2021-07-06
Italia-Spagna si gioca uomo a uomo I duelli chiave sorridono agli azzurri
Il nostro portiere è meglio, così come centrali di difesa e centrocampo in blocco. Gli esterni spagnoli hanno gamba ed esperienza, Morata finora è stato superiore a Immobile. Occhio alla loro panchina: è piena di jolly. Riti scaramantici permettendo, nel ricordare gli Europei 2016 c'è da sorridere: l'Italia di Conte piegò 2-0 la Spagna in una partita tutt'altro che scontata. Allora i nostri erano una compagine temprata dalla solidità caratteriale del suo allenatore, votata al sacrificio più che al guizzo sollazzevole per gli occhi. Oggi sarà diverso. Roberto Mancini ha plasmato la nazionale sui cocci del Mondiale mancato nel 2018, suddividendo il suo lavoro in frangenti temporali che farebbero felici sia un teologo, sia uno scienziato positivista: il passato come peccato (o errore) da cui mondarsi, il presente come redenzione (o scoperta) in cui affermarsi, il futuro come salvezza (o progresso) in cui imporsi. In altre parole, superare le semifinali contro gli ostici iberici certificherebbe la rinascita completa della Fenice azzurra. Guardando alla retroguardia, si può essere ottimisti. La porta italiana vanta un Gigio Donnarumma in stato di grazia, lungagnone titanico niente affatto turbato dalle ultime girandole di mercato, a suo agio nel ruolo di faro della difesa e capace di chiudere la saracinesca sui palloni pericolosi come farebbe un buon siniscalco col ponte levatoio di un castello durante un assedio. L'estremo difensore spagnolo, Unai Simòn, non ha sfoggiato la stessa costanza. Protagonista di un erroraccio negli ottavi di finale contro la Croazia - retropassaggio di un compagno sul quale ha mancato in pieno il pallone, favorendo la rete dei balcanici - si è poi riscattato nelle azioni successive facendo tesoro di un insegnamento di un connazionale illustre, il tennista Rafa Nadal: il segreto di una vittoria sta nel rimuovere dalla testa gli errori commessi. Ma se Donnarumma non rimuove la consapevolezza di essere più forte, sul portiere vince l'Italia. C'è poi la difesa. Osservando i centrali, il cielo si tinge ancora di celeste. Giorgio Chiellini è pienamente recuperato e nella partita contro il Belgio ha neutralizzato lo strapotere offensivo di Romelu Lukaku standogli addosso come un segugio su una quaglia. Leonardo Bonucci conosce il suo mestiere, è rodato da anni col compagno di reparto, sa dove piazzare il lancio giusto sul piede giusto. La Roja schiererà Aymeric Laporte, centrale ventisettenne del Manchester City dal piede mancino, nerboruto e dotato di buona tecnica individuale, capace di impostare l'azione palla al piede. Al suo fianco, Pau Torres del Villareal: anch'egli mancino, non è sembrato irresistibile in alcuni interventi. Il gol di Shaqiri contro la Svizzera ha proprio messo in luce qualche lacuna di coesione tra i due centrali, evidenziando anche la scelleratezza di lasciare a casa un monumento come Sergio Ramos. Sulle fasce, qualche vantaggio per la nazionale di Luis Enrique. L'Italia ha perso il suo gladiatore, Leonardo Spinazzola, sacrificato sull'altare della vittoria nei quarti, quando ha salvato un gol fatto dei belgi con un intervento prodigioso, una gara epica che gli è costata un tendine (ieri è stato operato in Finlandia da uno specialista: intervento riuscito, servirà qualche mese per recuperare). Sarà sostituito da Emerson Palmieri, esperto, sebbene non del tutto rodato. Sulla destra, Giovanni Di Lorenzo ha mostrato qualche affanno, specie se messo sotto pressione dall'avversario. Azpilicueta - autore di una rete con la Croazia, e Jordi Alba hanno in mano maggiori soluzioni per far breccia ai lati. È a centrocampo, chiave tattica di ogni sfida di cartello, che l'Italia deve imporsi con i mezzi - notevoli - a disposizione. Verratti-Jorginho-Barella, per complementarietà e duttilità, farebbero la felicità di qualsiasi allenatore di club: la miglior mediana di Euro 2020. Dall'altra parte ci sono Koke, Busquets e Pedri, e però Barella è un Koke con molta più benzina nel serbatoio e un'anagrafe sorridente, Jorginho, se in stato di grazia, quando calamita il pallone sa metterlo al sicuro neanche fosse l'amministratore delegato di JP Morgan, Verratti è il giusto mix di qualità e sostanza, nell'ultima sfida è stato determinante. La nota dolente viene dalla punta. Ciro Immobile non si è ancora sbloccato a dovere, Alvaro Morata sì. Come doti individuali, inquadrati al meglio delle loro possibilità, tra i due non esiste una distanza siderale, ma lo spagnolo appare maggiormente determinato nel macinare occasioni offensive. I laterali d'attacco sono un'incognita: il pur generosissimo Berardi non possiede i mezzi tecnici di un Ferran Torres che, se lanciato a briglia sciolta, costituisce un'insidia costante con la sua inventiva, mentre dall'altra parte, Lorenzo Insigne sa creare dal nulla l'occasione che fa la differenza e parte alla pari nel confronto con Sarabia. Non scordando le opzioni da giocarsi a disfida in corso. Roberto Mancini ha a disposizione Federico Chiesa come generatore di corrente elettrica per accendere le fasi di stallo. A parte il gioiellino bianconero, alternative a disposizione come Belotti, Bernardeschi, Locatelli, garantiscono sostanza, spunti di qualità, forse non guizzi sopraffini. Luis Enrique invece, se si volta in direzione della panchina, ha di che gongolare: il jolly Marco Llorente, lo stagionato, ma sempre dirompente Thiago Alcàntara e Dani Olmo sono solo degli esempi di rimpiazzi all'altezza, se non migliori, dei compagni in campo. Certo, la differenza la faranno pure loro, i commissari tecnici. I due partono alla pari per lignaggio e esperienza. Confidando che il Fato favorisca la cavalcata del Mancio nazionale, diventato un'icona trasversale per i tifosi italiani.
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