
Tiziana Marrone, vedova dell'imprenditore suicida: «Politiche dell'Ue e fisco inumano lo fecero disperare. E oggi lo Stato chiede i soldi a me».«Jean Claude Juncker si è scusato per l'austerity? Di quelle scuse non me ne faccio niente. Possono anche ritrattare tutto, ma mio marito non potranno restituirmelo». Il presidente della Commissione Europea, che nel momento della crisi finanziaria era a capo dell'Eurogruppo, pochi giorni fa ha ammesso che certe scelte di politica economica sono state «avventate». Parole che hanno immediatamente infiammato il dibattito politico. Una retromarcia? «Troppo tardi. Da sette anni a causa delle loro scelte scellerate porto una croce sulle spalle. E non sono la sola». Tiziana Marrone è la moglie di Giuseppe Campaniello, l'artigiano edile che il 28 marzo 2012, nel pieno dell'austerity imposta dall'Europa, si tolse la vita dandosi fuoco davanti alla Commissione tributaria di Bologna. Aveva debiti con il fisco, che all'epoca aveva il volto arcigno di Equitalia, per un totale di 60.000 euro, poi lievitati a 200.000 dopo tre anni di interessi, more e sanzioni. Lo Stato pretende quei soldi dalla vedova, in un'odissea giudiziaria che va avanti ancora oggi. Qual è stata l'ultima volontà di suo marito?«Proteggermi. Ha lasciato dei pensieri scritti su qualche foglio A4. Supplicava gli esattori di lasciarmi in pace. E poi ha addirittura chiesto scusa ad Equitalia».Ha chiesto scusa prima di uccidersi?«Posso leggerle un passaggio della lettera? “Io ho sempre pagato le tasse, per quanto ho potuto. Vi chiedo scusa. Non chiedete nulla a mia moglie, lei non ha colpe"». Lei non si è mai accorta delle ombre nel suo animo?«Non ho mai saputo nulla. Mi ha nascosto qualsiasi problema economico, continuavamo a condurre una vita normale, mediamente dignitosa. Mi ha tenuto all'oscuro anche di un'ulcera che all'ultimo aveva minato la sua salute. Mentre esauriva le energie, ordinava agli avvocati di tacere con me. Conservo ancora gli scontrini: nel giorno del mio compleanno, alle 18.16, ha acquistato trenta litri di benzina. Quattro giorni dopo si è dato fuoco in piazza».Una lunga agonia. «Nove giorni in coma. Quando l'ho visto la prima volta in reparto, ho dovuto distogliere lo sguardo. Era completamente fasciato, come una mummia. Ustionato sul 95% del corpo». Perché suo marito doveva quei soldi allo Stato?«Mio padre si era ammalato di leucemia, c'erano stati dei lutti in famiglia, molte spese mediche da affrontare. Ho poi scoperto che non riusciva a far quadrare tutto. Ovviamente questo non è rilevante per lo Stato, e va bene così. Ma un evasore è un delinquente, e mio marito non era né l'uno né l'altro. Giuseppe aveva un debito fiscale sulla base di un reddito che aveva sempre dichiarato, con dignità. Anzi, mi faccia aggiungere una riflessione».Prego.«Sono la prima a dire che lo Stato ha il diritto di riscuotere i tributi. Ci mancherebbe. Guai a non pagarli. Quello che però ripeto da ormai sei anni è che l'amministrazione ha il dovere di fare uno sforzo per comprendere le storie delle persone. Ha il dovere di evitare l'accanimento cieco. E ha il dovere di distinguere le persone oneste dai delinquenti. Essere forti con i deboli è fin troppo facile».Invece, terminato il calvario del marito, un altro stava per iniziare. Il suo. «In quei giorni sono stata ricoverata per due volte, ho collassato. Sfido chiunque a reggere il colpo. Il peggio doveva ancora arrivare: mi viene subito comunicato che il debito di mio marito me lo sarei accollato io». Come gliel'hanno detto?«Sono andata a conferire nei loro uffici. Avevano difficoltà a guardarmi negli occhi. Si limitavano a dire: è la legge. Se la legge non cambia, così stanno le cose, facciamo solo il nostro lavoro, dissero. Se si accetta l'eredità, si accettano anche i debiti, sanzioni a parte. Così, senza un marito e senza un impiego, ho fatto causa». Com'è andata?«Ho vinto in primo grado, ma è stato avanzato un ricorso nell'ultimo giorno utile. In appello, purtroppo, la sentenza è stata ribaltata. Ora sono in attesa della Cassazione. Pare che saranno necessari anni per chiudere la storia. E quei 60.000 euro mi riempiono ancora la testa di pensieri. Oggi non mi considero una cittadina libera dalla paura. Diciamo che da Giuseppe sto ereditando anche l'angoscia». Qualcuno le ha prestato ascolto?«Non i politici. Ho spedito lettere a tanti leader, di ogni schieramento: nessuno che abbia trovato il tempo di rispondermi. Pensi, ho scritto anche al Papa: ma nulla. L'allora direttore di Equitalia, Attilio Befera, promise pubblicamente di interessarsi di persona alla mia situazione. Mai visto». Chi le ha risposto?«Angeli solitari. Alcuni sconosciuti. Altri sono diventati buoni amici, come l'avvocato Caterina Caterino, che i primi giorni, con le lacrime agli occhi dopo aver letto le carte, si rifiutò di farmi sborsare un solo euro per l'assistenza legale. Poi mi ha sostenuto mia madre, che era una roccia: adesso che ho perso anche lei mi sento davvero smarrita. Le piaceva tenersi informata: quando per prima lesse sul televideo di un artigiano di Bologna che si era suicidato, capì tutto prima di me». Erano tempi pesanti, quelli delle catene di suicidi. Aveva inaugurato la «Marcia delle vedove»: non era più sola. «Erano in realtà madri, mogli, figlie. Ci siamo sorrette a vicenda, per tanti mesi. Ricordo in particolare un piccolo imprenditore di Napoli: “Volevo togliermi la vita", mi disse, “ma ascoltandoti ho scelto di continuare a lottare". Con il tempo, certe regole ottuse nell'esazione dei tributi si sono ammorbidite: e mi piace pensare d'aver dato un contributo. Ma è solo un primo passo. Ora questi morti che camminano, una larga fascia di imprenditori e artigiani, non fanno più notizia, ma ci sono ancora. Ed Equitalia ha cambiato nome, ma non sostanza: sono sempre gli stessi».Dove ha trovato lo stimolo per andare avanti?«Sono nata in Australia, da una famiglia di emigranti che ci ha permesso, a furia di sacrifici, di comprare la nostra casa: 80 metri quadri. E oggi vivo ancora qui. Conosco l'inglese, ho trovato lavoro in un albergo. E poi ho la piccola reversibilità di mio marito. Continuo a svegliarmi la mattina, anche se sento che è morta una parte di me». Una grande forza di volontà.«Le donne forse sopportano meglio queste ferite, abituate a mille incombenze familiari. Gli uomini spesso patiscono un peso ulteriore: vedono ferito il proprio orgoglio e la propria dignità agli occhi dei parenti. Così si chiudono, e precipitano nel buio più profondo». Il gesto di suo marito è stato giudicato negativamente?«Qualcuno parla di egoismo, o peggio di vigliaccheria. Io non posso giudicare: ogni storia di disperazione nasconde un significato insondabile e complesso. Posso solo consigliare a chi sta vivendo queste tragedie di resistere come sto facendo io. Anche se certe notizie ci gettano nello sconforto».L'ultima che l'ha fatta riflettere?«Mi intimorisce l'incapacità dello Stato di coniugare la legalità con l'umanità. Prendiamo quello che è accaduto a Rigopiano. Un padre multato per aver portato un fiore sul posto in cui è morto il figlio. Quattromila euro di contravvenzione, mentre attendiamo ancora che i responsabili di quella tragedia paghino le loro colpe. Guardi, mi vergogno anche solo a parlarne». Cosa direbbe a Matteo Salvini e Luigi Di Maio? «Li guarderei negli occhi e magari porterei loro la mia testimonianza. Conosco persone perbene alle prese con cartelle esattoriali di milioni. Quanti di questi riceveranno il reddito di cittadinanza? Quanti di questi, con quei soldi, dovranno scegliere se pagare il debito o fare la spesa per i figli?».Le scuse dei vertici europei dunque che effetto le fanno?«Guardi, ho letto quella frase di Juncker. Non mi intendo di politica internazionale, e immagino che dietro questa crisi ci siano diversi responsabili. Per quello che ho vissuto sulla mia pelle, quelle scuse mi sembrano tardive. L'impressione è che quelle politiche restrittive abbiano consegnato alla sofferenza migliaia di lavoratori. Forse a uscirne rinvigorite sono state soltanto certe banche». A Bologna c'è una targa in memoria di suo marito. «E resterà per sempre. Recita così: “Ha cercato la solidarietà degli uomini, ha trovato la negazione della dignità. Ti resta l'amore accompagnato da una lacrima"».
Giuseppe Benedetto (Imagoeconomica)
Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi: «Il ddl Stupri porta le toghe dentro ai letti e, invertendo l’onere della prova, apre a vendette».
«Non basta la separazione delle carriere: serve la separazione dei “palazzi”. Giudici e pm non devono neanche incontrarsi». Giuseppe Benedetto, avvocato siciliano di lungo corso, è il presidente della Fondazione Einaudi, storico punto di riferimento della cultura liberale. Da quel centro studi è nato il Comitato «Sì separa», in prima linea per il sì al referendum sulla riforma della giustizia. «L’Anm è solo un sindacato privato, e con questa riforma smetterà di dettare legge sulle nomine. Serve un cambio culturale: le toghe sono dipendenti pubblici, non i sacerdoti dell’etica, che oggi mettono piede persino in camera da letto».
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del M5s (Imagoeconomica). Nel riquadro Anna Gallucci, pubblico ministero e già presidente dell’Anm a Rimini
La pm Anna Gallucci: «A Termini Imerese raccolsi elementi anche su politici progressisti, ma il mio capo Cartosio indicò di archiviarli, “d’intesa con Scarpinato”. Rifiutai, poi subii un procedimento disciplinare». Sarebbe questa l’indipendenza minata dal governo?
Anna Gallucci ricopre la funzione di pubblico ministero a Pesaro, dopo avere fatto il sostituto procuratore anche a Rimini e Termini Imerese. È relativamente giovane (è nata nel 1982) e ha svolto vita associativa: è iscritta alla corrente moderata di Magistratura indipendente ed è stata presidente della sottosezione riminese dell’Associazione nazionale magistrati. Ha lasciato la carica dopo il trasferimento nelle Marche, sua terra di origine. Nel 2022 si era espressa contro il vecchio referendum sulla responsabilità civile delle toghe e aveva manifestato giudizi negativi sulla separazione delle carriere. Ma adesso ha cambiato idea ed è molto interessante ascoltare le sue motivazioni.
Tra realtà e ipotesi fantasiosa, l’impresa aerea tra le più folli degli ultimi 50 anni dimostrò una cosa: la difesa dell’Unione Sovietica non era così potente e organizzata come molti pensavano.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (Imagoeconomica)
Oltranzisti rumorosi, ma via via più isolati. Alle urne ci sarà l’occasione di porre fine a 30 anni di ingerenze politiche.
Credo che la maggioranza dei magistrati non sia pregiudizialmente contraria alla separazione delle carriere e che anzi veda persino di buon occhio il sorteggio per l’elezione dei consiglieri del Csm. Parlando con alcuni di loro mi sono convinto che molti non siano pronti alla guerra con il governo, come invece lasciano credere i vertici dell’Anm. Solo che per il timore di essere esposta alla rappresaglia delle toghe più politicizzate, questa maggioranza preferisce restare silenziosa, evitando di schierarsi e, soprattutto, di pronunciarsi.






