Il numero uno di Italmercati Fabio Massimo Pallottini: «Il piano europeo sul mare penalizza il nostro sistema e avvantaggia altri Paesi come Tunisia, Albania e Marocco dove non ci sono regole così rigide. Vietare l’uso delle reti a strascico significa colpire il 20% dei consumi».
Il numero uno di Italmercati Fabio Massimo Pallottini: «Il piano europeo sul mare penalizza il nostro sistema e avvantaggia altri Paesi come Tunisia, Albania e Marocco dove non ci sono regole così rigide. Vietare l’uso delle reti a strascico significa colpire il 20% dei consumi».Il piano europeo per la pesca sostenibile, con il possibile blocco della pesca a strascico entro il 2030 e la creazione di ulteriori aree marine protette, è destinato ad aprire una falla pericolosa in un settore strategico per il nostro Paese favorendo la concorrenza di quei Paesi extra Ue che non saranno obbligati a rispettare le stesse regole come il Marocco, la Tunisia o l’Albania. A lanciare l’allarme è Fabio Massimo Pallottini, presidente di Italmercati che rappresenta la rete dei 21 mercati all’ingrosso italiani. Parliamo di una realtà essenziale per la filiera agroalimentare che ha attivato un giro d’affari diretto di 10 miliardi nel 2022 e che impatta sul Pil italiano per 12 miliardi. «La pesca a strascico è tipica dei nostri mari e riguarda una parte del pescato locale, una parte importante che in certe stagioni dell’anno sfiora il 50% del totale. È una pesca che piace ai nostri consumatori, pensiamo ai gamberi, agli scampi e alla cosiddetta paranza che è l’elemento più attrattivo per i ristoratori che si riforniscono dai mercati all’ingrosso, mentre se parliamo di prodotto allevato il canale è quello della grande distribuzione. Ecco perché la decisione della Ue sta creando una forte preoccupazione», spiega Pallottini a La Verità. Fabio Massimo Pallottini (Imagoeconomica) L’Italia è l’unico Paese Ue ad aver votato contro le conclusioni della presidenza del Consiglio agricoltura sul pacchetto pesca. Il governo chiede che vengano valutate le ripercussioni socioeconomiche e occupazionali dei provvedimenti, che sia verificata l’introduzione di misure di contrasto della pesca e che siano verificate le aree precluse alla pesca a strascico. Siete allineati?«Siamo allineati e vicini alla posizione assunta dal governo italiano di contrasto al provvedimento. Pur comprendendo che si tratti di norme dettate da esigenze di tutela ambientale e sostenibilità, siamo contrari all’approccio che punta solo al divieto senza porsi il problema di una sostituzione. E siamo preoccupati perché si tratta di un approccio che penalizza il nostro sistema di pesca e di distribuzione del pescato, mentre altri Paesi che non fanno parte dell’Unione europea come il Marocco e la Tunisia o altri che si affacciano sull’Adriatico come l’Albania non dovranno sottostare agli stessi vincoli. Quando si prendono decisioni così impattanti, andrebbe fatta una valutazione più pragmatica. I mercati all’ingrosso sono i gendarmi di una filiera tradizionale che è fatta principalmente da Pmi, piccole realtà che custodiscono il rapporto con il commercio e la ristorazione tradizionale. Per non parlare dei legami con la cultura gastronomica e con il turismo».Quali sono le vostre richieste?«Serve un ripensamento complessivo di come organizzare la pesca, un processo più graduale per dare a chi pesca e a chi distribuisce delle opportunità alternative. Bisogna comprendere il rapporto tra i mercati e la pesca, l’importanza che il prodotto pescato nei nostri mari transiti attraverso mercati pubblici all’ingrosso. Ciò significa garantire i necessari controlli igienico sanitari, la sicurezza alimentare e il rispetto delle regole a tutela di chi lavora nella filiera e di chi consuma il prodotto. Stiamo facendo una battaglia nazionale per fare in modo che tutto il pescato transiti sui nostri mercati come avviene in Spagna e siamo al fianco dei pescatori affinché il rapporto con i mercati all’ingrosso sia più saldo, più strutturato e di reciproca convenienza».Quanto pesa la pesca a strascico sul totale?«Oggi il pescato locale copre il 30-40% di quello che viene distribuito, il resto è allevato o importato. La quota della pesca a strascico varia un po’ ma arriva al 50% del pescato, un buon 20% del totale dei consumi degli italiani. Di certo, come dicevo prima, è quella parte più legata alla tradizione gastronomica».Il piano europeo arriva, per altro, in un momento già delicato per la filiera.«La pesca ha vissuto momenti difficili negli ultimi anni a causa sia del caro carburante sia dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Senza dimenticare che i regolamenti europei sulle giornate di fermo a tutela del ripopolamento dei mari riducono già pesantemente il bilancio dell’impresa di pesca. Ora a complicare tutto c’è anche l’inflazione. Recentemente abbiamo presentato uno studio con Ambrosetti in cui abbiamo dimostrato che la speculazione non è nei mercati all’ingrosso come quelli ittici, ortofrutticoli e della carne. Questi sono invece il luogo della competizione e l’inflazione semmai viene assorbita, non acuita. Nei mercati alcuni prezzi sono addirittura in discesa: penso alle melanzane e ai peperoni, che costano meno che l’anno scorso, oppure ai meloni e ai cocomeri, che almeno fino a qualche giorno fa erano sotto la media di stagione. La competizione tra aziende diverse tende e livellare i prezzi. Il problema è che anche il settore ittico ha dovuto fare i conti con una grossa frenata dei consumi, la domanda negli ultimi mesi è stata inevitabilmente in calo, tra il 15-20% per il pesce e tra l’8 e il 10% nell’ortofrutta. Ci salva solo il turismo, che fa aumentare i consumi nella ristorazione».
Luca Palamara (Ansa)
La gip che fece spiare Palamara per accuse risultate infondate parla di «gogna» se pubblichiamo messaggi messi agli atti.
I magistrati si fanno la guerra e poi accusano i giornali. Il 10 novembre abbiamo intervistato l’ex avvocato Piero Amara e lui ci ha rivelato che un pm, Mario Formisano, nel giugno del 2019, gli avrebbe chiesto, «in ginocchio» e «scherzosamente», di fargli «fare l’inchiesta della vita su Luca Palamara», in quel momento accusato di corruzione dalla Procura di Perugia. Non basta. Da alcune chat sequestrate in un procedimento per accesso abusivo ai danni di un ex cancelliere della Procura, emergeva anche che Formisano con altri colleghi si era adoperato per far trapelare sui media notizie che riguardavano l’ex procuratore aggiunto di Perugia Antonella Duchini, in quel momento indagata per corruzione. Una gogna mediatica che oggi la giunta della sezione perugina dell’Associazione nazionale magistrati prova a contestare a chi, come noi, si è limitato a registrare delle notizie.
Ecco #DimmiLaVerità del 19 novembre 2025. Con il nostro Alessandro Rico commentiamo lo scoop sul Quirinale e tutti gli sviluppi.
Nel riquadro Lorenzo Greco, amministratore delegato di Cegeka Italia (iStock)
Cegeka ha presentato oggi a Milano la piattaforma TPRM (Third Party Risk Management) che aiuta le aziende a gestire meglio i rischi dei fornitori, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale e controlli continui. «Non ci limitiamo a rispondere alle normative» - spiega Lorenzo Greco, ad di Cegeka Italia - «Trasformiamo la gestione del rischio in un vantaggio competitivo che rafforza trasparenza e velocità decisionale».
Milano, il luogo dell'investimento mortale di Cecilia de Astis, nel riquadro (Ansa)
La sinistra giustifica i minorenni alla guida che hanno investito e ucciso Cecilia De Astis, solo per dare la colpa ai fascisti che non li fanno integrare. Mentre condanna la famiglia che vive nei boschi perché quella storia è priva di spunti per attaccare i suoi nemici.
Ci sono una serie di meccanismi mentali che ci rendono ciechi di fronte a cose evidenti, sordi in presenza di suoni simili e praticamente insensibili alle cose che possono mettere in crisi le convinzioni politiche più radicate. Ecco dunque che, pressoché negli stessi giorni, sui media sono comparse due storie così vicine nei significati ma così lontane nel modo di presentarle: a proposito della vicenda che vide la morte di Cecilia De Astis, investita a Milano da un’auto sulla quale erano presenti quattro minorenni di etnia rom, è emerso che i genitori della più giovane dei bambini, quella di undici anni, risultino irreperibili come esito finale di quella che il Tribunale dei minori ha definito una condizione «senza punti di riferimento genitoriali». Dopo l’incidente la bambina è stata affidata a una nonna ma è stato recentemente riportato che la minore sarebbe in fuga proprio con la nonna e che il possibile motivo delle fughe dei vari parenti potrebbe essere l’intenzione di sottrarsi al risarcimento in capo ad essi, stante la non imputabilità dell'undicenne.






