2025-05-07
Entra nel vivo il patto di Abramo 2.0: Huthi neutralizzati e Gaza ai sauditi
Mohammed Bin Salman e Donald Trump (Getty Images)
Dietro i nuovi attacchi e le dichiarazioni bellicose di Israele, c’è il piano di tagliare le unghie all’Iran d’intesa con Usa e Riad. Ma l’idea di spostare due milioni di palestinesi rischia di rilanciare il terrorismo globale.Gli attacchi militari in Medio Oriente e le dichiarazioni belliciste del governo di Gerusalemme riaccendono le polemiche, le critiche e spingo in avanti lo scenario della guerra. Ieri, l’esercito israeliano ha di nuovo bombardato i terroristi Huthi dello Yemen. Azzerato l’aeroporto e colpita la sede della tv da cui gli amici dell’Iran diffondono la loro propaganda. L’altro ieri lo Yemen è stato colpito da missili americani. In entrambi i casi le mosse sono concordate con i sauditi che in questo momento vestono il cappello dei mediatori, visto che il loro ruolo è quello di trovare la quadra con i russi sia per il quadrante mediorientale che per quello ucraino. Ieri, in aggiunta, il governo guidato da Benjamin Netanyahu ha alzato il tiro anche su Gaza. Il ministro di destra Bezalel Smotrich ha scritto su X che «per la prima volta si parla senza imbarazzo di conquista di Gaza: l’Idf prenderà la Striscia, manterrà il controllo sul territorio per lungo tempo e porrà fine all’assurdità per cui forniamo assistenza logistica al nostro nemico». Smotrich ha aggiunto: «Gestiremo questo evento in modo completamente diverso da prima». Le dichiarazioni politiche vanno però interpretate. Da un lato sono mirate all’elettorato interno e dall’altro sono gestite per occultare il vero obiettivo, che va sotto il nome di nuovo patto di Abramo. Il minimo comun denominatore, in tutte le mosse militari e diplomatiche, è la presenza delle tre nazioni forti (Usa, Israele e Arabia saudita) ed è anche il segno che con Donald Trump alla Casa Bianca è partita a tutti gli effetti la strategia di ridisegnare gli equilibri dell’intero Medio Oriente. L’obiettivo, come già La Verità ha raccontato, è riportare l’influenza iraniana dentro i suoi confini e dare il massimo potere ai sunniti guidati da Mohammed Bin Salman. Le prime tappe sono state affidate all’Idf che nei mesi scorsi ha quasi azzerato la capacità missilistica di Hamas, poi ha annientato Hezbollah in Libano e infine ha dato una prova di forza sul tema nucleare iraniano e sulle loro infrastrutture. Anche se ha esposto il fianco del proprio territorio mostrando i limiti dello scudo anti missili. Adesso è il turno degli Huthi. I terroristi yemeniti sono una spina nel fianco per i commerci e per Tel Aviv, ma sono anche l’obiettivo mancato di Riad che nonostante una lunga guerra - dal suo punto di vista - non è riuscita a estirpare il problema. Non sarà facile nemmeno adesso visto che i missili di lungo raggio di cui dispongono non sono solo iraniani. Hanno forniture russe e cinesi. Per questo Mosca viene corteggiata da quelle parti, perché possa essere accontentata in parte in Ucraina e accetti di allontanarsi da Teheran. I passaggi successivi riguardano la Siria e il Libano. Infine Gaza. Per quanto riguarda i primi due Stati sembra che l’obiettivo concordato sia quello di creare uno Stato cuscinetto in mano ai drusi. Lo si capisce dalle recenti mosse militari in Siria da parte di Israele (con appoggio Usa). La strategia sarebbe quella di rimescolare la presenza dei drusi anche nel Sud del Libano, più o meno nell’area di competenza di Unifil. A quel punto Israele si garantirebbe non solo un’area libera dai pericoli, ma consoliderebbe l’idea di Trump di un Medio Oriente meno infiltrato da sciiti. Il tassello più delicato resta dunque la Striscia di Gaza. Ora Netanyahu vuole riprendere militarmente la Striscia. Ma il retro pensiero è quello di affidarla ai sauditi, i quali poi potrebbero sbarcare nel Mediterraneo. Gaza in mano a Bin Salman sarebbe un colpo di scena e al tempo stesso un problema per i diritti umani. Certo, i palestinesi non sarebbero più la spina nel fianco di Israele ma per raggiungere l’obiettivo si troverebbero a spostare la gran parte della popolazione. Parliamo di circa 2 milioni di persone. C’è un fatto logistico, innanzitutto. Una parte secondo lo schema dovrebbe andare in Egitto, Paese che non vede di buon occhio l’espansione saudita. Una parte in Giordania che già ne ospita un sacco (qui però il re sembrerebbe disponibile, non a caso ha recentemente messo al bando i Fratelli musulmani). Infine, una parte rimarrebbe nella Striscia sotto la supervisione militare dei sunniti. C’è poi un aspetto etico. Due milioni di persone è un’intera popolazione. Non un paesello. Come si può immaginare una soluzione del genere? Non lo sappiamo. Di certo è che se lo scenario andasse in porto, i sauditi influenzerebbero anche le scelte nel Mediterraneo e nel Magreb. Ma è altrettanto certo che una tale soluzione influenzerebbe anche il resto del globo. Abbiamo già visto in passato che le mosse americane in ambito di repressione di milizie non sono andate a finire tanto bene. In questo caso la possibilità di far esplodere nuovamente il terrorismo internazionale è elevata. Generazioni future di palestinesi pronte a vendicarsi con i Paesi supporter dei sunniti è una eventualità da vagliare con attenzione.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.