2020-03-13
Italiani contrari all’utero in affitto. Ma l’Onu spinge per i figli arcobaleno
Dalle Nazioni Unite 17 «osservazioni» su temi Lgbt. Il nostro Paese non accoglie quella sull'omogenitorialità. Le associazioni protestano, però una ricerca mostra che la maggioranza dei cittadini è contro la surrogata.Ogni cinque anni si tiene la Revisione periodica universale (Universal Periodic Review) sui diritti umani organizzata dalle Nazioni Unite. Partecipano le delegazioni di 121 Paesi e - sulla base di report e informative redatti da vari organismi Onu - inviano a ogni Stato membro una serie di «raccomandazioni», che possono essere accolte oppure respinte. Come spiega il sito del ministero degli Esteri, il lavoro «si svolge in due fasi: la prima, nell'ambito di un apposito gruppo di lavoro a composizione aperta dove (...) hanno diritto di parola soltanto gli Stati, con sedute dedicate ai singoli Paesi esaminati della durata di tre ore e mezzo; la seconda, a livello di sessione plenaria del Consiglio, dove possono intervenire anche le organizzazioni non governative (Ong)».L'ultima Revisione si è svolta a Ginevra all'inizio dello scorso novembre, ma solo un paio di giorni fa l'Onu ha reso note le risposte fornite dall'Italia alle 306 raccomandazioni ricevute. La delegazione italiana alla Rpu era guidata dal sottosegretario agli Affari esteri, Manlio Di Stefano, e dal presidente del Comitato interministeriale per i diritti umani, Fabrizio Petri, e ha avuto tempo fino all'inizio di marzo per accogliere oppure respingere le osservazioni delle Nazioni Unite. A quanto risulta, sulle 306 raccomandazioni di cui sopra, ben 292 sono state accolte.Sul totale delle osservazioni, 17 riguardavano tematiche Lgbt. Di queste, 16 sono state pienamente accolte dal governo italiano. Come hanno sintetizzato alcune associazioni omosessuali, le azioni che l'Italia si è impegnata a mettere in campo riguardano « adozione di misure per affrontare la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e identità di genere; inclusione dell'orientamento sessuale come motivo di protezione contro l'odio; lotta ai discorsi e ai crimini l'odio; campagne di sensibilizzazione sulla promozione delle pari opportunità per quanto riguarda orientamento sessuale e identità di genere; divieto di interventi chirurgici non necessari (cosmetici), non consensuali e di normalizzazione su individui intersessuali». conseguenze concreteVale la pena ricordare che questi impegni non rimangono lettera morta: l'insistenza sui «discorsi di odio» è evidente a tutti, e come sappiamo la maggioranza è al lavoro da tempo sulla legge contro l'omotransfobia, di cui più volte abbiamo scritto su queste pagine. Solo su un punto, fortunatamente, la delegazione italiana non ha preso un impegno esplicito. Si tratta della raccomandazione numero 171 avanzata dall'Islanda, che invita il nostro Paese ad attuare «una legislazione sul riconoscimento di entrambi i genitori dello stesso sesso coinvolti nella crescita di un bambino, nonché estensione dell'accesso all'adozione alla pari con gli altri». In pratica, la Nazioni Unite ci hanno chiesto di riconoscere i genitori arcobaleno. Tale raccomandazione, dicevamo, non è stata accolta, ma nemmeno respinta. La delegazione italica ha deciso di «prendere nota» dell'osservazione sull'omogenitorialità, senza impegnarsi ufficialmente a mettere in campo particolari azioni. attivisti in rivoltaCome prevedibile, le organizzazioni Lgbt sono insorte. «Delude profondamente, invece, la scelta dell'Italia di limitarsi a prender nota della raccomandazione dell'Islanda sulle adozioni e la genitorialità arcobaleno», ha detto Yuri Guaiana, presidente dell'associazione radicale Certi diritti. Critica anche l'Arcigay: «È sconfortante», ha detto il segretario generale Gabriele Piazzoni, «registrare ancora oggi una così evidente resistenza da parte della politica italiana ad affrontare il tema dell'omogenitorialità, come se fosse un'opzione da valutare col tempo e non una realtà già diffusa nel nostro Paese».Senz'altro gli attivisti hanno il diritto di battersi per tutto ciò che desiderano. Un po' più fastidiosa è l'insistenza con cui le organizzazioni sovranazionali continuano a fare pressione sul nostro Paese affinché accetti in toto le istanze Lgbt, specie quelle riguardanti i figli. Le quali, fra l'altro, spesso sono acolte e rilanciate dalla sinistra di casa nostra. A questo proposito, c'è una ricerca a cui i ferventi «difensori dei diritti» di tutte le latitudini dovrebbero dare uno sguardo. Con il titolo Gente di poca fede, l'ha realizzata, per Il Mulino (di certo non un'organizzazione di bigottoni sovranisti) il sociologo Franco Garelli. Leggendola, si scopre che il 51,9% degli italiani è favorevole alla fecondazione assistita omologa, cioè quella che utilizza «seme o ovulo della coppia». Già sull'eterologa il consenso cala: solo il 34,8% è favorevole, e il 27,5% contrario. Ma il dato più interessante riguarda l'utero in affitto: il 42,5% degli italiani è contrario, il 26,4% pensa che si debba limitare la pratica e solo il 20,8% è favorevole. Significa che la grande maggioranza dei nostri concittadini rifiuta la maternità surrogata, il cui legame con la genitorialità omosessuale è piuttosto evidente. Accogliere le osservazioni Onu sui figli arcobaleno significherebbe dunque sdoganare pratiche che sono a) contro la legge italiana e b) avversate dalla maggioranza della popolazione. A questo servono tutte le campagne «anti odio» e le varie leggi «contro l'omofobia» (che non a caso vengono caldeggiate in sede internazionale): a modificare il sentire comune, imponendo una visione a senso unico. A screditare le voci critiche bollandole come «omofobe», così che la popolazione possa cambiare idea pure su pratiche odiose come la surrogazione. Un domani, infatti, l'opposizione all'utero in affitto potrebbe essere considerata una forma di intolleranza. Per la gioia dell'Onu e delle associazioni Lgbt.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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