2024-12-07
La relazione del ministero della Salute sull’interruzione di gravidanza smonta la propaganda: non è in corso un complotto clericale contro i «diritti riproduttivi» delle donne. Anzi: dal 2021 c’è stato un incremento del 3,2%.Ci hanno ripetuto per anni che in Italia sono a rischio i «diritti riproduttivi» delle donne. In ogni dove - sui giornali, nei talk show e nei comizi - hanno gridato che da queste parti non si può più abortire a causa dei medici obiettori, che la legge 194 - benché troppo restrittiva - non viene applicata. Non molti giorni fa, un berciante gruppo di attivisti ha fatto irruzione in un’aula dell’università Statale di Milano impedendo a tre illustri professioniste di parlare in quanto pericolose «antiabortiste» complici di un piano internazionale per opprimere il sesso femminile e privarlo del controllo sul corpo. Ebbene, nonostante l’intero apparato politico-mediatico abbia propagandato questa angosciante ricostruzione, ecco che la realtà fa irruzione sulla scena smentendo categoricamente tutte le grottesche baggianate rifilateci finora. È stata appena diffusa da alcuni giornali la relazione sullo Stato di attuazione delle norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza, inviata ai presidenti delle Camere La Russa e Fontana dal ministro della Salute Orazio Schillaci e riferita all’anno 2022. Si tratta, in buona sostanza, dell’indagine dettagliata che ciclicamente il ministero realizza riguardo all’aborto. E sapete che cosa dice? Che in Italia è più che possibile abortire con facilità, tanto che le interruzioni di gravidanza sono aumentate. «In totale nel 2022 in Italia sono state notificate 65.661 Ivg», dice il documento. «Il numero assoluto presenta un incremento del 3,2% rispetto al 2021 quando sono state notificate 63.653 Ivg (+2.008 casi). Il tasso di abortività (numero di Ivg per 1.000 donne di età 15-49 anni residenti in Italia), che è l’indicatore più accurato per una corretta valutazione del ricorso all’Ivg, nel 2022 è risultato pari a 5,6 per 1.000 con un aumento del 5,1% rispetto al 2021 quando era pari a 5,3 per 1.000. Il rapporto di abortività (numero di Ivg per 1.000 nati vivi) nel 2022 è risultato pari a 166,6 per 1.000 nati vivi (corrispondente a 16,7 per 100 nati vivi) con un aumento del 4,8% rispetto al 2021, quando era pari a 159 Ivg per 1.000 nati vivi». Certo, è vero che «il numero assoluto, il tasso e il rapporto di abortività del 2022 rimangono comunque tra i più bassi a livello internazionale e confermano lo storico andamento decrescente del tasso di abortività (-66,9 %) rispetto al 1983, anno in cui è stato registrato il valore più alto in Italia». Ma, a quanto risulta, il trend inizia a invertirsi e infatti «l’aumento delle Ivg, rilevato nel 2022 rispetto al 2021, ha interessato tutte le aree geografiche del Paese, con l’eccezione dell’Italia insulare dove è rimasto stabile. A livello regionale il tasso di Ivg è rimasto invariato in Piemonte e Friuli-Venezia Giulia ed è leggermente diminuito in Sardegna».Ci sono più donne che abortiscono, di tutte le età. Spiega il rapporto che «nel 2022 i tassi di abortività più alti riguardano le donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni, come negli anni precedenti. Rispetto al 2021, tutte le classi di età presentano un aumentato ricorso all’Ivg, tranne quelle comprese tra 40 e 49 anni che mantengono il tasso stabile». C’è poi un dato particolarmente inquietante: le ragazze giovani abortiscono più di prima. Segno, forse, che il martellamento sui presunti «diritti» in fondo funziona. «Nel 2022 le donne di età inferiore ai 18 anni che hanno effettuato una Ivg sono state 1.861, pari complessivamente al 2,8% di tutti gli interventi praticati in Italia e a un tasso di abortività del 2,2 per 1000, in aumento rispetto al 2,1 rilevato nel 2021 e all’1,9 del 2020. Lo stesso trend, in aumento dal 2020, è confermato per le classi di età minori di 20 anni. Continua il trend dello scorso anno, dovuto al contemporaneo aumento delle Ivg delle minori italiane e della diminuzione di quelle straniere». Di nuovo, se pure è vero che «il tasso di abortività fra le minorenni in Italia, pur in aumento dal 2020, si mantiene inferiore a quello dei Paesi europei con analoghi sistemi socio-sanitari», è anche vero che da un po’ di tempo il numero di interruzioni di gravidanza è crescente tra le italiane. Si abortisce di più, il che dimostra l’inesistenza di una terribile Spectre antiabortista all’opera in Europa e nel mondo. Soprattutto, però, i numeri del ministero demoliscono i racconti allarmati secondo cui le italiane sarebbero costrette a chissà quali peripezie per riuscire a interrompere la gravidanza. Risulta infatti che «nel 2022 la quota di Ivg effettuata nella Regione di residenza è stata pari al 92,9%, di queste l’86,9% è stato effettuato nella Provincia di residenza. Si tratta di valori analoghi a quelli rilevati negli anni precedenti e indicativi di una bassa mobilità tra Regioni. Specie per le classi di età più giovani occorre tenere in considerazione le possibili “false migrazioni” dovute a motivi di studio o lavoro temporaneo che giustificano il domicilio in una Regione diversa da quella di residenza». Capito? Abortire si può, e vicino a casa. Non solo: si abortisce anche velocemente. «Nel 2022 è ulteriormente aumentata la percentuale di interventi effettuati precocemente e per questo a minor rischio di complicanze: nel 2022 il 62,3% degli interventi è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione (rispetto al 61,7% del 2021), il 20,6% a 9-10 settimane, il 10,8% a 11-12 settimane e il 6,3% dopo la dodicesima settimana». Spiega il rapporto ministeriale che in Italia «si osserva una diminuzione dei tempi di attesa tra rilascio della certificazione e intervento, possibile indicatore di efficienza dei servizi, presumibilmente riconducibile all’offerta dell’aborto farmacologico. La percentuale di Ivg effettuate entro 14 giorni dal rilascio del documento era pari al 59,6% nel 2011, al 78,4% del 2021 e al 77,7% nel 2022. Parallelamente è diminuita la percentuale di Ivg effettuate oltre 21 giorni dal rilascio della certificazione (8,4% sia nel 2021 che nel 2022)». Stando a certe ricostruzioni giornalistiche e politiche, sembra che in Italia gli ospedali pubblici siano privi di personale per garantire le interruzioni di gravidanza. Eppure nel 2022 «l’89,7% degli interventi è stato eseguito negli istituti di cura pubblici, il 3,8% nelle cliniche convenzionate autorizzate, il 5,6% negli ambulatori pubblici e lo 0,3% nei consultori». Se da un lato l’inchiesta ministeriale mostra che in Italia l’interruzione di gravidanza è totalmente garantita, dall’altro continuano a saltare all’occhio alcuni mutamenti rilevanti. Ad esempio la penetrazione sociale della pillola abortiva. Scopriamo infatti che «nel 2022 le Ivg chirurgiche sono state pari al 46,6% del totale degli interventi, valore in ulteriore diminuzione rispetto al 50,7% del 2021, e sono scese, per la prima volta in Italia, al di sotto del 50%». Di contro, «continua ad aumentare il ricorso all’aborto farmacologico, in seguito anche alla circolare del 12 agosto 2020 del ministero della Salute. Nel 2022 il solo Mifepristone e la sua associazione con le prostaglandine sono stati utilizzati nel 50,9% delle Ivg rispetto al 47,2% del 2021, al 24,9% del 2019 e al 3,3% del 2010». La circolare di cui sopra è stato un bel regalino di Roberto Speranza, tanto per essere puntigliosi. Vero, le donne straniere abortiscono più delle altre, effettuando il 27,5% degli aborti (in aumento rispetto alle 17.130, al 27,1% rilevato nel 2021). Ma anche le italiane sembra stiano cominciando a cambiare atteggiamento rispetto a qualche anno fa. A quanto pare, la propaganda dopo tutto funziona.
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