Christine Lagarde: Roma esclusa dai reinvestimenti senza il nuovo Patto. Peccato che i programmi sui titoli funzionino a prescindere...
Christine Lagarde: Roma esclusa dai reinvestimenti senza il nuovo Patto. Peccato che i programmi sui titoli funzionino a prescindere...L’accidentata marcia di avvicinamento alla riforma del patto di Stabilità e Crescita (Psc) procede a colpi di velate minacce e messaggi trasversali. Nulla di nuovo nel torbido mondo delle trattative a livello europeo. Ciò che è davvero intollerabile è l’entrata a gamba tesa della Bce, nella persona del presidente Christine Lagarde, di cui vi ha riferito ieri su questo giornale Camilla Conti.Infatti «essere a disagio» perché non si è ancora raggiunto un accordo sulla riforma e «sentirsi rassicurata» per l’esito dell’ultima riunione a Bruxelles, mettendo anche in discussione il prosieguo dei riacquisti di titoli pubblici, sono parole che esorbitano dal ruolo della Banca centrale. Così gelosa della propria indipendenza, ma poco rispettosa dell’indipendenza delle scelte di governi democraticamente eletti. Per l’essenziale motivo che quelle parole contengono una valutazione su una materia non di sua competenza, che diventano una vera e propria pressione.Se proprio avessimo avuto bisogno di un parere, avremmo voluto sentirci dire che il Psc è strutturalmente incapace di produrre crescita, prova ne è che, quando è stato sospeso, l’Eurozona e l’Italia in particolare hanno potuto sfruttare appieno la potenza della leva della politica di bilancio in funzione anti-ciclica, senza arrovellarsi sul calcolo di improbabili parametri. Sarebbe stato preferibile sottolineare che proprio quando la politica monetaria (con 450 punti di aumento dei tassi in 12 mesi) ha assestato un micidiale colpo alle prospettive di crescita, una politica di bilancio restrittiva rischia di trasformare una frenata in uno schianto. Ecco perché ci appassiona poco la trattativa in corso. Quale che sia il risultato, ragionare su parametri numerici e articolati sentieri di riduzione di debito e deficit non serve a nulla, perché sono numeri scritti sull’acqua e, come la storia del Psc finora insegna, destinati ad essere cancellati davanti alla prima turbolenza dell’economia. E non ci pare che l’orizzonte sia sgombro da nubi. Ad esempio quale Paese ha rispettato il trattato sul Fiscal Compact, riducendo il debito eccedente il 60% del PIL per 1/20 all’anno? Nessuno.Per difendere e promuovere tale anacronistica cassetta degli attrezzi, la Lagarde si è permessa, metaforicamente, di poggiare la pistola sul tavolo. Ma è caricata a salve. Infatti, paventare la fine dei reinvestimenti del programma pandemico Pepp, con 292 miliardi di titoli italiani, significa mediamente (in base alla durata media dell’intero stock) non riacquistare circa 3,5 miliardi al mese. Ma, obiettiamo, se nel solo mese di ottobre, per l’altro programma Pspp (417 miliardi di titoli italiani), il Mef ha rimborsato alla Bce senza riacquisti circa 7 miliardi di nostri titoli nell’indifferenza dei mercati, chi è spaventato da tale velata minaccia?Ma ancora peggio è l’uso strumentale del programma di acquisti Tpi, progettato a giugno 2022 e mai utilizzato. Servirebbe alla Bce per intervenire a protezione del corretto funzionamento della politica monetaria, acquistando titoli di Paesi «ingiustamente» (perché con i fondamentali in ordine) penalizzati sui mercati. In questi giorni, per esercitare maggiore pressione sui recalcitranti italiani, è stato «opportunamente» ricordato che per beneficiare di quegli acquisti è necessario essere in regola col Psc, in particolare non essere sotto procedura d’infrazione o procedura per squilibri macroeconomici; avere un debito sostenibile, secondo un’analisi di sostenibilità (di dubbia affidabilità); rispettare gli impegni assunti con il Pnrr e le raccomandazioni Paese della Commissione. Tutte condizioni che, almeno in parte, non riusciremmo a soddisfare. Ma chi, maliziosamente, avanza tali argomenti, finge di dimenticare che tali condizioni sono solo un elemento di una complessiva e molto più ampia griglia di valutazione. Quindi, nessun automatismo. Il Tpi funziona anche senza Patto. Anzi, funziona già da giugno 2022. E non lo diciamo noi, perché Isabel Schnabel, figura ultraortodossa del comitato esecutivo della Bce, proprio a maggio, intervenendo a Londra in una importante conferenza, ha dimostrato, numeri alla mano, che è bastato annunciare il Tpi per consentire a titoli di Paesi come Italia e Spagna, con spread molto sensibili in passato a cicli di rialzi dei tassi e peggioramento delle condizioni di liquidità, di superare relativamente indenni l’epocale rialzo partito a luglio 2022. Senza Tpi non sarebbe stato possibile, ha chiosato la tedesca. L’asset manager Philippe Berthelot ha espresso sul Sole 24 Ore del 17 ottobre il sentiment dei mercati, sostenendo che anche senza rispettare le condizioni, «se fosse in gioco la stabilità dell’Europa, la Bce interverrebbe comunque. Una soluzione verrebbe trovata ugualmente».Allora, se gli investitori sono relativamente tranquilli perché la Bce ha già steso la rete di protezione permettendosi pure di vendere senza contraccolpi i nostri titoli, entrambi ritenendo i conti del nostro Paese in ordine, a cosa serve il Psc? A farci tornare in recessione e fare scappare gli investitori?
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