2024-06-09
Blitz a Gaza, Israele libera quattro ostaggi
Andrey Kozlov, uno degli ostaggi liberati, al suo arrivo all'ospedale Tel Ashomer vicino a Tel Aviv (Ansa)
Tra le persone salvate c’è Noa Argamani, la giovane immortalata mentre veniva portata via il 7 ottobre da un terrorista in moto. Un militare è morto nell’operazione, coinvolta anche una «cellula statunitense». Per l’Idf nelle mani di Hamas ancora 120 rapiti.Netanyahu rinsalda l’esecutivo. Al Congresso Usa sfiderà l’ostilità dei parlamentari dem.Lo speciale contiene due articoli.È una vittoria significativa quella riportata ieri dallo Stato ebraico nella liberazione degli ostaggi. Le forze israeliane sono riuscite a recuperare quattro prigionieri in mano ad Hamas grazie a un’operazione che, chiamata «Seeds of Summer», è stata attuata nella Striscia di Gaza dietro approvazione di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. Secondo il Times of Israel, ufficiali dell’unità antiterrorismo hanno fatto irruzione, insieme ad agenti dello Shin Bet, in due edifici appartenenti ad Hamas situati a Nuseirat, liberando la ventiseienne Noa Argamani, il ventunenne Almog Meir Jan, il ventisettenne Andrey Kozlov e il quarantenne Shlomi Ziv: erano stati tutti rapiti durante il festival musicale Supernova del 7 ottobre.L’operazione avrebbe visto anche il supporto di una cellula statunitense. Una volta liberati, gli ostaggi sono stati trasportati in elicottero in territorio israeliano: secondo lo Sheba Hospital, le loro condizioni sarebbero «stabili». A perdere la vita a causa delle ferite riportate durante l’operazione è stato l’ufficiale dell’unità antiterrorismo, Arnon Zamora. Secondo l’ufficio stampa governativo di Gaza, che è in mano ad Hamas, sarebbero 210 i palestinesi rimasti uccisi nel corso dell’incursione: non è tuttavia chiaro quanti di loro fossero dei miliziani armati. Soddisfazione per la liberazione dei quattro ostaggi è stata espressa dal governo israeliano. Netanyahu ha sottolineato che «Israele non si arrende al terrorismo», per poi aggiungere: «Non ci fermeremo finché non avremo completato la missione e riportato a casa tutti i nostri ostaggi, sia i vivi che i morti». «L’establishment della Difesa israeliano continuerà a combattere finché i 120 ostaggi non torneranno a casa», ha inoltre affermato Gallant. Dal canto suo, il portavoce delle forze israeliane, Daniel Hagari, ha reso noto che la missione di salvataggio era in preparazione da settimane. Tutto questo, mentre l’associazione dei famigliari degli ostaggi ha definito il blitz un «trionfo miracoloso». Stizzito invece il commento di Hamas. «Il recupero di quattro prigionieri dopo nove mesi di combattimenti è un segno di fallimento, non un risultato», ha affermato l’alto funzionario dell’organizzazione terroristica, Sami Abu Zuhri.Adesso bisognerà capire quale impatto avrà la liberazione di ieri sulle trattative in corso per il piano, caldeggiato dalla Casa Bianca, a favore di un cessate il fuoco. Gli Stati Uniti stanno cercando da giorni di spingere Hamas ad accettare l’accordo, mentre lunedì è previsto l’avvio di un nuovo tour mediorientale del segretario di Stato americano, Tony Blinken, che visiterà Israele, Egitto e Qatar. Ricordiamo che, a fine maggio, Joe Biden ha presentato, attribuendolo allo Stato ebraico, un piano in tre fasi, che prevedrebbe il ritiro delle forze israeliane dalla Striscia, il rilascio di tutti gli ostaggi e un «grande piano di ricostruzione per Gaza». Proprio ieri, Biden e il suo consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, sono tornati a invocare la necessità dell’accordo sul cessate il fuoco. Che cosa ci si deve aspettare?Cominciamo col dire che il salvataggio di ieri ha notevolmente rafforzato la posizione di Netanyahu sia sul piano della politica interna sia su quello negoziale. Nei giorni scorsi, i ministri più a destra dell’esecutivo israeliano, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, avevano minacciato la caduta del governo, qualora il premier avesse accettato la proposta esposta dal presidente americano. Inoltre, secondo quanto recentemente riferito dalla Cnn, la Cia avrebbe fatto presente che Netanyahu non avrebbe intenzione di assecondare gli Stati Uniti sulla necessità di lavorare a un piano postbellico per la Striscia. Non si può quindi escludere che, forte del risultato di ieri, il premier israeliano scelga di virare nuovamente verso la linea dura, volta a sradicare Hamas e a procedere con nuove operazioni militari di salvataggio. Tutto questo, soprattutto alla luce del fatto che la stessa Hamas, oltre a non aver ancora accettato la proposta di cessate il fuoco, è più debole dopo l’operazione di salvataggio. Senza trascurare che la proposta sul tavolo è stata di recente respinta anche dall’attuale ministro degli Esteri iraniano, Ali Bagheri Kani.Vale a tal proposito la pena di ricordare che il regime khomeinista è storicamente il principale finanziatore di Hamas. È quindi probabile che Netanyahu, in queste ore, stia facendo un duplice ragionamento. Primo: l’opposizione dell’Iran rende già di per sé traballante il piano di Biden, tanto più in una fase in cui Teheran sta aumentando le proprie ambizioni nucleari. Secondo: se era già restia prima ad accettare il piano caldeggiato dalla Casa Bianca, è ancor più inverosimile che Hamas lo accetti ora, dopo aver perso la faccia con l’operazione di salvataggio attuata ieri da Israele. Queste due considerazioni potrebbero spingere Netanyahu a raffreddare i desiderata negoziali di una Casa Bianca che, nel frattempo, non ha ancora abbandonato la propria linea soft nei confronti dell’Iran. Un elemento preoccupante alla luce della crescente tensione al confine libanese tra Israele ed Hezbollah che proprio ieri per la prima volta ha lanciato una salva di razzi Falaq2 verso il Nord dello Stato ebraico.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/israele-liberazione-ostaggi-2668484440.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="gantz-non-strappa-bibi-si-rafforza-e-ora-prepara-la-visita-a-washington" data-post-id="2668484440" data-published-at="1717914070" data-use-pagination="False"> Gantz non strappa, Bibi si rafforza. E ora prepara la visita a Washington Il salvataggio dei quattro ostaggi non ha rafforzato Benjamin Netanyahu soltanto sul fronte negoziale. Il premier ha, infatti, consolidato la propria posizione anche in riferimento alla politica interna israeliana. Prova ne è il fatto che, dopo la liberazione, il ministro Benny Gantz abbia cancellato la conferenza stampa che aveva annunciato per ieri sera: una conferenza stampa in cui il diretto interessato aveva intenzione di annunciare le proprie dimissioni in polemica con la linea politica adottata dallo stesso Netanyahu sulla futura governance della Striscia di Gaza. Non solo. Il premier adesso può vantare anche una maggiore copertura a destra. Nei giorni scorsi, i due ministri più conservatori del suo esecutivo, Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, avevano minacciato dimissioni e una conseguente crisi di governo, qualora Netanyahu avesse accettato il piano di cessate il fuoco presentato da Joe Biden a fine maggio. Ora, al di là del fatto che il successo di ieri aumenta il potere negoziale di Netanyahu (che potrebbe quindi anche cassare o significativamente rimodulare la proposta caldeggiata dalla Casa Bianca), è chiaro che, dopo la liberazione dei quattro ostaggi, sarà più difficile per Ben Gvir e Smotrich voltare le spalle al premier. D’altronde, anche un acerrimo avversario di Netanyahu come l’ex premier di centrosinistra Yair Lapid, ha dovuto riconoscere l’importanza dell’operazione «Seeds of Summer». «Esprimo molto apprezzamento alle forze di sicurezza per un’operazione audace e coraggiosa, nella missione più importante di riportare a casa gli ostaggi. Una grande luce nella terribile oscurità», ha dichiarato ieri su X. E, attenzione: il probabile rafforzamento politico di Netanyahu non va letto soltanto sul fronte della politica interna ma anche in quello dei suoi rapporti con gli Stati Uniti. Il premier parlerà alle camere riunite del Congresso americano il prossimo 24 luglio: l’invito è arrivato principalmente dai parlamentari repubblicani e ha spaccato, al contrario, quelli appartenenti al Partito democratico. Che cosa è successo esattamente? È presto detto. Il leader dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, ha dato il suo placet all’invito, per quanto obtorto collo. Decisamente più dura si è invece mostrata l’ex Speaker della Camera, Nancy Pelosi. «Sento che è molto triste che sia stato invitato, ma chissà per allora se sarà ancora primo ministro. Cosa dirà domani Benny Gantz? Cosa sta succedendo?», aveva dichiarato venerdì a proposito di Netanyahu, poche ore prima che avvenisse la liberazione dei quattro ostaggi e che Gantz annullasse la conferenza stampa per annunciare le proprie dimissioni. Nettamente contraria al discorso del premier israeliano al Congresso si è detta anche la deputata dem di estrema sinistra, Alexandria Ocasio-Cortez. «Non dovrebbe essere qui», ha tuonato. Per Biden il problema è duplice. In primis, la crisi di Gaza sta continuando a spaccare l’elettorato dem. In particolare, il presidente teme che l’ala filopalestinese dell’Asinello possa boicottargli la rielezione a novembre in alcuni Stati chiave, come il Michigan e il Wisconsin. In secondo luogo, l’ultima volta che Netanyahu parlò al Congresso americano fu nel 2015: all’epoca, usò quell’occasione per criticare duramente la politica filoiraniana dell’allora presidente Barack Obama. Biden teme, quindi, che il premier israeliano possa utilizzare quella tribuna per lanciare strali contro la propria amministrazione, che si è a sua volta mostrata particolarmente morbida verso Teheran. Uno scenario che, qualora si verificasse, potrebbe dare un assist a Donald Trump il quale ha, invece, tutta l’intenzione di rispolverare la politica della «massima pressione» sul regime khomeinista e di ritornare integralmente alla logica degli accordi di Abramo. Il destino politico di Netanyahu, insomma, si interseca sempre più con la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi.
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