2025-03-11
«Atti firmati per anni da un macchinario». Più ombre sullo stato mentale di Biden
L’uso dell’autopenna per quasi tutti gli ordini esecutivi fa sorgere dubbi su chi governasse davvero durante il mandato del dem.Chi ha governato l’America prima dell’arrivo di Donald Trump? L’ex presidente Joe Biden o piuttosto un gruppo di alti funzionari del cosiddetto «Deep State» che, approfittando delle sue condizioni (Biden, quasi 83 anni, è stato il presidente più anziano della storia degli Stati Uniti) gli ha fatto firmare leggi e ordini esecutivi senza che lui ne fosse pienamente consapevole? La denuncia, sotto forma di lettera al Dipartimento di Giustizia (DoJ), è stata presentata dal procuratore generale del Missouri Andrew Bailey, che ha chiesto al DoJ di «verificare se il declino cognitivo del presidente Biden abbia permesso a funzionari non eletti di portare avanti politiche radicali senza la sua consapevole approvazione. Se è così, tutti gli ordini esecutivi, gli atti e le richieste di grazia (come quella per il figlio Hunter Biden, per i suoi familiari James B. Biden, Sara Jones Biden, Valerie Biden Owens, John T. Owens e Francis W. Biden e per l’ex consigliere scientifico della Casa Bianca Anthony Fauci, ndr) sono da considerarsi incostituzionali e legalmente nulle», ha dichiarato Bailey. Lo scandalo è scoppiato dopo che The Oversight Project, ramo del think tank conservatore Heritage Foundation, ha pubblicato un report dal quale risulta che gran parte dei documenti ufficialmente firmati dall’ex presidente Joe Biden sarebbero stati siglati tramite autopen, sistema di automazione delle firme in uso alla Casa Bianca dai tempi di Harry Truman. «Chiunque ha controllato l’autopen, ha controllato la presidenza», ha scritto il procuratore Bailey su X, riaccendendo le polemiche sulle facoltà mentali dell’ex presidente e su chi abbia realmente tirato le fila del governo federale durante i quattro anni di presidenza. Il rapporto di The Oversight Project evidenzia in effetti che tutti i documenti a firma di Biden nel corso della sua presidenza portano la stessa, identica firma automatizzata, ad eccezione dell’annuncio del ritiro dalla competizione presidenziale a fine luglio dello scorso anno, che mostra una leggera variazione rispetto a tutti gli altri documenti. Secondo l'avvocato di Heritage, Samuel Dewey, anche un’altra firma potrebbe essere stata posta a mano dall’ex presidente: quella in cui ha concesso la grazia a suo figlio Hunter Biden (giudicato colpevole, nel 2024, dei reati di possesso illegale di armi, consumo di droga e reati fiscali), descritta da Dewey come «incerta e traballante».Le firme autopen, a differenza di quelle a mano, sono realizzate automaticamente da una macchina. L’ex presidente George W. Bush aveva incaricato il dipartimento di Giustizia di valutarne la costituzionalità: gli avvocati del governo avevano concluso che fosse legale, ma Bush decise di non servirsene. Obama invece l’ha utilizzata anche per documenti cruciali come il disegno di legge sul compromesso fiscale del 2013. Una rapida scansione casuale nel registro federale di circa 50 firme di ordini esecutivi di Trump, Barack Obama e Biden, in vari momenti delle loro presidenze, mostra che anche le firme degli altri presidenti non sembrano variare. Ciò che ha fatto sorgere più di un sospetto è stata la dichiarazione resa dal presidente della Camera Mike Johnson in un’intervista concessa alla giornalista Bari Weiss. Johnson ha raccontato di aver chiesto un incontro con il presidente a ottobre del 2023, subito dopo essersi insediato come speaker della Camera. «Non mi è stato concesso, il suo staff continuava ad accampare scuse. Siamo andati avanti così per 8 o 9 settimane», ha spiegato Johnson osservando che l’incontro era più che dovuto, essendo lui al secondo posto nella linea di successione presidenziale dopo il vicepresidente (all’epoca Kamala Harris). «Alla fine, dopo che ne ho parlato con la stampa, hanno dovuto cedere». Ma, ha spiegato Johnson, è stata «un’imboscata» perché in realtà all’incontro, organizzato a fine gennaio 2024, «non eravamo soltanto noi due (come protocollo vorrebbe, ndr) ma anche Kamala Harris, il senatore democratico Chuck Schumer, il deputato dem Hakeem Jeffries, il direttore della Cia e altri». Un vero e proprio cordone di sicurezza, insomma, si è costituito intorno all’ex presidente Biden. Negli unici due minuti in tête-à-tête, al riparo da orecchie indiscrete, Johnson è riuscito a chiedergli per quale motivo avesse firmato un ordine esecutivo che sospendeva le esportazioni di gas naturale liquefatto (Lng) verso l’Europa. «Lui mi ha guardato sbalordito e ha negato di aver mai firmato quell’ordine. Ho dovuto domandare al segretario di mostrarglielo e ho avuto la netta impressione che non mentisse: davvero non sapeva cosa aveva firmato». Anche il Wall Street Journal, a giugno dell’anno scorso, ha realizzato un’inchiesta interrogando in forma anonima circa 45 esponenti repubblicani e democratici sulle capacità cognitive dell’ex presidente Usa. La denuncia di Bailey apre ora un’ulteriore falla sui quattro anni di presidenza Biden, cruciali per l’America e per tutto l’Occidente a seguito delle vicissitudini degli ultimi anni: la pandemia, la guerra in Ucraina, la presunta crisi climatica. Forse, quelle emergenze sono state gestite a più mani senza la piena consapevolezza del commander-in-chief, preoccupato esclusivamente di proteggere i suoi cari sottraendoli alla giustizia.
Emanuele Fiano (Imagoeconomica)
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