2021-12-04
Gli «amici» francesi ci beffano negli Emirati
Dassault Rafale dell'Armée de L'Air francese (Getty Images)
Nel giorno in cui il Cdm ratifica il Trattato del Quirinale, Parigi, alla faccia della cooperazione, chiude con Abu Dhabi una commessa miliardaria per la fornitura di 80 jet Rafale. Roma a bocca asciutta dopo i pasticci di Luigi Di Maio e la rottura diplomatica col Paese arabo.Il Consiglio dei ministri di ieri è stato burrascoso. Interrotto e ripreso per via della spaccatura sul taglio delle tasse. È invece filato liscio l’altro ordine del giorno: la ratifica di governo del Trattato del Quirinale. «L’accordo ha lo scopo di dotare la relazione con la Francia di un quadro istituzionalizzato che ne strutturi e rafforzi contenuti. Ciò attraverso un metodo e una prassi di consultazioni, che valorizzi le sinergie tra le rispettive posizioni e preservi il dialogo anche quando le posizioni di merito restino differenti», si legge nella nota diffusa al termine del Cdm. «Questa maggiore cooperazione è posta nel quadro di riferimento europeo, più volte ricordato nel testo a partire dal preambolo, nell’ottica di impostare il rapporto bilaterale tra Roma e Parigi come elemento di rafforzamento dell’Unione europea e della sua capacità di azione internazionale, nonché per la promozione congiunta di priorità comuni ai due Paesi», prosegue il comunicato del governo. Parole che vale la pena citare per intero e che però sarebbe il caso di tradurre in francese perché ci credano anche dalle parti di Parigi, dove ieri hanno dimostrato di avere un concetto sui generis di cooperazione. Poco prima, infatti, che il governo ratifichi il trattato per inviarlo all’Aula, a metà mattina, viene diffusa la notizia della vendita di ben 80 Rafale, caccia militari, agli Emirati Arabi Uniti. Il valore complessivo della commessa è di poco inferiore ai 16 miliardi di dollari. Uno dei contratti in ambito aeronautico più imponente di sempre. Ma di europeo dentro c’è solo la componente missilistica che sarà in capo a Mdba. Quest’ultima è un consorzio che vede anche la partecipazione di Leonardo e la presenza di un avanzato stabilimento sul territorio italiano. Per il resto i francesi dimostrano la loro volontà di andare avanti da soli e quando c’è da fare business sgomitano per arrivare prima degli altri. Di per sé nessuno può biasimarli. Né biasimare Emmanuel Macron per il successo portato a casa. Però noi non possiamo non riflettere su questa sberla. Che non arriva certo da sola. A maggio noi manifestavamo a favore di un cittadino egiziano incarcerato - sicuramente ingiustamente - e con l’obiettivo di alzare ancor di più la tensione puntavamo a dargli la cittadinanza tricolore. Nello stesso mese di maggio Macron vendeva al capo di Stato egiziano, Abdel Fattah Al Sisi, 30 Rafale per circa 4 miliardi. Verrebbe da dire complimenti, se non fosse che tutti gli accordi che siamo andati a firmare negli ultimi anni e soprattutto il Trattato promettono un’altra direzione. Cioè l’attivazione di programmi militari congiunti, tecnologia condivisa e comunione d’intenti anche nella vendita delle grandi commesse. Evidentemente non è così. Appare però evidente che il problema non sta tanto nell’aggressività di Parigi, ma nella lentezza di Roma. E gli Emirati sono l’esempio perfetto. Lo scorso giugno su queste colonne segnalavamo un picco di voli tra Parigi e Abu Dhabi. O meglio, si era registrato un picco di manager francesi imbarcati alla volta degli Emirati arabi. Il motivo è semplice. Esattamente un mese prima era stata assegnata dal governo locale una commessa al cantiere di Adsb per costruire quattro corvette di classe Falaj. Valore quasi un miliardo. Per la componente elettronica le aziende italiane erano in prima fila. Sulle navi serve infatti tanta tecnologia: dagli armamenti fino al combact management system, il vero cuore del pattugliatore. La possibilità di intervenire per le nostre aziende è stata improvvisamente congelata.Il Paese è infatti in rotta con l’Italia da quando, il 29 gennaio scorso, la Farnesina ha deciso di sospendere l’export verso gli Emirati e anche l’Arabia Saudita in modo del tutto unilaterale. Le relazioni sono diventate così tese che, a giugno, un volo militare con a bordo giornalisti diretti in Afghanistan per assistere all’ammaina bandiera non è potuto atterrare nella base che le nostre forze armate, per anni, hanno utilizzato per triangolare mezzi e uomini con Herat. Nonostante il dipartimento della Farnesina incaricato di regolare l’export di armi sia intervenuto per sbloccare in parte la situazione, la base è stata definitivamente chiusa e i rapporti non sono migliorati. L’ultimo episodio il 29 novembre. Luigi Di Maio, in missione a Dubai per l’Expo, cerca di celebrare i rapporti tra i due Paesi, ma il comunicato congiunto diventa un braccio di ferro diplomatico. A indicare che la situazione è ormai in ghiacciaia. Così se la commessa sulle navi è rimasta ferma, è al contrario andata avanti quella sugli aerei. Come farà la Francia a impegnarsi sui programmi congiunti Ue se ha già piazzato colpi di maestro di tale entità? Nel frattempo aspettiamo di vedere che succederà in ambito Esa a metà dicembre. Il comitato si riunirà anche per mettere il timbro sul contratto che il ministro Vittorio Colao ha firmato in questi giorni. Affideremo all’Esa parte dei nostri fondi per lo spazio, mettendo già nero su bianco che la nostra intenzione è finanziare progetti che si basano su tecnologia francese. Insomma, dove Parigi non prende siamo noi a dare.
Francesca Albanese (Ansa)