2022-09-09
Ita pronta a ciucciare altri soldi
La compagnia aerea batte cassa a Roma. Oltre ai tagli Wartsila a Trieste ci sono altre crisi che languono senza soluzione: Ilva ed ex Lucchini. Tocca al nuovo ad di Invitalia.Ita batte ancora cassa, o almeno ci prova. Ha inviato al ministero dell’Economia una relazione critica sui propri conti aziendali. Si prevede che il bilancio a novembre sarà sotto stress, per diventare insostenibile a dicembre, scendendo sotto la soglia di sicurezza dei 100 milioni. La preoccupazione deriva dalla prevista limitazione dei viaggi che, già fisiologica in quella stagione, potrebbe essere peggiorata da un probabile aumento dei contagi da Covid. Inoltre, si prevede che la semestrale mostrerà una perdita rilevante. Nonostante questo, il ministero si mostra tranquillo, manderà deserta l’assemblea dei soci prevista per martedì e giovedì prossimi che doveva disporre il via libera a un aumento di capitale di 400 milioni che Ita aspetta da inizio anno. Liquidità che dovrà aspettare la fine dell’anno: secondo il ministero, infatti, non ci sarebbe fretta. Prosegue nel frattempo la trattativa esclusiva con il fondo Certares. In questo momento tutta l’attenzione è concentrata sulla crisi economica che deriva dal gas, così come i fondi del Pnrr, ma ci si dimentica che l’Italia ha nel suo tessuto industriale problemi strutturali mai risolti. Non solo Ita, quindi, ma anche il dossier Mps, mai davvero risolto e affrontato fino ad adesso, dopo 15 anni dall’inizio della sua crisi iniziata da quell’acquisto di Antonveneta nel 2007. Attualmente il Tesoro - in trattativa con Unicredit - dopo la ricapitalizzazione del luglio 2017, è l’azionista di maggioranza di Mps con quasi il 70%, anche se il piano di ristrutturazione prevede la sua uscita dal capitale. Una banca che negli ultimi 10 anni ha accumulato perdite per oltre 23 miliardi di euro. E ancora il settore dell’acciaio, dall’Ilva a Piombino. Situazioni che ci portiamo dietro con tavoli di crisi al Ministero dello Sviluppo economico aperti da anni, ma che soprattutto sono tutto fuorché vicini alla chiusura, in una situazione di stallo che, di fatto, sta uccidendo l’intero tessuto industriale nazionale. Non c’è governo negli ultimi dieci anni che non si sia occupato dell’Ilva di Taranto, la più grande acciaieria europea. L’ultimo intervento del governo è stato con il dl Aiuti bis. Invitalia, socio di minoranza rispetto a Mittal, è stata autorizzata a sottoscrivere aumenti di capitale o diversi strumenti, comunque idonei al rafforzamento patrimoniale, anche nella forma di finanziamento soci in conto aumento di capitale, sino a un miliardo complessivo. Anche sulla ex Lucchini di Piombino ci si trova in una situazione di stallo. Nell’acciaieria toscana la crisi è iniziata, anche lì, più di dieci anni fa, dopo che l’oligarca russo Alexei Mordaschov, che l’aveva acquisita cinque anni prima decide di mollarla per colpa della crisi finanziaria scatenata dalla Lehman Brothers. A guidare la nuova Iri, Invitalia, adesso c’è Bernardo Mattarella che ha preso il posto del suo fallimentare predecessore Domenico Arcuri, ma le situazioni da risolvere sono quindi moltissime. L’ultimo dossier è quello di Trieste: nessun passo indietro da parte di Wartsila sullo stop all’impianto triestino, dove la multinazionale finlandese realizza motori per le grandi navi.In arrivo la risposta del governo, che lavora ad una stretta sulle delocalizzazioni. Lo assicurano, insieme all’uscita dal Mise, sia Giorgetti sia Orlando. Il tavolo «si è concluso nel modo peggiore», Wartsila «ha rifiutato qualsiasi ipotesi di sospensione della procedura, che il governo ha chiesto», afferma Giorgetti, rimarcando che «di fronte a questa scelta irragionevole» da parte dell’azienda «ci sarà una risposta di adeguato livello da parte del governo». «Siamo consapevoli dell’impatto sui lavoratori, sulle loro famiglie e sulla comunità e vogliamo mitigare i possibili effetti della nostra decisione», dichiara il ceo di Wartsila, indicando l’impegno a costruire un piano di reindustrializzazione e augurandosi di raggiungere un accordo sul piano di mitigazione degli effetti occupazionali, che dovrebbe inviare ai sindacati il 12 settembre.