2023-07-10
Kiev ora lo ammette: «Il ponte in Crimea l’abbiamo colpito noi»
Volodymyr Zelensky aveva sempre negato. I precedenti di Nord Stream 2 e dell’attentato a Daria Dugina. Ora si teme per la centrale atomica.Ci hanno messo una decina di mesi, ma l’hanno confessato: «Il ponte di Kerch, lo abbiamo fatto saltare noi». L’annuncio che anche gli ucraini sono capaci di atti di terrorismo è venuto dalla viceministra alla Difesa Hanna Malyar che ha celebrato così i 500 giorni di guerra su Telegram, con un elenco dei successi delle forze armate di Kiev: «273 giorni da quando è stato effettuato il primo attacco sul ponte di Crimea per interrompere la logistica dei russi». E pensare che Volodymyr Zelensky aveva allontanato dai suoi servizi segreti ogni sospetto. Da quanto si sa invece è stato proprio il presidente ucraino a ordinare l’agguato con un’auto bomba riempita di tritolo. Si dirà: à la guerre comme à la guerre! Vero, ma quando arrivano notizie così è come se Lorenzo Garrone, il buono del libro Cuore, facesse la spia al maestro; è come se Chiara Ferragni si mettesse le dita nel naso. Si resta sconcertati dalla rivelazione che anche i buoni lo fanno. Non c’è però molto da scherzarci perché la Nato - che ha, o avrebbe, solo compiti difensivi e dunque è buona per definizione - tanto per agevolare Vladimir Putin a fidarsi e intavolare dopo un anno e mezzo di bombe, di migliaia di morti ammazzati, di economie che si sfaldano e di profughi che si smarriscono, una minima trattativa, domani e dopo si riunisce a Vilnius trasformata in città fortezza e arsenale. La città della Lituania dista meno di 200 chilometri da Minsk, capitale della Bielorussia che con un accordo tra Alexander Lukashenko e Valdimir Putin ospita un discreto arsenale nucleare russo, e sta a meno di 4 ore da Kaliningrad, centro nevralgico dell’enclave russa sul Baltico. La Nato va con le armi schierate sotto casa di Putin a ragionare di pace! Nessuno stupore perciò se la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ammonisce sul rischio di un incidente nucleare alla centrale di Zaporizhia «Mi auguro che ne discutano quelli della Nato nel vertice di Vilnius», ha detto ieri. Nei giorni scorsi gli agenti di Zelensky - quelli che negavano di aver minato il ponte di Crimea - hanno diffuso la mappa degli esplosivi che, secondo loro, i russi hanno piazzato nella più grande centrale nucleare che ci sia sul suolo europeo. Gli ucraini sostengono che i russi vogliono farla saltare per fermare la controffensiva di Kiev. I russi dicono esattamente il contrario e, magari con uno stile che ricorda le dichiarazioni di Michele Greco detto o’ Papa al maxiprocesso della Mafia, Maria Zakharova fa notare che «la stragrande maggioranza dei membri dell’Alleanza atlantica si troverà nella zona della distruzione diretta» in caso di incidente. La dirigente russa in un post su Telegram spiega che Kiev «sta infliggendo danni sistematici alla centrale perché la loro controffensiva è un fallimento e vogliono provocare l’incidente nucleare incolpando la Russia». Tutta propaganda. Figurati se il buono per eccellenza, Volodymyr Zelensky, potrebbe mai progettare un incidente nucleare terribile e farne ricadere la responsabilità su Vladimir Putin. Per la verità anche nei film degli indiani qualche volta «i nostri» fanno delle vigliaccate, ma questo non è il caso. Beh, forse c’è la rogna del ponte, che un po’ sfoca l’immagine del condottiero senza macchia in lotta per la libertà. Ma se Zelensky agisce è per il bene di tutti a prescindere. Come quando ha negato qualsiasi responsabilità nell’attentato e nella morte di Daria Dugina, la figlia ventenne dell’ideologo russo ultraconservatore Alexander Dugin, saltata per aria a Mosca con la sua macchina. Kiev ha sempre sostenuto: noi non c’entriamo, semmai cercate tra i ceceni che «giustamente» ce l’hanno con Putin. I servizi segreti americani invece - fonte New York Times, la bibbia dei liberal elettori di Joe Biden - sono convinti che la Dugina l’abbiano ammazzata gli ucraini. Anche per il gasdotto Nord Stream 2, con compromissione anche dell’1, saltato per aria in mezzo all’oceano il 26 settembre di un anno fa si è fatto di tutto in Occidente per far ricadere la colpa sui russi. Anche contro logica: Putin con quei tubi che sono suoi vendeva il gas all’Europa anche per finanziare la guerra. Secondo il mainstream (che aveva già beatificato Zelensky al netto delle eventuali repressioni nel Donbass nel pre invasione) il Nord Stream - la rima ci sta - lo hanno sabotato i russi in preda all’irrefrenabile voglia di fare come quel marito che per fare dispetto alla moglie… con quel che segue. Però alla fine il tedesco Der Spiegel ha scoperto il tubo fumante: a far saltare il gasdotto sono stati gli ucraini aiutati dai polacchi. A Zelensky di tagliare con l’attentato le forniture di metano alle nazioni che lo sostengono non gliene è potuto fregare di meno: tanto è santo per definizione. Oddio, tra gli europei strozzati dai prezzi del gas questa convinzione inizia a essere meno radicata. E chissà cosa direbbero se si cominciasse a rileggere a mente fredda il massacro di Bucha con la lente dei criminologi o se si cercasse di capire perché Volodymyr Zelensky aveva stipato di civili e di prigionieri «collaborazionisti» i sotterranei della Azvostal, l’acciaieria di Mariupol, teatro per tre mesi di una delle più feroci battaglie dall’invasione russa dell’Ucraina. Si è osservato che questo conflitto si combatte anche con la guerra delle fake news, della disinformatia di stampo russo. Sicuramente è così; eppure tra il vero e il falso c’è di mezzo un ponte. Forse scomodo. Ma è il caso di evitare che il nucleo della questione diventi quello atomico della centrale di Zaporizhia.