforma sia «subordinata alla logica del pacchetto. In difetto l'unico ulteriore passaggio che i parlamentari del M5s avrebbero per bloccare la riforma del Mes», promettono, «sarebbe durante il voto di ratifica nelle due Camere». La truffa della «logica del pacchetto» è una battaglia storica del nostro giornale: la Verità ha più volte spiegato come di questo artificio retorico usato per far ingoiare il Mes ai pentastellati non fosse rimasto in piedi nulla. «Consci delle diverse posizioni nella maggioranza, che non vogliamo in nessun modo mettere a rischio», sottolineano i parlamentari grillini, «chiediamo che nella prossima risoluzione parlamentare venga richiesto che la riforma sia subordinata alla chiusura di tutti gli altri elementi (Eids e Ngeu) delle riforme economico-finanziarie europee o a rinviare quantomeno gli aspetti più critici della riforma del Mes sopra menzionati». È il caos. Vito Crimi convoca immediatamente per domani, venerdì 4 dicembre, alle 20.45, una videoassemblea congiunta dei deputati e dei senatori per discutere dell'argomento. Alcuni deputati e senatori, intimoriti, probabilmente sollecitati dall'alto, ritirano le firme alla lettera-ultimatum, ma si tratta di dettagli. Il numero di firmatari del documento è sufficiente, nonostante i «pentiti», a bloccare tutto, soprattutto al Senato, dove la maggioranza giallorossa è assai risicata; anche alla Camera, però, la fronda è talmente massiccia da fa rischiare seriamente il governo. La lettera è indirizzata al capo politico reggente Vito Crimi, al ministro Alfonso Bonafede (capodelegazione grillino al governo), ai capigruppo alla Camera e al Senato, Davide Crippa e Ettore Licheri. È firmata da deputati e senatori di diverse «componenti» interne al M5s. Qualche nome: tra i senatori ci sono Nicola Morra, Barbara Lezzi, Elio Lannutti, Luisa Angrisani: tra i deputati abbiamo Giulia Grillo, Alvise Maniero, Rafael Raduzzi, Pino Cabras, Alessio Villarosa, quest'ultimo sottosegretario all'Economia. Il malessere è diffuso e trasversale, sia verso Crimi, che nei confronti di Conte. A Crimi viene contestata questa dichiarazione di tre giorni fa: «Non intendiamo adottare un approccio ostruzionistico e non impediremo l'approvazione delle modifiche al trattato, rispetto alle quali pure non mancano i rilievi, così da consentire ad altri Paesi l'eventuale ricorso allo strumento». Dichiarazione fatta senza consultare nessuno. A Conte, invece, oltre che l'appiattimento sulle posizioni del Pd, viene imputato di fare lo spaccone sui giornali e in tv, dicendo sempre no al Mes, e di prepararsi invece a chiedere il prestito. Ieri mattina, il ministro agli Affari europei, Enzo Amendola, ha incontrato i capi delegazione dei partiti di maggioranza per discutere del Mes. Al termine dell'incontro si è deciso che verrà elaborata una bozza di risoluzione che sarà messa a disposizione delle forze di maggioranza per condividerla, in vista del voto del 9 dicembre in parlamento. Al buon Amendola toccherà trovare un modo per dire, in quella risoluzione, tutto e il contrario di tutto, per renderla «potabile» al M5s e magari a qualche malpancista di Forza Italia. Al di là di ogni altra considerazione, stando a diverse fonti di primo piano interpellate dalla Verità, il sì al Mes sarebbe per il M5s l'ennesimo passo avanti verso il baratro, dal punto di vista politico e elettorale. «Certamente» rivela una fonte parlamentare pentastellata che non ha sottoscritto la lettera, «siamo di fronte a una rivolta verso Crimi e a un malessere diffuso nei confronti di Conte, ma la sostanza della lettera è condivisibile. Non possiamo screditarci ancora di più agli occhi dei nostri elettori, altrimenti come M5s siamo destinati a sparire del tutto. Quella contro il Mes è una battaglia che portiamo avanti da sempre, l'ennesimo voltafaccia sarebbe fatale». Come finirà questo ennesimo braccio di ferro? Lo sapremo domani sera, al termine dell'assemblea congiunta dei parlamentari pentastellati. La sensazione è che sarà Luigi Di Maio a scendere in campo per sanare la frattura all'interno dei gruppi parlamentari. Sarebbe l'occasione migliore per dimostrare, soprattutto a Conte, che al di là di formule e direttori, quello che comanda nel M5s è solo e sempre lui. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-bomba-dei-dissidenti-pentastellati-il-fondo-salva-stati-non-lo-votiamo-2649111515.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="anche-forza-italia-teme-i-malpancisti" data-post-id="2649111515" data-published-at="1606946816" data-use-pagination="False"> Anche Forza Italia teme i malpancisti Forza Italia si prepara all'ennesimo showdown in Parlamento. Il prossimo 9 dicembre al Senato, se relativamente alla riforma del Mes i dissidenti grillini manterranno ferma la loro posizione votando contro il governo, la (non) maggioranza giallorossa avrà bisogno del soccorso di almeno una ventina di «responsabili». Osservati speciali, naturalmente, i senatori «azzurri», che in queste ore stanno dando vita a un robusto dibattito interno. Il «no» alla riforma del Mes è l'indicazione arrivata, a sorpresa, da Silvio Berlusconi, quindi chi andrà a sostenere l'esecutivo, salvo imprevisti, si schiererà contro il capo, con tutte le conseguenze del caso. Ieri sera Goffredo Bettini, guru del Pd e fautore dell'avvicinamento di Forza Italia all'area di governo, ha lanciato l'amo: «Desta molta sorpresa e preoccupazione», ha scritto Bettini, «l'improvviso cambio di linea di Forza Italia che ha annunciato l'intenzione di non sostenere in parlamento la riforma del Mes. Mi auguro che una considerazione più attenta sul dibattito che si sta svolgendo a Bruxelles», ha aggiunto Bettini, «e sulle posizioni in quella sede dei vari partiti democratici, possa determinare un ripensamento; altrimenti una parte considerevole delle forze liberali e europeiste che abitano Forza Italia e si vogliono caratterizzare come centro liberale si troverebbero molto in sofferenza, strette in un recinto dominato dalla Lega e da Fratelli d'Italia». Non ci vuole un genio per leggere tra le righe l'appello di Bettini a mollare Berlusconi: naturalmente nel nome del supremo interesse del Paese e di una ricandidatura, alle prossime politiche, nei dem o in qualche partitino satellite. Naturalmente, i parlamentari berlusconiani più agguerriti sul «no» al Mes sperano, da parte loro, di essere ricandidati dalla Lega o Fratelli d'Italia. Chi abboccherà all'amo di Bettini? Nel mirino c'è la componente antisovranista di Forza Italia, che soprattutto al Senato è minoritaria ma non irrilevante. «Il problema, a mio avviso», scrive il senatore di Fi-Udc Antonio Saccone, «non è votare a favore o contro la riforma del Mes. Onestamente mi preoccupa di più il rischio, molto realistico, di isolare il centrodestra italiano dai suoi storici partner europei. Specialmente noi, che facciamo parte del Ppe, come spiegheremo questo cambio di strategia in sede europea?». I senatori Gaetano Quagliariello e Paolo Romani, storici esponenti di Forza Italia che ora fanno parte della componente «Idea e cambiamo», vicina alle posizioni di Giovanni Toti, e ufficialmente nel gruppo Misto di Palazzo Madama, sono orientati, secondo l'Ansa, a votare a favore della riforma del Mes. Si ripropone dunque l'ormai insanabile frattura, all'interno del partito di Berlusconi, tra chi vede come prospettiva politica la permanenza nel centrodestra e chi, sperando in una modifica della legge elettorale in senso proporzionale, spinge invece per una presa di distanze da Lega e Fratelli d'Italia. In questo senso si sono distinti negli ultimi tempi Renato Brunetta e Mariastella Gelmini. Nei prossimi giorni, Berlusconi si renderà conto di quanti parlamentari sono seriamente intenzionati a andare contro le sue direttive. Se la fronda fosse troppo consistente, il Cav potrebbe effettuare un'altra giravolta, magari con la scusa di una telefonata di Angela Merkel. Non manca, tra gli osservatori più smaliziati, chi sospetta che lo stesso Berlusconi possa pilotare il voto dei senatori azzurri necessari a non far crollare il governo. Silvio ago della bilancia, ancora una volta.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)