2024-04-20
        Nuovo assist dei giudici alle Ong. Assolti i sospetti «tassisti del mare»
    
 
Prosciolti gli imputati del caso della nave Iuventa, iniziato nel 2017: non bastano intercettazioni e relazioni di polizia sui contatti intercorsi con gli scafisti e i trasbordi di migranti. Gongolano la Boldrini e la Schlein.Cronaca di un disastro giudiziario annunciato. Dopo sette anni, un giudice di Trapani ha disposto il proscioglimento per tutti gli imputati del caso della nave Iuventa, originariamente accusati di prendere in consegna i migranti clandestini direttamente dagli scafisti. Agli atti c’erano filmati e intercettazioni ambientali imbarazzanti, quantomeno da un punto di vista politico, sul ruolo giocato dalle Ong, ma le indagini sono state condotte in modo discutibile, anche con l’utilizzo di testimoni ambigui, e alla fine era stata la stessa Procura a chiedere il non luogo a procedere. E ieri, com’era scontato, è partito il coro della santificazione di tutte le Ong, con il segretario del Pd Elly Schlein in prima fila. Che la via maestra per sconfiggere la linea dura degli ultimi governi sull’immigrazione clandestina fosse quella giudiziaria era chiaro da tempo. Ma la sentenza di ieri ha un valore simbolico particolare perché nel 2017, il sequestro della Iuventa, ai tempi del governo di Paolo Gentiloni e con Marco Minniti al Viminale, mise sul banco degli imputati tre Ong: la tedesca Jugend Rettet, Save the children e Medici senza frontiere. E le prime indagini sembravano documentare coincidenze imbarazzanti tra le rotte seguite dai trafficanti di uomini e quelle delle Ong più «tempiste». Agli atti dell’inchiesta c’erano intercettazioni realizzate a bordo della nave tedesca, ma oggi tutto questo materiale deve essere degradato al rango di mere suggestioni. Ieri, il giudice per l’udienza preliminare di Trapani, Samuele Corso, ha disposto il proscioglimento «perché il fatto non sussiste» per dieci imputati del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Una decisione largamente attesa, visto che il 28 febbraio era stata la Procura di Trapani a chiedere i proscioglimenti. Nel procedimento si era costituito parte civile il ministero dell’Interno, che ieri si è rimesso alla decisione del gup.Le prime ipotesi dei pm sostenevano che le Ong avessero degli accordi con gli scafisti e che fungessero da «taxi» finali più che da soccorritori. La Procura, per ottenere il sequestro dell’imbarcazione, aveva dimostrato che in almeno tre casi ci sarebbero stati «contatti» con i trafficanti libici. E che tra il 2016 e il 2017, gli indagati avrebbero concordato più volte ora e luogo dei salvataggi. Agli atti, così, finirono centinaia di pagine di intercettazioni sospette, ma l’indagine vide anche il coinvolgimento, nella veste di informatori e «infiltrati» a bordo delle navi delle Ong, di alcuni personaggi decisamente oscuri che lavoravano per una società di sicurezza privata e che hanno tentato di incastrare i cooperanti. E non ha certo giovato all’inchiesta penale neppure una serie di intercettazioni disposte a carico di vari giornalisti che seguivano le attività delle Ong e non erano formalmente indagati. Eppure l’indagine era partita con notevoli ambizioni. Nella nota con cui la polizia, nel 2017, annunciava la prima operazione sulla Iuventa, si leggeva che «le indagini, avviate nell’ottobre del 2016 e condotte con l’utilizzo di sofisticate tecniche e tecnologie investigative, hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine all’utilizzo della motonave Iuventa per condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Si descrivevano le operazioni di «trasbordo» dei clandestini e si faceva notare che le navi delle Ong «permanevano abitualmente nel Mar Libico». E tra le intercettazioni ce n’era una in cui un soccorritore spiegava: «Non diamo alcuna fotografia dove in qualche modo si possano vedere persone che potrebbero essere identificate. Su questo noi non contribuiamo».L’epilogo di ieri fa comprensibilmente esultare le Ong coinvolte. A difendere Jugend Rettet c’era, tra gli altri, l’avvocato trentino Nicola Canestrini, per il quale «il processo di oggi ha finalmente spazzato via le ignobili speculazioni sulla criminalizzazione del soccorso» e «ora qualcuno dovrà chiedere scusa, e dare conto del fatto che si è voluto proseguire con un’indagine politicamente motivata». Che la materia del contrasto all’immigrazione clandestina sia molto politica non c’è alcun dubbio, ma con il metro di Canestrini si potrebbero definire «politicamente motivate» anche certe sentenze. Guarda avanti Marco Bertotto, direttore dei programmi di Medici senza frontiere, che osserva: «Questa sentenza è una speranza per il futuro perché si lasci da parte l’accusa infamante alle Ong di complicità con i trafficanti». Mentre un altro legale dei tedeschi, Alessandro Gamberini, affonda il coltello nel burro delle indagini: «La formula assolutoria dice che non c’era niente, mancava la condotta materiale. I fatti materiali non sono stati dimostrati e non erano dimostrabili». La butta invece totalmente in politica Elly Schlein, che esulta così: «Una sentenza storica. Le organizzazioni umanitarie impegnate nelle operazioni di soccorso in mare devono essere ringraziate e non criminalizzate, perché sopperiscono alla mancanza di una Missione europea di ricerca e soccorso in mare per cui il Partito democratico continuerà a battersi». Mentre Laura Boldrini ne approfitta per regolare i conti con chi non la pensa come lei e su X scrive di una sentenza che «mette a tacere tutti coloro che per troppo tempo hanno cercato di infangare il prezioso lavoro delle Ong nel Mediterraneo, fabbricando una violenta campagna di odio». Anche un’inchiesta della polizia di Stato e di una Procura della Repubblica sono «campagne d’odio» per il solo fatto che finiscono in nulla? Vogliamo almeno vedere come andrà a finire la vicenda della banda di Luca Casarini, ancora a processo per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina?
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