2018-05-24
Irlanda divisa sull’aborto. Appello della Chiesa: «Cattolici, votate la vita»
Domani si decide il Sì o il No all'abrogazione della legge che vieta l'Ivg. A favore i Verdi e Sinn Féin, mentre gli altri partiti lasciano libertà di scelta.Tra 72 ore l'Irlanda potrebbe trovarsi di fronte a un cambiamento epocale. Domani circa 3,2 milioni di cittadini saranno chiamati alle urne per decidere, con un referendum, se abrogare l'emendamento che vieta l'aborto. Un cambio di prospettiva significativo per un Paese in cui la fede cattolica è talmente forte, da aver fatto inserire nella Costituzione una clausola che tutela la vita di un bambino fin dal suo concepimento. Si tratta dell'ottavo emendamento, introdotto il 7 settembre del 1983. Una formula semplice, che mette sullo stesso piano il feto e chi lo porta in grembo. «Lo Stato riconosce il diritto alla vita del nascituro e, nel dovuto rispetto dell'eguale diritto alla vita della madre, garantisce nelle sue leggi di rispettare e, per quanto possibile, difendere e rivendicare tale diritto», recita la clausola legale. Le eccezioni sono ridotte all'osso, legate solo al rischio «concreto e reale» per la vita della madre. Non si contempla l'idea di interrompere la gravidanza nemmeno in caso la donna sia stata vittima di uno stupro, oppure sia acclarato che il feto ha delle malattie. Chi abortisce clandestinamente, poi, rischia grosso: fino a 14 anni di carcere. La legge è rigida e applicata in modo puntuale e questo determina che ogni anno in media 3.500 donne lascino il Paese per interrompere la gravidanza, andando nel vicino Regno Unito, e che almeno 2.000 comperino online prodotti illegali e potenzialmente pericolosi per interrompere la gravidanza. Proprio questi numeri e il fatto che andare all'estero per partorire imponga spese che non tutti possono affrontare, ha spinto alla richiesta di un referendum abrogativo, di fronte al quale il Paese sembra diviso. All'inizio i sondaggi segnalavano in netto vantaggio la fazione degli abrogazionisti, ma da qualche mese il vento sta cambiando e anche la maggioranza, un tempo pesante, si sta assottigliando. Nel segreto dell'urna, fra pochi giorni, gli irlandesi faranno appello alla loro coscienza e decideranno come comportarsi. Nel 1983, quando l'emendamento venne approvato, il 63 per cento dei votanti disse che la vita andava protetta e basta. Poi ci furono degli aggiustamenti. Nel 1992 vennero aggiunti due emendamenti che non classificavano come un reato il fatto di andare all'estero ad abortire e che permettevano di fornire informazioni in proposito. Nel 2013, poi, fu ammesso il diritto all'interruzione di gravidanza nel caso di un rischio concreto per la salute della madre. Ora, a cinque anni di distanza, c'è chi sostiene che si dovrebbe arrivare a lasciare totale libertà di scelta alla donna. Gli ultimi a farlo, a sorpresa, sono stati Bono Vox e gli altri componenti degli U2. La rock band irlandese, che è sempre stata considerata di radici cattoliche, ha lanciato un tweet nei giorni scorsi con il logo del movimento che sostiene il Sì al referendum. Le reazioni sono state di segno opposto. Alcuni hanno approvato, molti supporter hanno annunciato che si sentono traditi e venderanno i biglietti dei prossimi concerti. Il gruppo rock non è stato, però, l'unico a entrare nel dibattito. Anche l'attore Liam Neeson ha dato la sua approvazione al partito del Sì, mentre il cantante Ed Sheeran ha bacchettato pubblicamente il fronte del No, che aveva usato come inno una sua canzone, che tratta dei primi mesi di gravidanza.Nel mondo dello spettacolo, dunque, c'è chi si è esposto sul tema, mentre la maggioranza dei partiti politici lascia libertà di scelta alla propria base. Come il partito di centrodestra Fine Gael e il partito repubblicano Fianna Fáil o l'Alleanza indipendente. I vertici di Sinn Féin si dicono a favore dell'abrogazione, ma vorrebbero porre il limite del diritto di aborto entro le 12 settimane dall'inizio della gravidanza, come i socialdemocratici, mentre i Verdi sposano l'idea senza vincoli.A sostenere il fronte del No rimane la posizione forte della Chiesa, con monsignor Denis Nulty, vescovo di Kildare and Leighlin e presidente di Accord, l'agenzia che si occupa della pastorale matrimoniale, che in una lettera ufficiale ha ribadito anche nelle scorse ore la necessità da parte dei cattolici di difendere la vita nascente. «Non c'è nulla da guadagnare negando la verità, e cioè che le nostre vite iniziano al concepimento», ha scritto. «Purtroppo il dibattito sull'aborto non riguarda solo la biologia. Tutti sanno che una vita è iniziata. Ma la domanda è: è giusto fermare deliberatamente quella vita che sta nascendo? Alcune persone sostengono fermamente che una donna incinta dovrebbe avere il diritto assoluto di scegliere il destino della sua gravidanza. Non posso essere d'accordo. Credo che nessuno di noi, donne o uomini, abbia un diritto assoluto sulla vita di un altro». Un appello forte, che chiama in causa la vera anima del Paese. Dove negli ultimi anni si sono registrate già abbastanza «capriole», con il referendum che nel 1996 ha reso possibile il divorzio e quello che nel 2015 ha dato il via libera ai matrimoni gay. In quest'ultima consultazione il 62 per cento dei votanti ha detto sì, contro il 38 per cento di chi voleva mantenere la tradizione. Molti osservatori sostengono che con il tema dell'aborto accadrà qualcosa di simile, ma un sondaggio recente dava il Sì al 45 per cento e il No al 34, oltre a una fetta discreta di indecisi. Cui probabilmente spetterà il compito di accodarsi al sentire comune, che non protegge la vita, o di affermare quanto vale. E stabilire che va protetta: da subito.