Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo dell’Eurotower, frena su altre riduzioni: a suo avviso non servirebbero a rilanciare gli investimenti. Torna il mantra sulle riforme: Francoforte è in un cul de sac.
Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo dell’Eurotower, frena su altre riduzioni: a suo avviso non servirebbero a rilanciare gli investimenti. Torna il mantra sulle riforme: Francoforte è in un cul de sac.Come se non bastasse il desolante spettacolo di una Commissione che parte con il consenso parlamentare al minimo storico, le notizie che arrivano da Francoforte sul futuro dei tassi rivelano una altrettanto simile spaccatura e un’assenza di chiara direzione di marcia.È stata l’economista tedesca Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, in un’intervista rilasciata ieri a Bloomberg a seminare lo scompiglio tra gli investitori e tra le file delle «colombe», tra cui spicca l’italiano Fabio Panetta. Negli ultimi giorni, lo stesso pensiero dell’italiano - favorevole a una ulteriore significativa discesa dei tassi già a partire dalla prossima riunione del 12 dicembre - era stato condiviso da altri importanti esponenti del vertice della Bce.L’elenco è lungo, e va dal lettone Martins Kazaks, al portoghese Mário Centeno, al francese Francois Villeroy de Galhau, al greco Yannis Stournaras, al capo economista Philip Lane. Tutti invitano a proseguire nel percorso di taglio dei tassi perché i rischi di spingere l’Eurozona in recessione con una politica monetaria troppo restrittiva superano di gran lunga quelli di assistere a un rialzo dell’inflazione. Solo Lane si è distinto per l’invito a un approccio più attento all’evoluzione dello scenario economico e geo-politico, senza legarsi le mani in anticipo su tempi e misura degli interventi.Di tutt’altro avviso è la Schnabel, che articola un ragionamento per niente banale che però rivela in quale epocale cul de sac si sia infilata l’intera Eurozona, al punto che sembrano inefficaci anche le normali leve di politica monetaria.Per prima cosa non vede particolari rischi di recessione e ritiene che i dati anticipatori usciti venerdì - che indicano Germania e Francia in caduta libera sia nel settore manifatturiero che nei servizi - siano di dubbia affidabilità. A suo dire, la ripresa dei consumi del settore privato riuscirà a farci evitare la recessione. E già questo si pone in netto contrasto con la lettura che ne è stata data dagli investitori e dai suoi stessi colleghi. A suo parere l’approccio alla riduzione dei tassi deve essere molto graduale e siamo già molto vicini all’intervallo (oggi il tasso sui depositi è al 3,25%) all’interno del quale il tasso viene reputato neutrale, cioè né stimola e né frena l’economia. Un intervallo stimato tra il 2% e il 3% - un’ampiezza che lascia parecchio perplessi - abbastanza lontano dal tasso obiettivo stimato dal mercato come punto di arrivo dei tagli a fine 2025, quotato sui mercati al 1,75%.Anche l’andamento dei tassi Euribor a 3 e 6 mesi - quelli più utilizzati per i mutui a tasso variabile - sembrano confermare questa tendenza e hanno già scontato un taglio di almeno 25 punti base a dicembre. Quell’1,75% è ritenuto dalla Schnabel troppo ottimistico, con un argomento su cui merita soffermarsi. Infatti la tedesca ritiene che, nelle condizioni date, tassi più bassi abbiano un modesto effetto di stimolo per la ripresa degli investimenti. Perché il freno è costituito da problemi strutturali. Servono riforme strutturali, è l’eterno e vuoto mantra. «Bisogna ripensare il modello di business, la nostra debolezza è strutturale», ha aggiunto, riferendosi sia alla Germania sia all’intera Eurozona. In queste condizioni, tagliare i tassi fino a scendere in territorio espansivo avrebbe modesti effetti di stimolo sugli investimenti, con costi superiori ai benefici. Inoltre, ci si priverebbe di un prezioso spazio d’azione da utilizzare per fronteggiare shock contro i quali la politica monetaria è davvero efficace. In altre parole - ci permettiamo una grezza similitudine - secondo la Schnabel, oggi abbassare i tassi sarebbe come accelerare a fondo con la strada ghiacciata (si resta fermi o si sbanda) e sottrarrebbe ulteriore spazio sotto il pedale dell’acceleratore, utile quando il fondo stradale sarà asciutto.Per tale motivo, la Schnabel è nettamente contraria anche all’ipotesi di un maxi taglio a dicembre pari a 50 punti base e quindi favorevole a un approccio più graduale, senza comunque spingersi troppo in là in territorio espansivo. Semaforo rosso anche al riutilizzo del Quantitative easing (Qe, cioè l’acquisto di titoli prevalentemente pubblici sul mercato per creare liquidità), dei cui benefici dubita, peraltro non da oggi.Lo scenario che disegna è quello caratterizzato da un’elevata incertezza e comunque moderatamente inflazionistico, per diversi motivi. A partire dagli effetti di stimolo dell’inflazione derivanti dall’applicazione dei dazi, annunciati dal neo eletto Presidente Donald Trump. A prescindere da come saranno articolati e dai complessi meccanismi innescati dalla loro introduzione, c’è da attendersi un effetto netto inflazionistico. La Schnabel è convinta che è molto improbabile tornare al mondo pre pandemico, fatto di shock dell’offerta disinflazionistici. Al contrario, sono da tenere shock inflazionistici, tra cui elenca l’applicazione a nuovi settori del sistema di tassazione delle emissioni (Ets) che sicuramente impatterà sui prezzi. Il green è inflazionistico.Nel giorno in cui da Francia e Germania sono arrivati altri dati sul calo della fiducia dei consumatori e i timori di una crisi di governo a Parigi spingono lo spread dei titoli francesi a toccare 90 punti, ci troviamo quindi di fronte a un’onesta e clamorosa ammissione di impotenza e divisione proprio da parte dell’istituzione preposta a manovrare una leva decisiva.La sintesi dell’analisi della Schnabel è che l’Eurozona è strutturalmente ingovernabile con strumenti ordinari. Stagnazione e inflazione ci accompagneranno a lungo.
Cosa ci dice il caso Garofani di ciò che avviene sul Colle? Ne discutono Giuseppe Cruciani e Massimo de' Manzoni.
Una scena dal film «Giovani madri»
Il film dei fratelli Dardenne segue i passi di cinque ragazze-mamme, tra sguardi e silenzi.
L’effetto speciale è la forza della realtà e della vita. Niente fronzoli, niente algoritmi, niente ideologie. Giovani madri è un film che sembra un documentario e racconta la vicenda - già dire «storia», saprebbe di artificio - di cinque ragazze madri minorenni. Non ci sono discorsi o insistenze pedagogiche. Solo gesti, sguardi e silenzi. E dialoghi secchi come fucilate. Non c’è nemmeno la colonna sonora, come d’abitudine nel cinema dei fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, autori anche della sceneggiatura, premiata all’ultimo Festival di Cannes.
«All Her Fault» (Sky Exclusive)
L’adattamento dal romanzo di Andrea Mara segue la scomparsa del piccolo Milo e il crollo delle certezze di Melissa Irvine, interpretata da Sarah Snook. Un thriller in otto episodi che svela segreti e fragilità di due famiglie e della loro comunità.
All her fault non è una serie originale, ma l'adattamento di un romanzo che Andrea Mara, scrittrice irlandese, ha pubblicato nel 2021, provando ad esorcizzare attraverso la carta l'incubo peggiore di ogni genitore. Il libro, come la serie che ne è stata tratta, una serie che su Sky farà il proprio debutto nella prima serata di domenica 23 novembre, è la cronaca di una scomparsa: quella di un bambino, che pare essersi volatilizzato nel nulla, sotto il naso di genitori troppo compresi nel proprio ruolo professionale per accorgersi dell'orrore che andava consumandosi.
Christine Lagarde (Ansa)
Madame Bce la fa fuori dal vaso partecipando alla battaglia politica contro l’unanimità. Che secondo lei frena i progressi dell’Unione. L’obiettivo? «Armonizzare le aliquote Iva». In altre parole, più tasse e meno sovranità nazionale degli Stati.
«L’Unione europea non funziona. Il suo modello di sviluppo è la causa della crisi. Io l’ho detto appena arrivata alla Banca centrale europea. Tanto che mi autocito. Il Consiglio europeo non dovrà più decidere all’unanimità. Ma a maggioranza qualificata. Insomma, ci vuole più Europa». Racchiudo fra virgolette con stile volutamente brutale la sintesi del discorso di Christine Lagarde all’European banking congress di Francoforte. Non ho esagerato, credetemi. Facciamo una doverosa premessa.






