2023-09-17
Caos dei giudici sui reintegri Alitalia. Salva per ora Ita, non i contribuenti
Sulle cause degli ex dipendenti, decisioni in ordine sparso. Ricorsi in parte bocciati (non salta l’operazione con Lufthansa), in altri casi obbligo di restituire stipendi pregressi a chi già prende la Cigs. Doppio danno Inps.È possibile che sulla stessa vertenza di lavoro un tribunale decida in un modo e un altro decida nel modo diametralmente opposto? E che anche i giudici, pochi a dir il vero, che sanciscono il ritorno nella loro posizione degli ex dipendenti lo facciano con modalità e fissando delle retribuzioni diverse tra loro? Domanda retorica, certo, perché che sia possibile lo dimostra quello che sta succedendo nella causa tra alcuni degli ex lavoratori di Alitalia e Ita, che poi questo provochi una palese incertezza nell’applicazione del diritto e di conseguenza la ritrosia degli investitori stranieri a mettere piede in Italia è altrettanto indubitabile. Ma vediamo nel dettaglio. Chi ha seguito le vicende della vecchia compagnia di bandiera non farà fatica a ricordare che nel settembre del 2021 si è verificato un passaggio storico che ha coinvolto anche Bruxelles. In discontinuità con Alitalia, questo era il presupposto accertato dall’Unione Europea prima di dare il via libera all’operazione, nasceva Ita, società controllata al 100% dal Tesoro, che portava in dote un determinato numero di aerei, slot, personale e circa 1 miliardo e 300 milioni di euro per iniziare la nuova avventura. Una start up. Con stipendi da start up e quindi decisamente più bassi rispetto a quelli che per esempio venivano assicurati dalla stessa Alitalia e che si portava dietro tutte le incognite di chi si appresta a confrontarsi con il complicatissimo mercato dei cieli. Restavano fuori dal progetto poco meno di 4.000 lavoratori per i quali era stata prevista una cassa integrazione, puntualmente rinnovata fino a ottobre del 2024, che arrivando a quasi l’80% delle retribuzioni precedenti paradossalmente era più alta dei salari garantiti dalla nuova compagnia. Questo l’antefatto. Ita, poi, di passi in avanti ne ha fatti tanti (i lavoratori in due anni sono passati da 2.500 a circa 4.000) e soprattutto è arrivata alle battute finale di un processo di aggregazione che vede il colosso tedesco Lufthansa rilevare le quote del Mef ed entrare prima con una quota di minoranza (325 milioni per il 41%), poi in maggioranza, nella newco nata nel 2021. Si aspetta solo il via libera dell’Antitrust Ue.Qui da industriale e politica la vicenda si sposta nelle aule dei tribunali. Fino al giugno del 2023 infatti per ben 20 volte i giudici del lavoro chiamati in causa dagli ex dipendenti Alitalia hanno stabilito che questi non avevano diritto a essere assunti in Ita. Poi nel giugno del 2023 la prima sentenza a Roma che accoglie il ricorso dei lavoratori e a stretto giro altre due decisioni che vanno nella stessa direzione, mentre in ulteriori 14 vertenza i giudici si esprimono a favore di Ita. Un caos all’interno del quale si fa fatica a trovare un filo logico che però volendo essere maliziosi esiste. La decisione di giugno, infatti, obbliga al reintegro immediato di 77 dipendenti con il contratto e quindi la retribuzione prevista da Ita e con il pagamento degli arretrati dal giorno del decollo della nuova compagnia. Salari alla mano, i reintegrati rischiano di rimetterci fino a 40.000 euro rispetto alla cassa integrazione ricevuta e che adesso l’Inps, che sembra sia impegnata da tre mesi a fare i conti, dovrebbe chiedergli indietro. Trattandosi di soldi che poi finirebbero nel bilancio non proprio florido dell’istituto di previdenza degli italiani e quindi di denaro dei contribuenti viene da domandarsi il perché di questo ritardo. Fa specie inoltre che la seconda sentenza, che riguarda un unica lavoratrice, parli sempre di reintegro, ma alle condizioni economiche stabilite dal giudice milanese e la terza, quella di poche ore fa, non parli di reintegro ma di obbligo all’assunzione di 174 ex Alitalia (nella sostanza, quando si apriranno quelle posizioni Ita si rivolgerà a loro) che dovranno ricevere lo stesso inquadramento economico e normativo che gli veniva garantito dall’ex compagnia di bandiera. In questo caso quindi non si nessun cenno agli arretrati. Una rapida evoluzione della giurisprudenza in materia che non può che far felici i lavoratori destinati a ricevere salari più alti senza correre il rischio di dover restituire la cassa integrazione. Un po’ meno felice potrebbe essere Lufthansa che proprio nella consapevolezza del rischio contenziosi ha stipulato una clausola nel contratto con Ita che le garantisce il diritto di recesso nel caso in cui due tribunali diversi stabiliscano il reintegro di almeno 100 dipendenti Alitalia. Al momento non ci sono le condizioni (i lavoratori da reintegrare sono meno di 80) e segnali che vadano in questa direzione. Anzi, è recentissima la presa di posizione dell’ad, Carsten Spohr, che si è detto fiducioso sul via libera della Commissione entro fine anno. Però le vertenze degli ultimi mesi rischiano di diventare un precedente e per evitare che un’operazione che magari poteva essere chiusa prima e con maggiori margini per il Tesoro, ma comunque garantisce 4.000 posti di lavoro e una compagnia risanata pronta a entrare in un network internazionale, possa essere messa in forse, sarebbe il caso di fissare un punto, quantomeno stabilendo una regola univoca, al contenzioso.